Non esiste giorno in cui i massmedia non parlino di omicidi-suicidi, a tal punto che quasi rientra nella quotidianità dei fatti, come la guerra. Ma ti basta soffermarti un minuto per capire che dietro ogni evento c’è una storia di fragilità umana. Partiamo dal presupposto che siamo tutti fragili e che non esiste nessuno che la vita non metta alla prova, nasce spontanea una domanda: chi è fragile, è davvero più debole? Con “fragile” si intende una condizione caratteristica di qualcosa che si rompe, si spezza facilmente; se riferita alla persona sono meccanismi di rottura psicofisici legati ad eventi traumatici (abbandoni, perdita del lavoro, malattia cronica, ecc.) che mettono in discussione i nostri equilibri fisici, psichici e sociali. Le paure delle responsabilità a cui non riesci più a far fronte (pagare una bolletta, assistere un parente malato cronico, non avere disponibilità reale di contante per comprare il cibo, non riuscire a pagare il mutuo della casa) sono le origini di senso di abbandono, solitudine ed impotenza che ti spingono a gesti estremi, perché solo cosi la società si accorge che esisti. Il suicidio, oggi molto spesso preceduto da omicidi di persone care, è uno dei temi più studiati della sociologia della devianza che possiamo definire come un evento drammatico, un problema di difficile spiegazione causato dall’interazione di elementi psicologici, biologici, genetici, sociali e ambientali. Escludendo i casi in cui l’evento è legato da rotture affettivo-sentimentali (fragilità del rifiuto), non mancano eventi legati alle problematiche di salute dove molto spesso un genitore, un coniuge o un figlio non riesce a sopportare la gestione di patologie croniche del parente più prossimo, caricato di tutte le responsabilità dove il sistema del servizio pubblico diventa il nemico numero uno, che anziché agevolarti ti soffoca. Altri esempi possono essere imprenditori, liberi professionisti o titolari di attività commerciali che schiacciati dalle spese non riescono a far quadrare i bilanci. Vivere la propria fragilità è vissuta come qualcosa di cui vergognarci, ma, se vissuta maniera consapevole, ci porta a basare la nostra persona e il nostro modo di essere sulla “forza reale” o, per meglio dire, sulla forza d’animo di cui realmente disponiamo, per natura o per carattere, e che dunque siamo in grado di gestire. La rete di relazioni, con l’isolamento da pandemia, è stata compromessa ed è necessaria un’azione di recupero soprattutto nelle nuove generazioni, documentato dalla crescente richiesta nei consultori per intervenire su disturbi d’ansia, depressione, dipendenza dal web. Il senso di frustrazione che deriva dalla fragilità è aggressività verso se stessi e gli altri. La fragilità è all’origine della comprensione dei bisogni, perché scopre i propri punti deboli, che è necessario superare o autonomamente o con l’aiuto di altre persone. La propria fragilità dovrebbe dare forza a quella di un altro e ricadere come promozione di salute sociale. Invece assistiamo all’isolamento o alla speculazione, molto spesso mediatica della fragilità (vedi ultimi eventi del GF), che blocca il desiderio della richiesta d’aiuto. Durkheim,che primo fra tutti ha studiato il suicidio, ha parlato proprio di una rottura di regole sociali che porta ad una serie di problematiche. “Ogni caso di morte direttamente o indirettamente risultante da un atto positivo o negativo compiuto dalla vittima pienamente consapevole del gesto.” L’autore ha sempre sostenuto che alla base dell’atto suicidario potesse esserci non solo un fattore psicologico ma un vero e proprio fattore sociale. Le condizioni di sofferenza dell’individuo sono poste in relazione alla società, che aumenta nei momenti di crisi economica. “Il suicidio è il peggior tipo di omicidio, perché non lascia spazio al pentimento”. (John Churton Collins). Nasce la necessità di un Welfare della Prossimità: uno spazio aperto che offre servizi di ascolto, accompagnamento e autonomia alle famiglie e ai cittadini tutti, soprattutto in condizioni di fragilità; un luogo per valorizzare il protagonismo giovanile e costruire sinergie territoriali vere, che siano libere da burocrazie inutili; costruendo attivamente percorsi di rigenerazione del territorio e delle persone che lo abitano, una voce corale che si prende cura del bene comune per costruire futuro...una comunità che c’è e rigenera.
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