Cerca
Virgole Golose
05 Gennaio 2025 - 06:24
Cocktail
C’è un aureo libretto di Luigi Veronelli, sommo scrittore non solo italiano di gastronomia del XX secolo, al quale sono particolarmente legato: “I duecento cocktails”. Oh, io lo so che in Italiano le parole straniere non si volgono al plurale, ma se Veronelli scrive “cocktails”, nel titolo, per di più, chi sono io per emendarlo?
La recensione di quel prezioso volumetto fu il mio primo articolo pubblicato su un quotidiano, il purtroppo scomparso Corriere del Giorno, mezzo secolo fa (abbondante: eravamo tra febbraio e marzo del 1974). Molto più che un ricettario (anche se le ricette c’erano, eccome), un manuale filosofico e scientifico sulla miscelazione alcoolica (io continuo a scrivere alcool e derivati con due o: non capisco questa mania di contrazione). Da allora, ho letto, prestato, perduto molte decine di libri sui cocktail, ma quello di Veronelli resta una pietra miliare. Ne traemmo ispirazione, io e tutta la mia ampia e variegata comitiva adolescenziale dell’epoca, per organizzare autentici cocktail party, ma anche per abbandonare la nefasta pratica delle sfide a chi tracannava più alcoolici.
Ci eravamo infatti appassionati ai vini, alle birre, ai distillati, ai cocktail. Ma con la tipica esagerazione degli anni giovanili, in modo smisurato. Talvolta si svolgevano gare di resistenza alcoolica – gli adolescenti ne fanno da sempre, il che già è un problema; il guaio è che alcuni continuano anche dopo... – che sfociarono in una sorta di codificato campionato: bere tipi differenti di alcoolici è notoriamente il miglior sistema per ubriacarsi e star male da cani.
Bene, il nostro campionato ad eliminazione diretta prevedeva sfide a colpi di bicchierini di differenti distillati. Quando non ci bastò più sfidarci a colpi di distillati o liquori, saltando a piè pari i cocktail codificati escogitammo l’arma finale: un intruglio miscelato capace di stendere chiunque. Una volta decisamente esagerammo. Era estate, e la nostra disfida si svolse in riva al mare, in una caletta fra gli scogli del tiro a volo. Furono decisamente bevute omeriche. Tornammo non si sa come incolumi in città assistiti dal dio degli adolescenti e degli ubriachi. Ma per due/tre giorni soffrimmo atrocemente. Intanto l’unico astemio del comitivone si era dedicato a mettere in giro pettegolezzi sessuali, col solo scopo di seminare zizzania, inventando flirt ed accoppiamenti (mai avvenuti), specie fra quanti e quante avevano il partner quella sera assente.
Per quanto false, le insinuazioni fecero danni. Ma furono soprattutto la nausea e il prolungato malessere provocato dalla grande sbronza che ci convinse a smetterla con l’assurdo andazzo. Che gusto c’era a star male? Fu così che ebbero provvidenzialmente fine le sfide alcooliche ed il campionato dei cocktail, mentre il manuale di Veronelli diventava la nostra Bibbia, la nostra guida al bere, poco, bene e responsabilmente. Per quanto il bere miscelato affondi le sue radici nell’Antichità (i vini speziati dei Greci e dei Romani ne sono ottimo esempio), è solo con l’avvento dei distillati, e poi dei bar, che si può cominciare, alla fine del ‘700, a parlare di cocktail (anche se alcune, primitive, ricette, non col nome di cocktail, risalgono addirittura al ‘600): “una bibita stimolante – la definisce nel 1806 il periodico americano The Balance – composta di liquidi alcoolici di assai diverse qualità”.
Quanto all’etimologia (in Inglese la parola vuol dire coda di gallo), gli esperti non sono riusciti, in oltre duecento anni a mettersi d’accordo. La definizione del cocktail data da Veronelli è forse troppo restrittiva: acquavite “modificata” e ghiacciata. Ma è ottima base di partenza per sviluppare “scientificamente” nuovi cocktail. Nascono così “famiglie” di cocktail, che possono produrre modifiche f in quasi all’infinito. Veronelli fece un’altra, discussa operazione (siamo agli inizi degli anni ’60): operò drastiche modifiche nelle proporzioni del cocktail classici, a cominciare da uno dei più noti, l’Alexander. La formula storica attestata per la prima volta nel 1914 è semplice (ed è anche molto gradevole): un terzo di Cognac (nella variante americana sostituito dal gin), un terzo di crema cacao, un terzo di crema di latte.
Secondo Veronelli, si trattava di un cocktail “mostruoso”, e prescriveva di riformularlo con 4 – 5 parti di Cognac, 1 parte di crema di cacao, 1 cucchiaio di crema di latte. L’IBA, International bartenders association, l’Accademia di Svezia del bere miscelato, che cura dal 1961 periodiche codifiche dei cocktail, se in qualche caso ha ceduto alle rivisitazioni di Veronelli (più acquavite, meno modificanti) sull’Alexander ha però tenuto duro. Si serve nella coppetta Martini, e lo si completa con una grattugiata di noce moscata o di cioccolato fondente. Acquavite modificata e ghiacciata: ma allora i wine cocktails ed i punch da servire bollenti? Storia parallela, per Veronelli, che li ammette come “eccezioni”.
I più letti
Video del giorno
Testata: Buonasera
ISSN: 2531-4661 (Sito web)
Registrazione: n.7/2012 Tribunale di Taranto
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Piazza Giovanni XXIII 13 | 74123 | Taranto
Telefono: (+39)0996960416
Email: redazione.taranto@buonasera24.it
Pubblicità : pubblicita@buonasera24.it
Editore: SPARTA Società Cooperativa
Via Parini 51 | 74023 | Grottaglie (TA)
Iva: 03024870739
Presidente CdA Sparta: CLAUDIO SIGNORILE
Direttore responsabile: FRANCESCO ROSSI
Presidente Comitato Editoriale: DIEGO RANA