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Virgole Golose

La rivoluzione di La Varenne

Il nostro viaggio nell’affascinante Francia del XVII secolo, tra storia ed arte culinaria

Viaggio nell’affascinante Francia del XVII secolo

Viaggio nell’affascinante Francia del XVII secolo

La Francia del Seicento (XVII secolo, a scanso di equivoci) è ben differente dal Paese affamato, dilaniato dalle guerre di religione, che all’inizio del secolo aveva trovato Maria de’ Medici, andata sposa ad Henry IV. Il re muore assassinato nel 1610 ed inizia la reggenza dell’italiana, perché il nuovo re, Louis XIII, ha solo otto anni e mezzo. Per quanto stretta nella morsa absburgica, e per quanto continui ad essere travagliata da discordie interne anche armate, è nel Seicento che la Francia diventa la massima potenza continentale.

Emancipatosi dalla reggenza di Maria, Luigi XIII, come è noto in Italia, specie da quando si affida al suo primo ministro, il cardinal Richelieu, guida la Francia alla conquista dell’egemonia, ridimensionando quella degli Absburgo. E se Maria, sulla scorta di Caterina de’ Medici, regina di Francia ed accreditata dalla leggenda, persino nella Francia sciovinista, di aver praticamente creato la cucina francese dopo essere andata sposa ad Enrico II alla metà del Cinquecento ed aver esercitato la reggenza dal 1560 al 1574, ha ulteriormente raffinato la cucina francese, Luigi XIII era un buongustaio, amante della cucina e, a quanto pare, anche cuoco dilettante ma abile.

Alla corte della regina Maria avrebbe fatto il suo apprendistato un giovane cuoco, François Pierre, poi scudiero di cucina del marchese d’Uxelles, esponente della piccola nobiltà. Più noto col nome d’arte di La Varenne, François Pierre, classe 1618, pubblicherà nel 1651 un trattato considerato l’atto fondativo della grande cucina francese, il preannuncio (anche se ancora cauto in molte sue ricette, come gli sarà rimproverato da invidiosi pamphlettisti anni dopo) di una autentica rivoluzione coquinaria che rompe decisamente il lungo predominio della gastronomia italiana: Le Cuisinier François, ovvero Il Cuciniere Francioso, o anche Cuciniere Francesco, come suona in traduzione italiana (anche se le prime versioni banalizzarono, e fraintesero, in un semplicistico Il Cuoco Francese, come suona la prima edizione in Italiano, 1682). Primo manuale di cucina pubblicato in Francia dopo oltre un secolo di silenzio, il Cuciniere di La Varenne conobbe in breve tempo un numero spropositato di edizioni pirata e di traduzioni (alcune delle quali utilizzarono il suo titolo ma avevano un contenuto totalmente differente), spodestò i manuali italiani ed entrò nell’immaginario collettivo, tanto da essere citato da Molière in una sua commedia.

Beninteso, la frattura con la cucina medievale e rinascimentale non è ancora netta: diminuiscono la quantità e la molteplicità delle spezie, in favore delle erbette e di vegetali che entrano nelle ricette (cosa che peraltro in Italia si faceva da tempo ma che in Francia non aveva mai sfondato), mentre resta forte l’uso della “spezia” tipica del Rinascimento, lo zucchero. Cosa che ci fa sentire La Varenne ancora lontano dai nostri gusti. D’altra parte, l’introduzione del mazzetto aromatica nella preparazione dei brodi, l’inizio della separazione fra i piatti dolci e quelli salati, la sostituzione degli altri grassi col burro e la (cauta) introduzione di derrate alimentari provenienti dal Nuovo Mondo segnano davvero un salto di qualità; così come la forte, scientifica attenzione data ai fondi, dai quali parte una vera e propria ars combinatoria; così come frutto di una raffinata arte combinatoria è la salsa vellutata che ottiene mescolando ad uno dei suoi brodi il roux, miscuglio di farina e burro a vario grado di cottura, usato come addensante per le salse. Ma, forse, il vero e proprio salto di qualità che fa del Cuciniere Francioso un manuale “nuovo” è che viene abbandonato, tranne qualche isolata sopravvivenza, ogni riferimento alla medicina.

Sopravvive semmai la distinzione – nella cattolicissima Francia d’altra parte più che obbligata – fra ricette per giorni di grasso e ricette per giorni di magro: spesso le stesse, con la sostituzione della carne con il pesce e degli addensanti, dove al latte di mandorla, che era il legante di magro per eccellenza del Medio Evo, si aggiungono adesso i funghi tritati e il brodo di piselli. Che non sono i piselli mangiatutto, le taccole, quelli cioè che si mangiano col baccello, ma la novità venuta dall’Italia: i pisellini verdi, freschi e sgranati, per i quali la nobiltà – le nobildonne, soprattutto – svilupperanno una passione travolgente. Secondo Jean-François Revel, la nuova cucina che in qualche modo nasce col Cuciniere Francioso nasce all’insegna del pensiero critico e del discorso sul metodo, quello che Cartesio premette ai suoi saggi scientifici.

Un metodo che d’ora in poi gli chef si ingegneranno di introdurre in cucina, che presuppone idee chiare e distinte, come distinti devono essere gli ingredienti, abbandonando man mano i miscugli ed i pasticci tanto cari al Medio Evo ed al Rinascimento. Per dirla con un cuoco e trattatista coevo di La Varenne, Nicolas de Bonnefons, “bisogna che il pottaggio di cavoli sappia di cavolo, quello di porri di porro e quello di rape di rapa”.

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