La settimana compresa tra il 7 e il 13 giugno vede al centro del commento del prof. Antonio Fornaro, ideatore e curatore di questa rubrica, la festa della Santissima Trinità e quella di Sant’Antonio da Padova. Questi i Santi della settimana: Sant’Antonio Maria Giannelli, San Medardo che protegge dal mal di denti, San Barnaba apostolo, San Leone III e Sant’Antonio da Padova. San Leone III prima di diventare Papa fu sacerdote e cardinale. Appena eletto, proclamò Carlo, Re dei Franchi, protettore di Roma e lo incoronò imperatore del Sacro Romano Impero nell’anno 800. Queste le feste mariane della settimana: il Cuore Immacolato di Maria al quale è intitolata una parrocchia cittadina e la Madonna sotto i titoli di Madonna della Pace, dei Miracoli, delle Grazie, della Pietà e della Sapienza. Questi i detti della settimana: “Di Sant’Antonio il fiorone per testimone”, “Chi divide ottiene la migliore parte”, “Fa come dico e non fare come faccio io”, “Se ricco ti avessi voluto non ti avrei fatto povero”. Questa settimana non ci sono effemeridi e, pertanto, Fornaro potrà approfondire le due tematiche preannunziate soffermandosi in particolare sulla figura della Santissima Trinità nella storia della città e del culto dei tarantini per Sant’Antonio. E’ lunga e veramente interessante la storia che nel corso dei secoli portò, laddove oggi vediamo le colonne doriche in piazza Castello, la Chiesa della Santissima Trinità che fu abbattuta insieme all’oratorio nel 1973 proprio per esplorare la zona archeologica. Alla Santissima Trinità è legato il nome della omonima confraternita che precedentemente era denominata Confraternita di Santa Maria dei Martiri. I confratelli avevano il compito di accogliere e di alimentare per tre giorni i pellegrini nell’ospizio e di provvedere, nel caso in cui morissero, alla loro sepoltura. Dovevano elemosinare per la città in favore dei pellegrini. La bella statua lignea della Santissima Trinità dopo il 1973 fu custodita nella Chiesa di Sant’Agostino ed oggi fa parte del materiale che dà forma al Museo Diocesano. Caratteristica dell’abito dei confratelli è una conchiglia metallica posta sul lato destro, simbolo dei pellegrini. Nella Chiesa di San Domenico troviamo un dipinto di valore di Giuseppe Mastromeo intitolato “Trinità e Vergine”. Interessante nel quadro è la raffigurazione della Taranto Antica in una veduta realizzata da Leonardo Coccolante con la presenza di molti monumenti ancora presenti nella parte antica del capoluogo jonico. Il culto di Sant’Antonio a Taranto è molto antico, infatti risale al 1444 quando era presente una cappella dove oggi sorge l’ex Convento di Sant’Antonio. Nel passato si svolgevano processioni nella Città Antica ai Tamburi e nel Borgo Umbertino. Nel secondo dopoguerra, al Borgo per alcuni anni si svolgeva una processione con il simulacro presente oggi nell’edicola votiva tra Via Mignogna e Corso Umberto con la partecipazione dei detenuti tanto che a Taranto fino a qualche decennio fa dire che una persona “era andata a Sant’Antonio” significava che si trovava nel carcere di Sant’Antonio, l’ex convento oggi ristrutturato e aperto alla fruizione della popolazione. Oggi non si svolgeranno le processioni di Sant’Antonio al Borgo e ai Tamburi a causa del coronavirus. Ricordiamo che ai Tamburi dal 1918 al 1978 la processione veniva intesa come una festa di campagna perché la Chiesa era ospitata in una baracca di legno. Dal 1979 la processione muove dall’attuale Chiesa di San Francesco De Geronimo. Nelle due processioni si notano bimbi rivestiti con l’abito del Santo in segno di devozione per grazia ricevuta e numerosi fedeli seguono la processione con le torce accese sempre per lo stesso motivo. La bella statua di Sant’Antonio custodita nell’ex convento oggi si trova nella chiesa del SS. Crocifisso. La devozione dei tarantini a Sant’Antonio è legata alla nascita della Confraternita omonima che avvenne nel 1680 a causa di un fatto portentoso. Il nobile giovane Caragnano un giorno si recò a pesca nel Mar Piccolo, gli cadde un anello prezioso che non fu più ritrovato. Si rivolse ai frati francescani che celebrarono una Messa perché si ritrovasse il prezioso caduto in mare. La Messa non sortì l’effetto desiderato e il giovane nobile volle ricompensare i frati con dell’ottimo pesce. Mentre il cuoco del convento ripuliva il pesce fu ritrovato l’anello smarrito. Fu allora che fu istituita la Confraternita di Sant’Antonio e il Santo fu eletto Patrono meno principale della città di Taranto. Sant’Antonio nacque a Lisbona nel 1595 e gli fu imposto il nome di Fernando. Fu prima seguace dell’Ordine degli Agostiniani e poi diventò Frate francescano. Morì all’Arcella il 13 giugno 1231. Dopo 11 mesi dalla morte, il 30 maggio 1232 fu canonizzato e in seguito proclamato Dottore della Chiesa. Nel giorno della festa di Sant’Antonio si usa benedire e distribuire il pane dei poveri. Sant’Antonio è protettore delle messi, fa trovare il fidanzato alle ragazze da marito, protegge gli orfani e i bimbi, fa ritrovare gli oggetti smarriti, dona la vista ai ciechi, la favella ai muti e l’udito ai sordi. Secondo la tradizione popolare distribuisce 13 grazie al giorno. A Taranto da oltre un decennio il panificatore tarantino Giovanni Doro prepara il dolce di Sant’Antonio che è fatto di sfoglia dolce ripiena di frolla e di marmellata all’albicocca, con pinoli, uva sultanina e mandorle. Nella Città Antica esiste una bella edicola votiva del Santo in Vico Serafico progettata nel 1930 da Paolo Malagrinò. I frati seguaci di Sant’Antonio si chiamavano “zoccolanti” e oggi conventuali, presenti a Taranto nella Chiesa di San Massimiliano Kolbe. I tarantini così pregavano Sant’Antonio: “Sande Andonie mie benigne de priarte non so digne”. Tu canuscie le mie besuegne e tanda chiacchiere no servene”.
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