Cerca

Cerca

Virgole Golose

Ecco cosa si mangiava durante un banchetto futurista

La gastronomia che celebra ed estremizza la sinestesia

Ecco cosa si mangiava durante un banchetto futurista

Ecco cosa si mangiava durante un banchetto futurista

La gastronomia futurista, come abbiamo visto, celebra ed estremizza la sinestesia, ovvero la fusione di tutte le sensazioni (visive, olfattive, tattili, uditive e gustative), e si (ri)propone come evento, in intrinseca relazione con l’ambiente; ma, alle corte, in un banchetto futurista che cosa si mangiava? Non certo i Profumi prigionieri, splendida provocazione di piatto senza nutrimento (vesciche o palloncini gonfiati con una goccia di profumo dentro, mantenuti ben gonfi servendoli su piattini caldi; vanno bucati con una sigaretta accesa o con uno spillo per aspirarne l’essenza...); e direi che altrettanto provocatorio ma quasi immangiabile, anche se non etereo, era il Porcoeccitato, detto anche “quel porco che fa l’occhietto”: un salamino crudo spellato servito rutto in un’alta tazza contenente caffè bollente ed acqua di Colonia (l’occhietto è dato dalle goccioline di grasso che la miscela bollente fa venire a galla).

Mangiabile ma poco nutriente, anche se sicuramente leggera e sinestetica, è l’Aerovivanda: un piatto che contiene una oliva, un cuore di finocchio ed un chinotto candito, che vanno portati alla bocca con la mano destra (per esaltare il piacere tattile prelabiale del cibo), mentre, per ampliare la gamma delle sensazioni tattili, la mano sinistra sfiora una tavola tattile: un cartoncino sul quale sono incollati un rettangolo di seta, uno di velluto, uno di cartavetrata; nel frattempo risuonano nella sala un conrumore (ovvero un rumore consonante con la vivanda) di motore d’aeroplano ed una dismusica (ovvero una musica dissonante col tipo di manicaretto) di Bach, e volenterosi camerieri spruzzano sulle nuche dei commensali un profumo di garofano...

Ma arriva poi il Carneplastico, e come esclamò sollevata una convitata al banchetto futurista organizzato dal Lions Aragonese nell’allora ristorante Brezzamarina, “allora si mangia!”. E’ il piatto forte dei banchetti futuristi, esaltato da Marinetti con lo slogan “abbasso la pastasciutta, viva il carneplastico!”; nelle listavivande (i futuristi avevano ribattezzato così i menu) dei convivi in Francia era stato tradotto come “viande sculptée” (carne scolpita). Definito “interpretazione sintetica degli orti, dei giardini e dei pascoli d’Italia” è alla fin fine un polpettone (in altre versioni un rollé) di carne vitello ripieno di undici tipi di verdura, cotto al forno; ma va servito verticale, con una generosa cucchiaiata di miele sulla sommità, e poggiante su un anello di salsiccia e tre sfere dorate di carne di pollo in un “complesso plastico” mangiabile sì, e se è per questo gustoso, ma poco... presentabile ad ospiti men che smaliziati e spiritosi (almeno negli Anni Trenta).

E proprio il Carneplastico fu offerto in un banchetto futurista tenuto nel ’31 a Parigi, nel ristorante futurista allestito all’interno dell’Esposizione Coloniale, all’ospite d’onore, Joséphine Baker. L’interno del ristorante era decorato da pannelli verticali di Prampolini; le tovaglie erano d’alluminio, i piatti quadrati. Artistica creazione, ma anche spiritosa anticipazione dei piatti destrutturati, sono le Uova divorziate. Semplici uova sode affettate a metà, per il lungo, con i tuorli poggiati su una bianca “poltiglia” (il nome poco attraente col quale i futuristi proponevano di sostituire il francesismo puré, dal francese purée; potevano lasciare l’italianizzazione di ritorno purea, perché il termine francese deriva dall’italiano porrea, che designava in origine una crema di porri...) di patate e gli albumi deposti su una arancione “poltiglia” di carote. Grande effetto cromatico. Appena più elaborato, una sorta di mosaico, ma egualmente ben mangiabile l’Ortocubo: un mosaico, appunto, composto da un riquadro di cubetti di sedano di Verona fritti e cosparsi di paprica; uno, opposto, di cubetti di carote fritti e cosparsi di rafano grattugiato (si alternano il bianco e il rosso della base e del condimento); fra i due riquadri delle forme circolari (a tre quarti di cerchio) composte con piselli lessati e cipolline sott’aceto cosparse di prezzemolo tritato; a separare i vari comparti, barrette di fontina.

E se la pastasciutta, fra le altre cose, sottometteva (e sottomette...) l’Italia alla costosa importazione di grano dall’estero, le risaie garantivano un prodotto autarchico, col quale confezionare il mangiabilissimo (e tutto sommato banale) Tuttoriso: del semplice riso lesso che si dispone nel piatto con una corona circolare che circonda, con uno spazio vuoto, una cupola centrale; sulla semisfera centrale si versa una salsa di vino bianco caldo legato con fecola e sulla corona una salsa di birra calda, rosso d’uovo e formaggio parmigiano. Per un “pranzoalsole” (pic nic) si può preparare poi questo “traidue” (termine sostitutivo di sandwich; noi poi l’abbiamo tradotto più eufonicamente come tramezzino): due fette rettangolari di pane: una spalmata di pasta d’acciughe, l’altra di pasta di bucce di mele tritate. Tra le due fette di pane: salame cotto”.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Buonasera24

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Video del giorno

Termini e condizioni

Termini e condizioni

×
Privacy Policy

Privacy Policy

×
Logo Federazione Italiana Liberi Editori