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31 Ottobre 2024 - 11:11
Da destra: Piero Conte, Tonino Conte e Salvatore Conte
Presentato con successo l’altra sera, nella splendida cornice offerta dal piano superiore del castello D’Ayala Valva di Carosino, l’attesissimo libro su Ciro Giuseppe Conte. Il lavoro, amabilmente e tenacemente scritto da Giovanni Carafa per le edizioni E.P.D’O. di Oristano, ha notevolmente impreziosito una serata, nella quale i ricordi e le emozioni l’hanno fatta da padrone per tutti i presenti.
Parlare di Ciro Conte, anzi di Giruddu, non è cosa assai facile per diversi ordini di motivi. Giruddu, infatti, a modo suo e allargando un attimo l’ottica della sua vicenda umana, potrebbe a ben vedere rappresentare persino una archetipa forma culturale paesana, nel senso più positivo e nobile del termine. E’ stato anche definito menestrello, forse facendo riferimento ai famosi giullari di corte di una volta, per l'ilarità che riusciva a generale nei diversi consessi familiari e sociali che frequentava o nei quali veniva invitato. Tuttavia, personalmente ritengo tutto ciò assai riduttivo e forse pure fuorviante la vera intrinseca natura di Giruddu. A questo punto verrebbe quasi da chiedersi: qual è stata, allora, la vera forza caratterizzante Giruddu il quale, nel tempo, è divenuto un vero e proprio personaggio molto conosciuto e apprezzato dalle nostre parti?
Innanzi tutto verrebbe da dire la semplicità dell’essere. Quella semplicità popolana molto profonda quanto importante la quale, come si diceva prima, è sicuramente rappresentativa di una sorta di archetipo umano che ha permeato, dalle nostre parti, molte delle generazioni giovani-adulte del dopoguerra. Ma non solo, a ben vedere, in Giruddu c’è molto altro ancora. A cominciare da quella apparente spensieratezza con cui affrontava il duro lavoro, il portare avanti la famiglia o le svariate problematiche della stessa collettività a lui coeva. Tutto ciò ha sicuramente contribuito a quel suo successo positivo tra le persone, in particolare quelle che hanno avuto la possibilità d’incontrarlo e conoscerlo personalmente.
Le sue stornellate allora, scrostate della loro superficialità, non sembrano appartenere a semplici liriche melodiose, ma appaiono, invece, sottintendere molto altro di più. Esse rappresentavano in realtà un vero e proprio modo di intendersi, anzi di sottintendersi tra le persone (soprattutto maschi e femmine ma non solo, anche femmine-femmine e maschi-maschi), scambiandosi reciprocamente la battuta, mantenendo il tempo ritmico tipico dello stornello. A volte il tutto era persino amabilmente strutturato a canovaccio, senza cioè una vera e propria trascrizione linguistica o musicale precedente redatta che ne restringesse il campo interpretativo.
In molti casi, inoltre, gli stornelli rappresentavano dei veri e propri messaggi allusivi e subliminari (per dirla all'odierno modo), soprattutto se valutati in termini di seduzione amorosa (tra uomini e donne). Ovvero, sempre a voce stornellata, quando venivano indirizzate le cosiddette “pizzogne” (una sorta di stilettata a parole in gergo dialettale indirizzate molto spesso ai parenti impicciosi e/o arroganti di turno). Un grande elogio a Giruddo, quindi, concretizzato da parte dei tre figli Piero, Salvatore e Tonino, che hanno in questo modo voluto ricordare il proprio genitore Giruddu. Vi è stato un grande contributo al libro di che trattasi attraverso l’elargizione a piene mani fornite allo scrittore Giovanni Carafa, di aneddoti, fotografie e filmati relativi al proprio padre.
Alla fine di tutto, rimane l'indubbia capacità dell’autore Giovanni Carafa il quale, nel libro da lui scritto su Giruddu lu monucu, ci ha consegnato diverse narrazioni sul nostro, alcune delle quali addirittura virgolettate. Sono proprio quest'ultime che, tra le tante altre, hanno dato al lettore la possibilità di assaporare la vita viva di una persona e, al contempo, di due comunità vicinore: quella sangiorgese e quella carosinese.
(Giruddu lu Monucu – La gioia di vivere, E.P.D’O edizioni, pag. 285 (completo di cd).
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