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De Stefano socio onorario U.N.U.C.I. per meriti culturali

Paolo De Stefano

Paolo De Stefano

Organizzata dall’U.N.U.C.I. (Associazione Nazionale Ufficiali in Congedo Italiani) nel salone di rappresentanza del Circolo Ufficiali della Marina di Taranto si è tenuta la cerimonia di conferimento del titolo di socio onorario al Prof. Paolo De Stefano. L’onorificenza è stata conferita al prof. De Stefano per meriti culturali. A conferirgli il titolo è stato il Capitano di Vascello Gianni Passafiume, presidente del sodalizio. Dopo una breve introduzione del Capitano Passafiume il prof. De Stefanno ha tenuto una lectio magistralis sul tema ”Dall’unità linguistica di Dante all’unità della patria di Mazzini”. Il Prof. De Stefano partendo dal Convivio e dal De Vulgari eloquentia e passando per la Divina Commedia ha spiegato come Dante sia considerato universalmente e a giusta ragione il padre della lingua italiana. «Dante, ha detto De Stefano, riconducendo ad unità linguistica i vari dialetti dell’Italia medievale, ha iniziato il vero processo dell’unità d’Italia. Non c’è infatti unità politica senza unità linguistica. E Dante ha svolto questo ruolo attraverso la Commedia nella quale l’endecasillabo con la sua melodia, la sua perfezione metrica, il suo suono è fondamentale». De Stefano ha poi fatto riferimento all’aspetto politico del tema dell’unità che ha informato il nostro Risorgimento collegando Dante a Mazzini e a Foscolo e Carducci. Foscolo è il poeta che ha pensato, amato e costruito culturalmente e poeticamente l’idea dell’unità d’Italia e della libertà trasmettendola in eredità a Mazzini che l’ha costruita politicamente pagando di persona il grande prezzo dell’esilio, della solitudine e della persecuzione politica. «Giuseppe Mazzini, il padre della patria, con la sua religione della libertà e dei doveri dell’uomo, è colui che ha dato forma filosofica e politica alle intuizioni letterarie di Dante, Foscolo e Alfieri. Il filo rosso che unisce Dante, lo stesso Petrarca, ad Alfieri, a Foscolo, allo stesso Leopardi della canzone All’Italia, a Mazzini e Carducci sono le due grandi idee che hanno costruito la Nazione, l’unità dell’Italia e la libertà, idee che vivono in simbiosi perché non è data l’una senza l’altra». Per queste idee schiere di patrioti hanno speso la loro vita e giovani animati da grande amore di patria, hanno speso la loro vita. Quante volte il padre della patria Mazzini di fronte al sacrificio di queste schiere di giovani patrioti è entrato in crisi e si è chiesto se era giusto continuare e sacrificare tante vite. E le quante volte la sua anima è stata assalita dalla tempesta del dubbio gli è venuto il sostegno di sua madre Maria Drago che lo ha sempre incitato a continuare nella lotta. La libertà per Mazzini è una religione, quella libertà che, come dice Virgilio a Catone nel primo canto del Purgatorio, ch’è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta, e la patria, come dice Orazio, dulce et decorum est pro patria mori. Quindi è giusto se necessario sacrificare anche la propria vita per la patria e per la libertà. «A queste due idee - ha concluso De Stefano - Garibaldi ha fornito la spada e Verdi ha loro fornito loro le ali della musica con quello che a buon diritto è riconosciuto come possibile altro inno d’Italia il Va pensiero del Nabucco». De Stefano da quel grande maestro di letteratura e di cultura che è, ha ricostruito in sintesi secoli di letteratura, poesia politica intorno al concetto di unità linguistica, culturale e politica dell’Italia commuovendo in diversi momenti il qualificato uditorio che lo ha alla fine applaudito convintamente alzandosi in piedi.  
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