Sarà presentato giovedì, 27 ottobre, alle ore 17, presso l’Università degli Studi di Bari - sede di Taranto, ex caserma Rossarol (in via Duomo, 238 - Città Vecchia), il saggio di Giovanni Battafarano dal titolo “Il dolore è il principio di ogni uman genere - Il pensiero estetico di Pietro Verri”. All’ncontro con l’autore interverranno Riccardo Pagano, professore ordinario presso l’Università di Bari, Giacomo Fronzi, docente di estetica presso l’Università di Bari e l’editore, Antonio Mandese. Modera Maristella Massari, capo redattore di Taranto de La Gazzetta del Mezzogiorno. Di seguito la recensione al saggio di Nino Palma. * * * * * * * * Io credo che esista una profonda correlazione tra la formazione culturale e intellettuale di ciascuno di noi e le scelte successive di vita e di lavoro. Mi è capitato di imbattermi in questa riflessione leggendo il saggio di Giovanni Battafarano sul pensiero estetico di Pietro Verri, un argomento che egli ha saputo collocare in un contesto più ampio che è quello della civiltà illuministica europea e in particolare di quella milanese. Credo infatti, che non sia un caso che Giovanni abbia scelto, prima per la sua tesi di laurea, poi rivista e trasformata in questo saggio, un argomento tra i più interessanti e ricco di suggestioni, come questo, ma poco considerato nei manuali di Storia della nostra civiltà letteraria e quindi poco studiato nelle scuole superiori. Non è un caso, dato il profilo che poi egli ha assunto nella sua vita politica di moderato riformatore e liberale! Un argomento quello dell’illuminismo lombardo e di un suo illustre esponente, quale fu Pietro Verri, che si iscrive in una delle più fervide stagioni della storia europea, durante la quale i governi attraversarono una fase di distensione nei rapporti internazionali dopo la pace di Acquisgrana, e ci fu nel nostro Paese il diffondersi dell’illuminismo inglese e francese in quegli Stati guidati da governi riformatori, come quello di Maria Teresa d’Austria a Milano e di Carlo di Borbone a Napoli. In questo quadro, particolarmente a Milano ci fu un forte impulso dell’ attività culturale che si espresse inizialmente attorno all’Accademia dei pugni e poi alla rivista il Caffè fondata da due philosopes, come si definivano allora gli intellettuali, Pietro Verri e il fratello più giovane Alessandro. Si può immaginare quale fu il carattere di quelle discussioni che animarono questi giovani philosophes lombardi e l’ambiente in cui svolgevano: una bottega addobbata con ricchezza ed eleganza somma, inondata dal profumo del caffè, aperta dal greco Demetrio, approdato a Milano dopo essere fuggito dalla sua terra occupata dagli ottomani e aver peregrinato in varie contrade d’Italia. Una bottega fornita di riviste, di comode poltrone sulle quali si poteva gustare un ottimo caffè, si poteva leggere di tutto e in cui c’era anche chi, come Pietro Verri, si assunse il compito di registrare tutte le scene interessanti che vi accadevano, i discorsi che si facevano, per darli alle stampe col titolo Il Caffè , poiché appunto sono nati in una bottega di caffè, diffonderli e offrire così il proprio contributo di idee e proposte al governo riformatore. Quali gli argomenti di queste animate discussioni che spesso culminavano in litigi e risse ma anche in convincenti sintesi? - La tortura e la necessità di un suo superamento, tema sul quale famosi furono i saggi dello stesso Pietro Verri e di Cesare Beccaria. Tema che ebbe successivi strascichi fino alla Storia dellacolonna infame di Alessandro Manzoni e che ancora oggi è richiamato nelle dispute e nelle vicende del nostro sistema giudiziario (vicenda Cucchi); - L’economia che doveva essere fondata sul liberoscambismo, contro ogni forma protezionistica o di chiusura nazionalistica, (sovranista, diremmo oggi?) argomento anche questo di grande attualità che caratterizza il dibattito politico ed economico, in Europa e in Italia; - La gestione della cosa pubblica, basata su rispetto dei diritti e che mette al centro la persona; - La divisione di poteri su cui deve fondarsi uno Stato di diritto; - Il diritto naturale, secondo il quale ci sono alcuni diritti innati nell’uomo e perciò inalienabili come la libertà personale e il diritto di proprietà. E accanto a questi temi, altri più squisitamente letterari, come il sensismo, derivato dalle teorie di Locke e Condillac e che, in sostanza, limitava i sentimenti fondamentali dell’uomo al piacere e al dolore, sottolineando che alla base della conoscenza c’è l’esperienza sensibile, in quanto attraverso le sensazioni (che oscillano tra i due poli della fuga dal dolore e dalla ricerca del piacere), si realizza la crescita della conoscenza. Anche nell’opera d’arte il giudizio estetico si forma a partire dalle sensazione e, in polemica col razionalismo cartesiano, ritiene che non sia determinato da criteri intellettualistci. In questo quadro fine della poetica sensistica è il diletto, ossia la fuga dal dolore e la ricerca del piacere. In definitiva l’arte nasce dalla necessità per l’uomo di vivere un’intensa vita spirituale , di liberarsi dal dolore e dalla noia, cioè da un’inerzia spirituale che è anch’essa una forma di dolore. Si tratta, a guardar bene, di una concezione edonistica, da non confondere però con il semplice e vano diletto dell’età precedenti, ma come senso della vita e promozione in chi legge e ascolta degli affetti, acciocché ne nasca il diletto (Parini), inteso come alacrità interiore, intensa vita spirituale che permette di fuggire dal dolore, che è mancanza di vita e noia: “L’anima nostra che ama sempre di essere in azione e in movimento, niente più aborre che la noia (Parini) In questo quadro si può iscrivere il saggio di Piero Verri dal titolo Discorso sull’indole del piacere e del dolore (1773), il quale, partendo dal principio del sensismo, secondo cui ogni piacere sia fisico che spirituale deriva dalla cessazione o attenuazione di un dolore, ritiene che il piacere estetico consiste nella cessazione di dolori non ben definiti, di cui non si conosce la causa, come noia, ansia, inquietudine, malinconia. L’arte ci libera da questi stati d’animo, dandoci una sensazione di benessere, ossia di un piacere particolare, diverso dagli altri in quanto anch’esso incausato, ossia indefinibile. Nel corso del saggio, particolare pregnanza assume il paragrafo relativo al rapporto Verri- Leopardi, qui accennato ma che meriterebbe un ulteriore approfondimento. Il saggio, infine si connota per il suo stile chiaro, per l’esposizione ordinata, per un linguaggio alla portata di tutti. Un plauso va perciò all’amico Giovanni Battafarano saggista, che ci ha voluto far dono di questo lavoro, il quale ha consentito a noi di rinfrescare tematiche culturali, finite nel dimenticatoio, e a lui di mettere in luce la molteplicità dei suoi interessi.
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