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Pasolini e i suoi ragazzi di vita

Pier Paolo Pasolini

Pier Paolo Pasolini

È stata inaugurata a Sava, presso la biblioteca San Francesco, la mostra-omaggio a Pier Paolo Pasolini. La mostra, a cura dell’associazione Madre Terra, resterà aperta fino all’1 maggio e presenta una ricca raccolta di libri, fotografie, articoli su questa figura tanto controversa quanto influente nella cultura italiana del Novecento. Domenica 16 aprile, alla serata inaugurale, presentata dalla presidente dell’associazione, Tonia Torcello, sono intervenuti l’onorevole Dario Iaia e il sindaco Gaetano Pichierri. Lo scrittore e saggista Vito Donato Litti, già collaboratore della biblioteca comunale savese, ha ripercorso le tappe storiche e culturali del poeta di Casarsa, mentre il direttore di TarantoBuonasera, Enzo Ferrari, ha ricordato diversi momenti in cui la strada letteraria e cinematografica di Pasolini ha incontrato Taranto e la sua provincia. Qui di seguito, vi proponiamo un saggio dello stesso Vito Donato Litti. Quando Pasolini arriva a Roma nel 1950 trova la città eterna immensa, fredda e inospitale. I primi anni furono problematici, lui e la madre Susanna trovarono una stanza in piazza Costaguti, nel quartiere ebraico, ma si diedero da fare per la ricerca di un lavoro, magari anche umile, senza guardare per il sottile: si doveva mangiare e pagare l’affitto di quel piccolo appartamento della estrema periferia romana. La madre di Pasolini è fortunata, riesce ad inserirsi in qualche famiglia facendo la domestica, lui rimedia appena qualche lezione privata, invece lì a Casarsa (da dove era appena fuggito) era uno stimato professore d’italiano presso la scuola media di Valvassore, una piccola frazione lì intorno… ma, ormai, avrebbe dovuto dimenticare per sempre la sua esperienza in Friuli, ora si era in una città nella quale sarebbe stato necessario crearsi i punti cardinali per una nuova vita. Qualcuno gli suggerisce di recarsi sulle Tuscolana “ …lì trovi Cinecittà, mettiti in coda… vedrai che qualcosa à rimedi.” Pasolini accetta quel suggerimento e riesce a fare qualche comparsa in alcuni films, ma il tempo che aveva a disposizione era veramente tanto, oltre ai suoi studi letterari e alla sua poesia ( in cui si dedicava nonostante le preoccupazioni congiunturali ) non aveva luoghi da frequentare e poi…non conosceva nessuno. Cominciò a fare lunghe passeggiate nella sua borgata, allargandosi giorno dopo giorno nelle altre la Garbatella, Pietralata... in quelle viveva tanta povera gente: operai, disoccupati, casalinghe, sottoccupati, le strade erano piene di ragazzini che giocavano, molti giovani rintanati nei pochi bar della zona: tutti avevano un luogo comune, vivevano per strada, ci restavano dal mattino al tramonto, erano in pochi che andavano a scuola, la maggior parte di loro vagavano per quella desolata periferia, molti si ritrovavano nei bar per trascorrere inutili giornate altri erano seduti nei circoli ricreativi, che s’improvvisavano sotto gli stabili allineati sulla strada polverosa, ciascuno era ben collocato in una brigata di amici, cricca di giovani di quartiere in giro per la città , che spesso si avventuravano in rapine, borseggi e altre attività illecite che erano necessarie per rimediarsi da vivere. Pasolini entra in contatto con questa realtà che lo affascina, si ferma ai margini degli spiazzi sconfinati, su cui s’improvvisavano partite di calcio, si giocava a tutte le ore e lui rimaneva ad osservare quei ragazzini che si divertivano rincorrendo il pallone, che a volte finiva anche fra le sue mani. “ E…daje, entra anche tu, se si bono mettete ar centro. “Talvolta le sue giornate passavano così, a giocare tra i palazzi periferici della borgata romana oppure decideva di parlare con quei ragazzi fermi ai bordi di quel campo, con la scusa del pallore aveva stabilito anche rapporti di amicizia. E di rispetto! Tuttavia Pasolini continua dedicarsi ai suoi studi, continua a scrivere poesie, ricomincia a svolgere il suo ruolo d’intellettuale: entra in contatto con Alberto Moravia e la moglie Elsa Morante, diventa amico di alcuni poeti Giorgio Caproni, Sandro Penna, da Bassani a Gadda e molti altri. Gli si prospettano progetti editoriali, il suo amico Attilio Bertolucci lo presenta come studioso di poesia dialettale all’editore Guanda, il quale gli propone di realizzare due antologie: la prima sarebbe stata dedicata alla poesia dialettale del Novecento, l’altra doveva riprendere la tradizione della poesia italiana. E’ chiaro che la sua preparazione scaturisce dalle esperienze avute in Friuli, quella dell’ Accademiuta e dalla sua poesia dialettale Poesie a Casarsa (1942), che in quegli stessi anni stava revisionando e che ripubblicherà con il nuovo titolo La meglio gioventù (1954), fino all’edizione finale di La nuova gioventù (1975). Ormai non è solo il bisogno di rimediare danaro che lo portano a Cinecittà, il suo nome comincia a circolare in quegli ambienti di attori, registi e sceneggiatori; nel 1954 risale il suo primo lavoro cinematografico, lo troviamo impegnato nella sceneggiatura di “La donna del fiume “ un film di Mario Soldati, si trovò di fronte ad una giovane e conturbante Sofia Loren; viene chiamato a collaborare per altri registi, Mauro Bolognini, Federico Fellini lo preferisce in due delle sue prestigiose pellicole “ Le notti di Cabiria “ e “ La dolce vita”. La sua situazione è decisamente migliorata, si trasferisce in un appartamento nel quartiere di Monteverde Nuovo , è un periodo molto intenso per il poeta friulano, preso dalle sue attività fra cinema, la riscrittura della sua poesia dialettale, comincia a scrivere versi in lingua, compone poemetti, che riunirà nel volume Le ceneri di Gramsci (1957), nel quale si rivela comunista eretico; continua a scrivere abbozzi, trame narrative, che nascono dalle esperienze nelle borgate romane, grazie anche ad alcune amicizie come quelle dei fratelli Sergio e Franco Citti, Ninetto Davoli (che diventeranno attori protagonisti di alcune sue famose pellicole), e poi intraprende con estremo vigore la posizione d’intellettuale organico, di memoria gramsciana. Nonostante questa sua vitalità intellettuale Pasolini non perde i suoi contatti con gli ambienti del sottoproletariato romano, ne interromperà mai le sue relazioni con quei ragazzi di vita, con i quali continuava comunque a giocare a pallone ( con i suoi occhiali neri di regista ) su quei campi abbandonati della periferia romana. Sicuramente dai sentimenti che lo legavano alla borgata e in particolar modo con tutti i suoi abitanti lo spinsero a scrivere i suoi due romanzi Ragazzi di vita (1955) e Una vita violenta (1959). In entrambi Pasolini ha voluto fotografare quella precisa realtà, ampia, contradittoria e spigolosa: infatti sullo sfondo delle trame episodiche in cui erano mischiati di tutti quei ragazzi di borgata si pone il suo obbiettivo di denunciare lo stato di abbandono di una classe sociale, quella del sottoproletariato ovvero tutta quella gente che viveva ai margini della città, Roma, la capitale d’Italia, nella quale si dimenticava una parte della popolazione e la si lasciava al proprio destino. O, forse, Pasolini scrisse quei due romanzi in forte polemica con il PCI, che stava diventando solo il partito di classe degli operai, dei lavoratori con un contratto ben definito, organizzando le sue energie sulla scalata al potere, dimenticando gli ultimi della società, escludendoli da ogni diritto, come di fatto si continuava a fare nei partiti del dopoguerra. Oppure Pasolini scrisse le due trame senza pretese di analisi, non intenzionato a denunciare, ma egli voleva solo raccontare in maniera realistica quelle storie che gli avevano confidato, quel sottile lamento delle madri che non potevano disporre di risorse economiche per provvedere alle necessità dei loro figli, quella pacata rassegnazione di uomini esclusi dalle attività produttive del paese e che occupavano una terra di nessuno. Tutte storie queste che lui aveva raccolto dalle confidenze di quella gente sottopagata, da quei ragazzi abbandonati a sè stessi, abituati a trascorrere la loro giornata inutilmente, appena con lo scopo a rimediare qualche cosa per la propria sopravvivenza nella città eterna, ragazzi che si erano abituati a lui, che continuava a conservare quel rapporto umano. Intanto con quella ingenua scusa del pallone Pasolini tentava la sua politica di recupero giovanile. E’ verosimile che come erano diventati suoi amici i ragazzi di borgata Sergio e Franco Citti, Ninetto Davoli (i quali saranno protagonisti nella sua produzione cinematografica di Mamma Roma, Accattone, La ricotta…) è molto probabile che Pasolini avesse incontrato un ragazzo, a cui diede il nome di fantasia di Tommasino Puzzilli, il quale in confidenza gli avrà raccontato quel che voleva della sua storia e che lo scrittore ha diffusamente riportato nel romanzo Una vita violenta (1959). Tommasino era un ragazzo di vita della borgata di Pietralata, con i suoi amici aveva formato una bella combriccola, che aveva il bar della strada un punto d’appoggio; la loro unione era una forza, si progettava insieme qualche azione per rimediare alcune risorse per vivere: le rapine ai benzinai della città, qualche furtarello innocente, come quello di rubare galline nei pressi della parrocchia, borseggi, estorsioni…Ragazzi di vita che vivevano alla giornata e all’occorrenza s’impegnavano in qualche furto per tirare avanti, per sopravvivere, senza preoccuparsi per il futuro, ne sentivano la necessità di averlo. Il finale del romanzo è sorprendente, un colpo di scena: il protagonista Tommasino, dopo aver dimostrato il suo comportamento balordo, dopo aver partecipato alle bravate con i suoi amici a delinquere negli angoli più diversi della città, in occasione di una eccezionale pioggia compromette la sua vita fino alla morte, si avventura nel salvataggio di una donna ( la prostituta del quartiere ), che sarebbe annegata senza il suo intervento. Sicuramente Pasolini ha voluto chiudere il suo romanzo con una morale, la morte del ragazzo di vita ha un senso, vuole esprimere un concetto: la morte di Tommasino suggerisce al lettore una verità, nel fondo dell’animo di ognuno c’è sempre qualcosa di buono da trasmettere. Nella Biblioteca san Francesco d’Assisi di Sava l’Associazione Madre Terra si è voluto onorare il poeta friulano allestendo una mostra fotografica, che ripercorre i vari momenti artistici di Pasolini, negli ampi saloni, lungo armadi di pregio che custodiscono il ricco patrimonio librario della prestigiosa biblioteca (siamo intorno ai cinquantamila volumi) si snoda un percorso di gigantografie fotografiche della sua vita e sono in esposizione quasi tutte le opere scritte dal poeta di Casarsa.
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