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Virgole Golose

XVII sec.: la Francia passa al comando

Dopo secoli di primato italiano il popolo francese prende il comando nel campo della cucina

Il matrimonio di Maria de’ Medici con Henry IV, re di Francia

Il matrimonio di Maria de’ Medici con Henry IV, re di Francia

Dopo secoli di indiscusso primato Italiano – solo gli sciovinisti francesi possono aver sostenuto che Taillevent sopravanzasse gli Italiani – nel XVII secolo, complice anche la sua potenza politica, parallela al declino politico, economico e militare delle corti italiane, troppo piccole per reggere l’urto delle grandi potenze continentali, la Francia passa al comando nel campo della cucina; primazia che reggerà nel tempo.

Fra mito e realtà storica, un evento epocale può essere considerato, proprio nell’anno 1600 che inaugura la numerazione del nuovo secolo (sì, lo so che il 1600 è l’ultimo anno del XVI secolo e non il primo del XVII, per questo parlo di numerazione), il sontuoso, sfarzoso, iper-tecnologico banchetto di nozze organizzato in Firenze per il matrimonio (per procura) di Maria de’ Medici con Henry IV, re di Francia passato alla storia per due celebri frasi: “Parigi val bene una messa”, pronunciata per “giustificare” la propria conversione al cattolicesimo, in vista dell’incoronazione reale, e l’auspicio (non realizzato) che, almeno alla domenica, anche ogni contadino potesse avere un pollo in pentola.

Considerato in effetti una leccornia, nella Francia impoverita e frugale del XVI secolo. Quando la sfarzosa delegazione fiorentina che accompagnava la nuova regina di Francia, infatti, sbarcò a Marsiglia, si scontrò con l’ostilità, gli assalti e le ruberie dei marsigliesi, che, come ricorda Giuseppe Maffioli nella sua “Storia piacevole della gastronomia”, trovavano provocatorio il loro lusso. Ma non era solo questione di portuali o abitanti di una città periferica: nelle memorie del duca di Angoulême la ristrettezza delle mense regali di quel periodo, in una Francia stremata dalle guerre civili fra cattolici e protestanti (gli “ugonotti”, fra i quali aveva peraltro militato lo stesso futuro re), è evidenziata. E lo stesso sovrano, quando le dispense piangevano, si auto-invitava alla tavola dei più ricchi suoi cortigiani. Ma torniamo al banchetto fiorentino, in occasione del quale fu composto e rappresentato il primo melodramma, l’Euridice di Ottavio Rinuccini (versi) e Jacopo Peri (musiche). Il Giambologna e i suoi assistenti avevano modellato un gran numero di statue di zucchero.

E Bernardo Buontalenti aveva realizzato macchine sceniche che produssero spettacolari effetti che fecero pensare alla magìa, in quel periodo pericolosamente apparentata con la stregoneria; tanto che fu il granduca in persona ad illustrare al legato pontificio il funzionamento, assolutamente ed esclusivamente “scientifico” e meccanico, delle tavole che scomparivano e riapparivano, delle nuvole che cadevano dal cielo, si aprivano rivelando divinità pagane e tornavano in cielo... e poi cortei e danze a Palazzo Vecchio... Ma in mezzo a tutte queste meraviglie e sinestetiche opere d’arte, veniva celebrata anche l’arte coquinaria? Per dirlo terra terra, si mangiava “bene”? Insieme con l’abbondanza (furono serviti a tutti i convitati 24 piatti freddi e 30 piatti caldi; per chi sedeva nelle tavole alte, riportano le cronache, anche altri piatti caldi e freddi “alquanto diversi dai precedenti”) c’era la qualità, eccome (e persino, per riguardo agli ospiti venuti di Francia, piatti alla moda transalpina, elaborati da tre cuochi francesi aggregati alla brigata capeggiata da Giulio Sanese), esaltata dalla presentazione: fra i piatti freddi insieme con gli ormai antichi ma sempre prestigiosi pavoni rivestiti del loro piumaggio c’erano i ben più saporosi “galli d’India”, ovvero tacchini, “affagianati, in foggia d’Idra, e guarniti”; alle fortezze piene d’uccelletti vivi, eredi dei pastelli volativi, ed alla “gelatina a campana con pescie vivo dentro”, piatti a sorpresa non mangiabili, c’erano pasticci di vitella a forma di liocorno, lamprede piene di crema, pollastri armati di pere, cinghiale in vino ecc.

Quanto al servizio di cucina (i piatti caldi), prevedeva tra l’altro ortolani con fette di pan dorato; l’ortolano è un passeraceo di piccole dimensioni, le cui caccia e consumazione sono vietate in Europa dal 1999, e che nondimeno, con un particolare e crudele metodo di preparazione ed inquietante rito di degustazione, è per quanto illegale molto apprezzato in Francia da politici e grandi chef, in nome non solo della tradizione che risale al Medio Evo ma anche del gusto, “divino” a detta di chi abbia potuto provarlo... l’uccellino viene rinchiuso in una scatola di cartone, dove si ingozza di cibo fino a raddoppiare le sue esigue dimensioni; quindi viene annegato nell’Armagnac, spennato, e fatto rosolare intero – senza eviscerarlo – in abbondante burro. Il modo tradizionale di degustarlo vuole che ci si copra il capo con un grande tovagliolo, e quindi si “sorbisca” l’uccellino tutto intero, sputando poi le ossa; il tovagliolo sul capo serve a nascondere agli altri commensali il modo un po’ disgustoso di ingoiare l’uccelletto ed eventualmente sputarne gli ossicini, ma anche a concentrare i profumi dell’Armagnac e della rosolatura nel burro.

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