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Virgole Golose

La modernità delle carni

Il nostro viaggio nel ‘600 di La Varenne

La modernità delle carni

La modernità delle carni

François Pierre detto La Varenne è considerato dagli storici della gastronomia il “fondatore” della cucina moderna (oh, intendiamoci: moderna nel senso che viene dopo il Medio Evo e il Rinascimento; non contemporanea, dunque).

 

Nella sua epoca, che il Grand Siècle dello splendore della Francia fu apprezzato ma anche combattuto. Nel suo Cuciniere francioso espone la materia cucinaria con metodo che taluni si sono azzardati a definire, con un pizzico di esagerazione e di sciovinismo, “cartesiano”. Permane nel trattato la rigida partizione fra il ricettario per i giorni di grasso e quello per i giorni di magro (con un intero capitolo che segue le ancor più rigide norme per i cibi da servire nel Venerdì Santo), ma per il resto il testo è moderno; fornisce indicazioni per le salse base e per i brodi (compresi alcuni che noi definiamo “fondi”) nei quali si cuoceranno i “potaggi”e poi una serie di variazioni sul tema di arte combinatoria. Una parte importante viene dedicata, ovviamente, alle carni.

 

In alcune di queste ricette la distanza rispetto ai gusti del Rinascimento (altrove minima, cosa che gli verrà rimproverata e rinfacciata anche aspramente da suoi invidiosi emuli già pochi anni dopo la pubblicazione del manuale) è siderale: sembra semmai riecheggiare la semplicità archestratea. Il fagiano. “Bianchitelo sul fuoco, cioè passatelo sulla griglia, con collo, testa e coda e una delle ali. Lardellatelo con lardo grasso, avvolgete la parte spiumata in carta imburrata e cuocetelo. Togliete la carta e servite”. Per “bianchire” si intende una leggerissima pre-cottura: o in acqua bollente o, come in questo caso, sulla fiamma. Il leprotto. “Preparatelo per la cottura [spellandolo ed eviscerandolo], bianchitelo sul fuoco, cospargetelo col [suo] sangue, lardellatelo e infilatelo in uno spiedo. Una volta cotto, servite con salsa peverata o salsa dolce”.

 

La quaglia. “Preparatela per la cottura e bianchitela sul fuoco; poi lardellatela con un lardello e copritela con foglie di vite”; quindi mettetela a cuocere bene e servitela subito.

 

Il cappone. “Dopo averlo preparato con cura [spiumato ed eviscerato], se è molto grasso” cuocetelo al cartoccio, “avvolgendolo in carta imburrata, mettendo all’interno una cipolla piccata [con chiodi di garofano], sale e poco pepe”.

 

Agnello. “Se è grasso, va arrostito ben bene e quindi cosparso con mollica di pane, poco sale e prezzemolo”; completata la cottura si serve.

 

Cinghialetto. “Spellatelo fino alla testa, preparatelo per la cottura [eviscerandolo] e bianchitelo sul fuoco. Tagliategli le zampe, lardellatelo, mettetevi dentro foglie d’alloro o erbe aromatiche. Arrostitelo e servite”.

 

Coniglio giovane. “Preparatelo per la cottura [spellandolo ed eviscerandolo], bianchitelo sul fuoco, piccatelo [con lardelli] e arrostitelo con sotto dell’agresto [in una leccarda, per utilizzarlo, insieme al sugo di cottura, per inumidire l’arrosto?]. A fine cottura potete aggiungere nel coniglio sale un po’ di pepe e succo d’arancia ben mescolati”.

 

Allodola. “Spumatela ed evisceratela, bianchitela, lardellatela e infilzatela in uno spiedo; mettete al fuoco con sotto [in una leccarda] fette di pane tostato e una salsa fatta con agresto, poco aceto, cipolla e scorza d’arancia”.

 

Quaglia regina. “Si prepara allo stesso modo dell’allodola, ma senza svuotarla”.

 

Quagliette. “Si avvolgono in foglie di vite, se è stagione”; e si cuociono allo spiedo.

 

Lombata di cervo. “Spellatela, piccatela con lardo e cuocetela allo spiedo. Servite con salsa peverata”.

 

Ortolano. “Una volta preparato per la cottura legando le cosce e le ali [per rendere più “compatto” il piccolo passeraceo, il cui consumo ormai è vietato nell’Unione Europea], va lardellato nella parte inferiore con lardo e foglie di vite. In primavera, svuotatelo”. Mettete ad arrostire e servitelo ben cotto.

 

Oca selvatica. “Una volta preparata per la cottura, bianchitela sul fuoco, lardellatela solamente sulle ali e sulle cosce con rosette di lardo, arrostitela e servite”.

 

Filetto di capriolo. “Lardellatelo e fatelo arrostire avvolto in carta imburrata”. Servitelo con salsa peverata.

 

Costolette di montone in umido. Le costolette vanno infarinate e fatte rosolare in padella con burro o lardo fuso; la cottura prosegue a fuoco lento in un buon brodo [di carne], con un mazzetto aromatico e capperi. Aggiungere in cottura una salsa fatta con farina appena passata nel lardo fuso, con una cipolla tritata e un filo d’aceto. Si possono servire picchiettate di prezzemolo e, volendo, spruzzate con un po’ di agresto.

 

Fegato di vitello. Va lardellato con lardo non troppo grasso e infilzato in uno spiedo già caldo; durante la cottura sul fuoco va innaffiato con una peverata a base di cipolline, sale, cipolle piccate con chiodi di garofano pepe e un po’ di brodo; quindi va fatto cuocere in tegame a fuoco lento nella stessa salsa [quella recuperata con una leccarda e altra preparata a parte] e va servito, intero o a fette, con la salsa, “legata con gli ingredienti che più vi piacciono”.

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