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L'intervento
30 Marzo 2025 - 10:30
Riflettori sulla scuola
Se compito basilare della scuola è garantire a tutti i giovani la piena formazione culturale e civile – in modo particolare a chi sconta forti condizioni di svantaggio – allora l’intera politica di un Paese dovrebbe concentrarsi sulla Scuola, dedicandole il massimo di attenzione e risorse. Ma la realtà è diversa. Nonostante l’universo scolastico non sia stato certo dimenticato dai molti governi succedutisi in ottant’anni di vita repubblicana, le scelte in materia di istruzione non sono mai state né coerenti né costanti: piuttosto, punteggiate da fiammate intermittenti, fors’anche appassionate, per lo più settoriali e caduche. Così, a più di venticinque anni dal riconoscimento dell’autonomia, e giunta anche la presente legislatura al suo giro di boa, il quadro della Scuola italiana si presenta sconnesso, incompiuto come un palazzo dai molti padiglioni a mezz’opera; disorganico, come progetto nato da congerie di menti scoordinate e trascurato, come un giardino dove crescano stupendi fiori multicolori - anche numerosi, e profumati e vari - ma circondati da erbacce ed ortiche. E’ uno stato segnato da una serie di piaghe riguardanti l’intero ventaglio delle risorse materiali, normative, organizzative, umane e finanziarie che alla scuola dovrebbero essere destinate di più e meglio.
1 EDILIZIA. Letteralmente alla base di tutto stanno le strutture, le mura, la materia, gli spazi: molto di come viviamo, infatti, dipende da dove viviamo! Ma l’edilizia delle scuole è vecchia, metà degli edifici risale agli anni ’60 e ’70 del petrolio facile, veri colabrodi energetici, molti altri sono ancora più vetusti: strutture non solo insicure (finestre bloccate, infissi pericolanti, calcestruzzi cadenti…) ma che disattendono le stesse linee guida ministeriali per un’edilizia di nuova concezione pedagogica, relazionale e comunitaria. Il PNRR ha stanziato l’enorme cifra di 9,3 miliardi di euro per una molteplicità di interventi, ma le strutture nuove sono appena qualche centinaio a fronte dell’arcipelago dei quasi 40.000 plessi sparsi sul territorio nazionale. Serve un piano organico per rinnovare a tappeto il patrimonio edilizio e, a risorse economiche limitate, invece d’investire 15 miliardi di euro per il Ponte sullo Stretto sarebbe più sensato e produttivo erigere 1500 Scuole, altrettanti “Ponti sul Futuro” del Paese. E poi mantenerle, mettendo Comuni e Province nelle condizioni di farlo!
2 LEGGI. All’obsolescenza degli edifici materiali corrisponde la vetustà del corpus immateriale delle leggi che regolano il settore. Il “testo unico” del 1994 è ormai uno strumento usurato, tanti sono i mutamenti intervenuti da quel tempo remoto. Nel 2015 la legge 107 (“Buona Scuola”) delegava il Governo ad adottare entro 18 mesi decreti per riordinare, semplificare e codificare le disposizioni legislative in materia di istruzione; ma dopo 116 mesi e a 28 dall’annuncio dell’attuale Ministro “è giunto il momento di riordinare una materia complessa per fornire un servizio utile a tutti gli operatori del settore”, questi ultimi ancora attendono e dilapidano un tempo immane per districarsi nel caos di norme stratificate in modo spesso contraddittorio.
3 CARRIERA DEI DOCENTI. E le risorse umane? L’avanzamento di carriera degli insegnanti resta legato alla mera anzianità, senza valutazione di merito (peraltro difficilissima in Italia) ma anche senza progressione su una scala di ruoli diversificati che, su base volontaria, gli insegnanti più creativi e intraprendenti decidano di percorrere, assumendosi responsabilità aggiuntive di tutoraggio, formazione, coordinamento di sistema. Lo stipendio del docente demotivato e statico non si differenzia da quello più attivo e brillante. I bravi sono mortificati, i meno capaci campano nell’ombra. E’ un’altra piaga, ben nota ai genitori che, con i loro figli, attraversano il sistema scolastico nazionale.
4 STAFF DEL DIRIGENTE. Un tempo nella Scuola c’erano il preside e il vicepreside. Poi, con l’avvento dell’autonomia (1997-2001), al dirigente scolastico fu concesso d’avvalersi di collaboratori delegati a specifici compiti. Il contratto nazionale dell’epoca limitò tale numero a due, prelevandone il compenso dal magro paniere del cosiddetto “fondo d’istituto”. Intanto, la società si faceva sempre più complessa e così la gestione di una scuola, finché, nel 2015, la legge 107 stabilì che il dirigente scolastico può individuare fino al 10% di docenti in organico quali suoi coadiutori in attività di supporto organizzativo e didattico. L’introduzione nella scuola del cosiddetto “middle management” ha significato un progresso fondamentale; peraltro, tuttora non è previsto un “budget di staff” che garantisca una copertura economica adeguata e sicura per remunerare queste figure decisive. Invece occorre compiere acrobazie annuali per attingere all’esangue fondo per il miglioramento dell’offerta formativa (MOF).
5 MOF. Il MOF, risorsa finanziaria vitale per la Scuola dell’Autonomia, nei fatti è sempre una coperta troppo piccola. Il dirigente scolastico e la parte sindacale, quando ogni anno ne contrattano l’utilizzo, provano un rinnovato senso di inanità e frustrazione. Ad esempio le “funzioni strumentali” al piano dell’offerta formativa ricevono poche centinaia di euro netti a fronte di un impegno che supera le cento ore annuali. Umiliante. In generale, aleggia la tacita intesa che le ore davvero coperte dal MOF per progetti, attività, incarichi, siano figurative, perché copriranno solo una parte di quelle realmente prestate. Non è bello che nella gestione di enti pubblici tanto importanti si debba procedere non secondo realtà ma sulla base di finzioni. L’ultimo colpo l’ha inferto proprio il contratto del gennaio 2024: Ministro e Sindacati si sono felicemente accordati per incrementare del 10% il compenso orario per tutte le prestazioni remunerate a MOF, il cui ammontare, però, è rimasto invariato!
6 COORDINATORI DI CLASSE. La vita degli studenti si svolge entro un organismo umano di straordinaria complessità e delicatezza: la classe. Ogni classe, per “funzionare” bene, dev’essere monitorata, seguita, guidata: in una parola, necessita di un docente “coordinatore” che attui il collegamento costante tra alunni, famiglie, corpo dei docenti e dirigenza. Ma, per quanto sia incredibile, nel nostro ordinamento scolastico questa figura non c’è. Il preside si avvale dell’istituto generale della delega per assegnare a ogni classe un coordinatore; il docente individuato, d’altronde, può sempre rifiutarsi di assumere un incarico non previsto e disciplinato dalle leggi, né tanto meno compensato in modo certo e congruo. Al solito, qualche briciola la si ricava dallo smunto MOF: una decina di ore circa, a fronte di un compito gravoso e delicatissimo che si snoda per tutti i giorni dell’anno scolastico. E pure la recente introduzione del tutor d’orientamento è stata un’occasione mancata: cogliendo l’occasione propizia degli obblighi comunitari, si poteva introdurre il coordinatore di classe ed affidargli anche i compiti del tutor d’orientamento.
7 DSGA. Mentre lo stato giuridico ed economico dei dirigenti scolastici è notevolmente progredito negli ultimi anni, lo stesso non può dirsi per l’altra figura apicale, il direttore dei servizi generali e amministrativi (“DSGA”). Il DSGA svolge “attività di rilevante complessità ed avente rilevanza esterna” ed è responsabile diretto di tutto il personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA), ma è ancora privo del giusto riconoscimento professionale ed economico. Le procedure di reclutamento sono insoddisfacenti, ìmpari la retribuzione rispetto alla mole immensa di compiti e responsabilità: il DSGA non è inquadrato né valorizzato in modo adeguato alle sue funzioni. In certi casi le conseguenze di tutto ciò sulla vita concreta di un’istituzione scolastica sono drammatiche.
8 PERSONALE ATA. In sintesi: nelle scuole sono pochi gli assistenti amministrativi, pochi i collaboratori scolastici, pochi gli assistenti tecnici! Ne consegue che: gli uffici di segreteria di scuole che in media sempre più grandi (accorpate) e gravate di compiti, stentano a tenere il passo; la sorveglianza degli alunni e la pulizia dei locali rischiano sempre di venire compromesse; la “scuola dei laboratori”, tanto generosamente finanziata dal PNRR, resta sguarnita dei tecnici necessari.
9 PRESÌDI IN RETE. Nelle scuole di oggi urgono “presìdi” in grado di fornire assistenza giuridica (per prevenire sul nascere i diversi e frequenti rischi di contezioso), supporto psicologico (non solo agli allievi, ma ad ogni unità di personale occorre potenzialmente un sostegno nel corso della sua impegnativa attività), competenze per la gestione quotidiana della sicurezza. Tutto ciò può essere svolto in modo ottimale in rete: ma costituire reti funzionanti esige, oltre ad una forte intesa, la disponibilità di risorse finanziarie adeguate: avvocati, psicologi e ingegneri, per fornire un servizio continuo e di qualità, presentano parcelle che i fondi del funzionamento ordinario non possono coprire. Lo Stato deve stanziare risorse non sporadiche ma sistematiche per attivare tali presìdi vitali.
10 FORMAZIONE. Il vero motore d’innovazione e fondamento di efficacia sarebbe la formazione in servizio, che per i docenti, secondo legge, è “obbligatoria, permanente e strutturale”. Nella realtà l’obbligo della formazione in servizio è imbrigliato da clausole che come tanti guinzagli e mordacchie lo sviliscono e bloccano. Di solito, proprio gli insegnanti con il bisogno di formazione maggiore, la sfuggono ed evitano; e il dirigente scolastico – “responsabile dei risultati del servizio” – nulla può fare.
Le dieci problematiche qui riassunte, proprio perché tecniche e interne al mondo della scuola, potrebbero non essere evidenti agli occhi dei non addetti ai lavori e forse, oso pensare, anche di non pochi decisori romani; sono del tutto evidenti ai presidi che ne sopportano ogni giorno le conseguenze concrete. La presa di coscienza delle criticità e la volontà di allocare alla scuola risorse adeguate ne sarebbero gli ovvi rimedi. Ma, con gli angosciosi orizzonti di riarmo che si profilano, quei decisori riusciranno a tenere salda la rotta verso un futuro di civiltà e speranza, di cui la Scuola è la garanzia più forte e sicura?
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