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Il mondo del Principato di Taranto tra memoria, storia e storiografia

Giovanni Antonio Orsini del Balzo

Giovanni Antonio Orsini del Balzo

Al Principato di Taranto e alla figura del suo ultimo signore a metà del XV secolo, Giovanni Antonio Orsini del Balzo, sono state dedicate nel novembre 2019 due giornate di convegno (a Taranto e a Galatina), i cui Atti sono ora pubblicati, a cura di Francesca Poretti e Piero Massafra, per i tipi della casa editrice Scorpione: Il Principato di Taranto tra storia e storiografia, Taranto 2022. L’ampio ed elegante volume si apre con la dotta introduzione di Cosimo Damiano Fonseca, insigne medievista e accademico dei Lincei, il quale, riassumendo i vari periodi della storia medievale di Taranto, rileva tra l’altro con rammarico come la memoria del Principato si sia persa nella coscienza dei Tarantini, tanto che nella toponomastica cittadina non se ne conserva alcuna testimonianza (di qui il pressante invito alle autorità perché provvedano). Il primo contributo, dedicato a inquadrare le coordinate temporali del Principato – dall’età normanno-sveva, a quella angioina, al periodo infine dominato dagli Orsini del Balzo, Raimondello e poi il figlio Giovanni Antonio – è dello storico tedesco Andreas Kiesewetter, purtroppo scomparso nel 2021 (ma la sua figura rivive nel sentito ricordo, professionale e umano, di Giovangualberto Carducci, presidente della sezione tarantina della Società di Storia Patria per la Puglia). È poi di Francesco Somaini, medievista dell’Università di Lecce, un’ampia e documentata relazione sul “progetto statuale” che Giovanni Antonio mirò a realizzare con un’abile strategia, volta a creare quasi uno “Stato orsiniano” con proprio esercito e propri generali. Per questo egli divenne leader dello schieramento baronale nella guerra contro il re di Napoli – la cosiddetta “congiura dei baroni” – che però terminò con la vittoria del sovrano aragonese Ferdinando (detto Ferrante) nella decisiva battaglia di Troia del 1462 e la fine stessa del Principato di Taranto. Lo stesso Orsini sarebbe morto un anno dopo in Altamura, una delle sedi preferite della sua corte itinerante. Alla Terra Altamurae, alla storia e alle istituzioni giuridiche di quella città, è dedicato il contributo di Pasquale Corsi, medievista dell’università di Bari e presidente della Società di Storia Patria per la Puglia: con ampia documentazione Corsi delinea la lunga vicenda storica della città, a partire dai tempi di Federico II, l’imperatore che in segno di predilezione le concesse numerosi benefici come, ad esempio, l’arcipretura nullius, l’autonomia giuridica cioè e l’esenzione dal potere vescovile. Sempre sulla “congiura dei baroni” verte il contributo della presidente della delegazione di Taranto dell’Associazione Italiana di Cultura Classica, Francesca Poretti, la quale presenta una “novità”, un poema latino in quattro libri di età umanistica – la Tarentina – opera del vescovo umanista Fosco Paracleto da Corneto (oggi Tarquinia). La Poretti, già curatrice di un’edizione con traduzione e commento (Una storia tarantina, Taranto 2019) – lavoro pregevole, condotto su un’idea e in memoria di Adolfo Mele, latinista e grecista di vaglia, scomparso nel 2016 – analizza il testo sia sul piano dei contenuti sia su quello della lingua, mettendo soprattutto in luce i molti echi della tradizione classica. Sulle fonti storiche relative al Principato è poi assai utile la ragionata rassegna di Piero Massafra, editore e storico, il quale presenta una selezione delle «fonti cittadine su Taranto capitale del Principato», le opere di scrittori tarantini cioè, sia cronisti come il notaio Angelo Filippo Crassullo, la cui Chronica fu inserita dal Giannone nella Istoria civile del Regno di Napoli, sia storici come Giovan Giovine, che nel De antiquitate et varia Tarentinorum fortuna (“Antica e mutevole sorte dei Tarantini”, Napoli 1589; Taranto 2014) tramanda tra l’altro notizia della morte dell’Orsini, diversa da quella comunemente diffusa, avvenuta non a causa della febbre “quartana” (alta con brividi), ma per uccisione ad opera di due traditori. Anche le strutture edilizie della Città vecchia rappresentano testimonianze di primo piano per la storia del Principato. Su due di esse in particolare – i conventi degli Ordini mendicanti, San Pietro Imperiale dei Domenicani (poi San Domenico) e San Francesco d’Assisi dei Minori Francescani (poi caserma Rossarol e ora sede universitaria) – l’architetto Luigi Oliva propone una documentata relazione, fondata su fonti archivistiche e corredata di notevole apparato iconografico (antiche vedute, moderne fotografie, disegni, piantine elaborate dall’autore medesimo, ecc.).Singolare infine il contributo della presidente della sezione tarantina della Società Dante Alighieri, José Minervini: «Maria d’Enghien tra storia e leggenda». Lo scritto con cui si conclude il volume contiene – preceduta da una significativa introduzione di Vittoria Tomassetti, presidente dell’Associazione Amici dei Musei di Taranto – l’unica relazione tenuta a Galatina, la città ove la splendida chiesa di Santa Caterina d’Alessandria può considerarsi il pantheon della famiglia Orsini del Balzo. Le belle pagine della Minervini, che ben descrive la personalità e la travagliata vita personale e politica di Maria d’Enghien, trasportano il lettore in un mondo lontano nel tempo ma pur sempre ricco di grandi personalità, nel bene e nel male. Era il mondo del Principato di Taranto.  
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