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Virgole Golose

Riflettori sul “Grand Siecle”

I trattati gastronomici del Seicento francese: una storia che merita di essere raccontata

Versailles, Francia

Versailles, Francia

A livello simbolico e paradigmatico, il trionfo della cucina francese nel XVII secolo si riassume nel nome di Vatel. Ma chi furono i veri artefici della gloria gastronomica del Grand Siècle? Intanto Enrico IV, Luigi XIII e Luigi XIV, che stabilizzarono la Francia e la portarono ad una posizione di dominio sul continente. Poi, più di loro, i due grandi primi ministri, veri artefici del successo della Francia, i due cardinali: Richelieu e Mazzarino. E intorno a loro una serie di mobili e dignitari d’alto lignaggio, con i loro maestri di palazzo, scalchi e chef.

Furono loro a fare della tavola (non solo della cucina, ovviamente; ma la cucina in sé ebbe anche un ruolo rilevante in questa affermazione di potenza) un formidabile instrumentum regni; non soltanto ostentazione, ma anche teatro di diplomazia gastronomica, fino a diventare con l’assolutismo simbolo del legame diretto fra il re ed il suo popolo. Paradossalmente, proprio con l’assolutismo (dopo la morte di Mazzarino il Re Sole non avrà più un primo ministro), la vita privata del re divenne (quasi) completamente pubblica. Inclusi i due principali pasti della giornata, che Luigi prende da solo (in qualche caso in compagnia della regina e dei figli), nel meraviglioso palazzo di Versailles, che ha voluto edificare lontano dalla città, accentrandovi corte e cortigiani per reciderne i legami con i territori, ma dinanzi ai cortigiani, con una messinscena altamente teatrale (ma, attenzione, Luigi XIV era un gran mangiatore, e non si accontentava della “scenografia”).

Poi c’erano feste e ricevimenti, nei quali trionfa lo splendore coreografico ma anche la cucina; con la consacrazione di nuovi piatti, che sovente portano il nome di grandi dell’aristocrazia. Il Seicento è anche il secolo nel quale appaiono dopo più di un secolo e mezzo trattati francesi di cucina, gastronomia, alimentazione in senso più vasto, iniziando a tralasciare gli aspetti medico-dietetici. Quello che si imporrà subito, e che ebbe grande rilevanza (accresciuta poi storicamente), sarà il Cuisinier François (Il Cuciniere Francioso, o Il Cuciniere Francesco) di François Pierre, più noto come La Varenne, scudiero di cucina del marchese d’Uxelles (1651). Seguirà fra il 1651 e il 1654 Le Jardinier François, col suo seguito Les Délices de la Campagne (Il Giardiniere Francese; Le Delizie della Campagna), di Nicolas de Bonnefons, valet de chambre di Luigi XIV, agronomo che valorizza il ruolo dei vegetali, alberi da frutta, verdure, erbe e quant’altro; opera in tre parti: la prima descrive gli alberi da frutto e le cure di cui hanno bisogno; la seconda è dedicata a verdure, erbe e frutti della terra: fragole, lamponi, uva spina, funghi diversi, spugnole, tartufi; l’ultima presenta ricette di conserve, frutta secca, marmellate e gelatine, frutta, pasta di mandorle e amaretti.

Bonnefons esprime il precetto – autenticamente rivoluzionario rispetto al Medio Evo ed al Rinascimento – secondo il quale “il potaggio di cavoli deve sapere completamente di cavolo, quello di porri di porro, quello di rape di rapa, e così via”. Sarà Bonnefons a raccomandare di cuocere i legumi con tutto il baccello, per sgranarli dopo la cottura; metodo indispensabile per gustare al meglio i piselli verdi freschi dei quali il Re Sole era ghiottissimo. Nel 1656 Pierre de Lune, scudiero di bocca del duca di Rohan, nipote di Sully, dà alle stampe Le Cuisinier (Il Cuciniere), nella linea di rinnovamento intrapresa da La Varenne. Alcuni attribuiscono proprio a lui l’adozione del “paquet” (il predecessore del “bouquet garni, il mazzetto aromatico) per aromatizzare in luogo delle spezie i brodi e le salse e persino il roux, la preparazione (base per altre salse) di farina cotta nel burro, entrambi in realtà già utilizzati da La Varenne.

Ferocemente avverso a La Varenne, al quale rimprovera di essere ancora legato alla “lordura medievale”, è l’anonimo autore de L’Art de bien traiter (L’arte di ben trattare) (1674), che si cela dietro la sigla L.S.R.: è probabilmente un “ufficiale di bocca” di qualche casa nobiliare, che per farsi propaganda attacca a testa bassa il suo illustre predecessore (ma non riuscirà a scalfirne la popolarità né le ristampe) accusandolo di “assurdità e lezioni disgustose” e di contravvenire alle regole del gusto che aveva esposto. Comunque le ricette di L.S.R. sono meno “di rottura” rispetto a quelle pubblicate un quarto di secolo prima da La Varenne di quanto l’anonimo pretenda, per quanto siano un po’ più “moderne”.

Nel 1691, infine, François Massialot pubblica un testo molto importante, anche per i destinatari esplicitati fin dal titolo: Le Cuisinier roïal et bourgeois; qui apprend a ordonner toute sorte de repas en gras & en maigre, & la meilleure maniere des ragoûts les plus delicats (Il Cuciniere reale e borghese; che insegna ad organizzare ogni sorta di di pasto di grasso e di magro, ed il miglior modo di preparare i condimenti più delicati). Il Terzo Stato s’affaccia adesso nei trattati gastronomici.

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