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Nicola Carrino, talento che ha onorato la sua città nel mondo

Nicola Carrino

Nicola Carrino

Una delle nostra maggiori figure di artisti tarantini, Nicola Carrino, era nato nel 1932, in Città vecchia, il 15 di febbraio, al Vico Seminario. Scomparso quattro anni fa (14 maggio 2018), divenuto artista conosciutissimo ed apprezzato in Italia e nel mondo. Il suo impegno, che ha avuto esiti originalissimi, oggi consente di ritrovare sue opere in numerosi musei d’arte contemporanea in Europa, ma anche in altre prestigiose parti del mondo. A cominciare dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, possiamo correre al Neues Museum für Moderne Kunst di Norimberga, poi al Museo Sperimentale d’Arte Contemporanea di Torino, quindi alla Sammlung Dierichs della Ruhr-Universitat di Bochum, al Museum Boymans Van Beuningen di Rotterdam, al Tel Aviv Museum of Art. Ed i numerosi premi vinti, come quello di Termoli del 1963, e di Napoli nel 1966 (alla Rassegna d’arte del Mezzogiorno) ed il premio internazionale di San Paolo del Brasile, nel 1971. Le sue numerose presenze, come alla Zwoelf Italienische Bildhauer (Kunstverein) Amburgo, nel 1969. Le quattro volte alla Biennale di Venezia, 66, 70, 76, 86. Le tre volte alla Quadriennale di Roma, 65, 73, 86. Aggiungi le numerose mostre personali all’Italia e all’estero. Una, importante, anche nella sua città natale, 1979. E poi membro dell’Accademia di San Luca, Roma, e presidente per un biennio. Curioso verso l’arte, figlio del centro storico di Taranto, Città vecchia, il giovane Nicola si trovò all’età giusta ad incontrare, e proprio nella sua città, tutta la migliore arte italiana. Aveva diciassette anni quanto la splendida iniziativa di Antonio Rizzo e del Circolo di Cultura inaugurò la mostra del Premio Taranto “per un quadro che avesse come clima, ambiente o sfondo, il mare”, che si aprì nei saloni dell’Istituto Talassografico. 6 gennaio 1950. Il Premio, è noto, era di letteratura e pittura (era nato, con la sola letteratura - inedita - l’anno precedente). Per la letteratura il presidente era nientemeno che Giuseppe Ungaretti, che trascinò nella Taranto del primo dopoguerra il meglio della letteratura italiana: contribuì a far accorrere talenti anche nell’arte. Giuria di pittura: il primo anno presieduta da Carlo Scarfoglio; dal secondo, Felice Casorati. I premiati di pittura 1950, Fausto Pirandello, il secondo anno Gino Meloni (e Renato Birolli), il terzo anno Bruno Cassinari. Nella città bimare fu subito un’esplosione. L’arte del momento, prima contestata in loco, poi presto capita e amata. I giornaloni italiani paragonarono il premi alla Biennale di Venezia ed alla Quadriennale Romana, con articoloni. Nicola Carrino fu di quelli che sentì subito i valori che quella iniziativa portava nella sua città, con le presenze in loco di duecento, fra artisti e scrittori, come Savinio, Martinelli, Menzio, Ciardo, Guzzi, Brignetti, Gadda, Arcangeli, Bo, Apollonio, Pasolini, la Manzini, Palazzeschi, Falqui. Quando il Premio, per volontà d’una indecente classe politica fu chiuso, lui aveva esattamente vent’anni. Inglobato felicemente in quella visione anticipatrice dei suoi interessi, dopo un periodo di studio e di attività nella sua città, e dopo aver veduto la distruzione del Premio Taranto, e la tragedia del Premio per una scultura a Giovanni Paisiello, 1955/56 (crollato per nuove invadenze politiche che odiavano l’arte … degenerata, che tolsero la vittoria al monumento astratto di Nino Franchina) decise. Alla chiusura degli anni Cinquanta sentì il bisogno di ritrovarsi romano. Qui, esperienza del “Gruppo uno” (con Frascà, Biggi, Pace, Santoro e Uncini), la stima di critici famosi ed eccellenti come Giulio Carlo Argan, Maurizio Calvesi, Bruno Zevi, Franco Solmi, Palma Bucarelli. La visione geometrica della realtà, in una ricerca nella quale la scultura è spazialità, si sviluppò; la sua indagine razionale sui problemi della visione e del fare all’interno del rapporto arte - società, fondamento per superare l’informale, si impose. Pur nei suoi costanti e certamente faticosi impegni artistici Carrino non aveva mai tralasciato i contatti con la sua città. Verso Antonio Rizzo nutriva un grande affetto ed un atteggiamento reverenziale; così come un rapporto intensamente amichevole aveva immediatamente stabilito con il sottoscritto. Quando nel 1976 avemmo la necessità di un aiuto ci invitò una splendida opera che divenne il manifesto dell’operazione “Linea Brignetti”, in onore del grande scrittore elbano, il grande scrittore di mare che aveva vinto due volte il Premio Taranto e da lì poi era volato verso il Premio Viareggio ed il Premio Strega. Il manifesto fu ritenuto, e lo è davvero, un vero capolavoro dell’arte contemporanea. Divenne anche una serie litografica di buon valore. Quando la Casa editrice Edizioni del Gruppo Taranto si impegnò in pubblicazioni di qualità ci giunse subito il suo serio e forte contributo. Eccolo nella lettera che mi scrisse nei primi del 1993, con quella sua caratteristica grafia. “Da Nicola Carrino ad Aldo Perrone, Roma , 10 / 8 / 93 / Caro Aldo, sono in partenza per Ostrava, dove realizzerò una scultura per la città. / Faccio appena in tempo a spedirti la copertina per Brignetti che ho sul tavolo pronta da giorni. È nel formato che mi hai detto e va stampata tutta in blu, chiaro e scuro, come la n. 4 del disegno piccolo. / Ti invierò in seguito la testimonianza per Antonio, quantunque a freddo e di proposito i sento un po’ impacciato. / Ho ricevuto i due ultimi libri editi dal gruppo Taranto e mi sembra superfluo dirti quanto trovi valida l’iniziativa nella continuità del tuo lavoro e del tuo impegno. / Devo però fare appunto sulla cvcvcv della pubblicazione che bisognerebbe migliorare come carta, come grafica e come stampa per farne un oggetto-libro rispondente al contenuto. // Forse te lo avevo già detto e mi ripeto. // Ma sai quanto ti stimo, // un abbraccio, // Nicola Carrino.” Facendo tesoro dei suoi consigli pubblicammo bei libri su Brignetti, ed i “Poemetti Municipali” di Vito Forleo. Un’opera della quale era innamorato. Volle aiutarci e ci inviò cinquanta serigrafie di una sua piccola opera dedicata, appunto, a Forleo (vera anima della nostra Taranto). Le inserimmo nelle prime cinquanta pubblicazioni numerate, subito rapite dagli amatori dei nostri Vito Forleo e Nicola Carrino. Un successone assoluto che dimostrò che i tarantini, quando son cose di vera qualità, rispondono benissimo. Nella nostra Taranto vi sono importanti tracce del Carrino artista. La più bella, a mio parere, è nella sede della Università tarantina, posizionata nell’ex scuola Edile, nel quartiere Salinella, “Crescita dell’Ellisse 1/82”. Qualche anno fa un improvvido desiderio di proteggerlo dalle intemperie lo dipinse di giallo. Uno scandalo in assoluto, ma poi l’orrore fu corretto. L’altra opera, notissima, è la sistemazione artistico-urbana di Piazza Fontana (1992), la piazza tarantina (del centro storico) per antonomasia. I suoi moduli costruttivi sono come sempre molto convincenti, la movimentazione delle linee ben pronunciata. Aver accolto di porre al centro la parte culminata della fontana (di cemento, fatte in serie, di fine Ottocento, andata distrutta) compromette la modernità ardita dei moduli (mentre si favoleggia spesso dell’antica fontana del Cinquecento). La sistemazione di Carrino è tuttavia un bene prezioso da conservare e da difendere a tutti i costi. La comunità se ne deve far carico, senza fare errori. E desidero ricordare, come già indicai altra volta, che abbiamo il dovere, proprio come è avvenuto a Polignano a Mare per Pino Pascali, di pensare ad un “Museo Nicola Carrino”. Bisogna pensarci sul serio, e non lasciare che restino parole. Carrino non è un autore che possa restare negli aneddoti provinciali, talvolta ingigantiti per affetto o perché non si approfondisce il reale valore di questo talento che ha onorato la sua città nel mondo. Aldo Perrone
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