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Il digiuno nelle tre religioni monoteiste

Il Ramadan, uno dei cinque pilastri dell’Islam

Il Ramadan, uno dei cinque pilastri dell’Islam

Nulla è semplice in una società, neanche la sua alimentazione, evidenziava Jacques André introducendo i suoi studi sulla gastronomia di Roma antica. Quando poi l’alimentazione incrocia la religione, le complicazioni si moltiplicano. Nelle tre religioni del Libro (Ebraismo, Cristianesimo, Islam) esiste una scansione fra tempo sacro e tempo profano ed una alternanza fra giorni di festa e giorni di penitenza; e riguarda anche l’alimentazione, anche per il Cristianesimo, che non ha tabù alimentari. Cardine dei periodi penitenziali è il digiuno: che non è assoluto, ma consiste nell’assumere cibo una sola volta al giorno, a sera, insieme con una colazione nelle ore antelucane del mattino, per affrontare le ore di lavoro. E’ così che i Musulmani si alimentano durante il loro più lungo periodo penitenziale (molto simile, specie nel Medio Evo, alla Quaresima), il Ramadan: uno dei “cinque pilastri” dell’Islam. Ramadan è il nono mese del calendario lunare islamico, riformato da Maometto, che abolì il mese intercalare che serviva (come serve agli Ebrei, il cui calendario “misto” lunisolare fa cadere ogni anno più o meno nello stesso periodo i vari mesi) a replicare ogni anno la scansione dei mesi in aderenza al ciclo delle stagioni. Quindi è un mese che può cadere in varie stagioni; prima della riforma era estivo (il suo nome significa “torrido”). E’ il mese della penitenza e del digiuno, e commemora la rivelazione del Corano al profeta. In Ramadan il credente osserva il digiuno nelle ore diurne; consuma un unico pasto serale, con piatti particolari (diversi, data l’estensione del mondo islamico; è tradizione comunque consumare un dattero, come fece il profeta). Un’ora prima del sorgere del sole è prevista una energetica colazione. E’ un mese nel quale il musulmano dovrebbe essere prodigo di aiuti, soprattutto alimentari, per i poveri: “Non è un vero credente chi va a dormire con la pancia piena, mentre il suo vicino soffre la fame”, afferma un Hadith. In particolare, è raccomandata una donazione nel corso della festa di Eid al-Fitr (“Festa della rottura del digiuno”), che celebra la fine del Ramadan. L’astinenza nelle ore diurne del Ramadan si estende anche alle bevande, acqua compresa. Quest’anno in Italia Ramadan è iniziato la sera del 22 marzo e si concluderà al tramonto del 21 aprile. L’ebraica Pesach (che dura sette giorni in Israele ed otto per gli Ebrei della diaspora; in Italia dalla sera del 6 aprile alla sera del 13 aprile) e la Pasqua cristiana (che conclude la Settimana santa; per i cattolici inizia con la Domenica delle Palme, il 2 aprile, e si conclude il Sabato santo, 8 aprile; Pasqua quest’anno è il 9 aprile; per gli ortodossi invece la Settimana santa inizia con il Sabato di Lazzaro, 8 aprile, la Domenica delle Palme è il 9, Pasqua il 16 aprile), quasi coincidenti tra loro, cadono dunque durante il Ramadan. Le tre religioni monoteiste, senza esagerare con semplicistiche interpretazioni genetiche, sono chiaramente imparentate. L’Ebraismo aveva accumulato una complicatissima serie di precetti e divieti alimentari, riassumibili nella kasherut, “adeguatezza”: riguardano singoli alimenti, loro associazioni, metodi di preparazione, periodi in cui alcuni sono leciti ed altri no (Pesach, in particolare, irrigidisce i divieti). Il Cristianesimo delle origini era una specie di Ebraismo “aggiornato”, ed inizialmente sembra adottare i canoni alimentari ebraici. Ma se già Gesù colpiva al cuore il rigido formalismo di correnti ebraiche, sarà l’incontro dei primi cristiani con i convertiti come Saulo di Tarso, che diverrà San Paolo, a far crollare ogni tabù alimentare: “colui che mangia di tutto non sprezzi chi non mangia di tutto e colui che non mangia di tutto non condanni chi mangia di tutto”, dice Paolo, instaurando una assoluta neutralità alimentare. E’ una rottura radicale. Il cristiano mangia tutto, come si evidenzia negli Atti degli Apostoli: Pietro, affamato, si vede recapitare dal cielo un telo con tutti i quadrupedi e rettili e uccelli, e una voce gli dice “Pietro, alzati, uccidi e mangia”. Pietro, ebreo osservante, ha sempre rispettato la kasherut: “Non sia mai, Signore – risponde scandalizzato – non ho mai mangiato nulla di impuro e contaminato”. Ma la voce divina lo ammonisce: “Non chiamare impuro ciò che Dio ha purificato”. La più giovane delle tre religioni, l’Islam, costruisce anch’essa una identità gastronomica: prende in prestito norme dell’Ebraismo, semplificandole. Adotta il divieto del maiale e quello del sangue, ma non le complicate regole della kasherut (molte preparazioni che per gli Ebrei non sono kasher per un musulmano sono perfettamente ”halal”, adeguate), ma istituisce un divieto che separa radicalmente l’Islam da Ebraismo e Cristianesimo: il vino. Quest’anno Pesach, Pasqua e Ramadan, ricorrenze mobili, sono coincidenti. Una buona occasione per spezzare insieme in segno di pace uno dei cibi permessi dalle tre religioni, il pane (in Pesach dev’essere però azzimo, senza lievito)
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