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Virgole Golose
24 Marzo 2024 - 06:53
Il digiuno quaresimale
Siamo nella fase culminante della Quaresima: Domenica delle Palme, inizia per i cattolici la Settimana santa, che si conclude il Sabato santo, quest’anno il 30 marzo. Il 31 si celebra la Pasqua di resurrezione, data che coincide con quella delle Chiese riformate, anche note come protestanti (la Chiesa ortodossa, che segue il calendario giuliano e non quello gregoriano, festeggia quest’anno la Pasqua il 5 maggio).
Come abbiamo avuto modo più volte di osservare, il Cristianesimo, a differenza delle due altre grandi religioni monoteiste, Ebraismo ed Islam, ma anche dell’Induismo e di altre confessioni, non conosce tabù alimentari, e nemmeno, quanto al Cattolicesimo, impone più veri e propri precetti di digiuno e/o di astinenza, come quelli che a partire dal Medio Evo separavano rigidamente i giorni di grasso e quelli di magro, anche se tanto il Concilio ecumenico Vaticano II quanto costituzioni apostoliche e note pastorali dell’episcopato italiano hanno ribadito più volte che “per legge divina tutti i fedeli sono tenuti a far penitenza”. Che non necessariamente si sostanzia nell’astinenza dalle carni, prescritta semmai per i venerdì di Quaresima nonché per il mercoledì delle Ceneri ed il Venerdì santo, che sono anche giorni di digiuno (che non è un digiuno assoluto ma prevede un unico pasto nelle 24 ore, e al limite l’assunzione di un po’ di alimenti al mattino e alla sera, senza carni e senza bevande o cibi particolarmente ricercati o costosi, novità, quest’ultima introdotta nel 1994 e che sana una antica controversia sollevata già da Abelardo un millennio fa: che senso ha considerare penitenziale il consumo di pesci costosi, rari, preparati sontuosamente e peccaminoso per un povero masticare un pezzetto di lardo o di carne secca, magari in assenza di altre derrate?).
Nei venerdì del resto dell’anno dovrebbe essere praticata l’astinenza dalle carni, che però può essere sostituita, “in tutto o in parte da altre forme di penitenza, soprattutto opere di carità ed esercizi di pietà” (costituzione apostolica “Poenitemini”). Più rigide sui periodi di digiuno sono le Chiese Ortodosse, mentre quelle Evangeliche (protestanti) considerano il digiuno un fatto personale e privato del credente. Dal 1966, all’astinenza sono tenuti coloro che hanno compiuto il quattordicesimo anno di età (in precedenza già dai 7 anni), al digiuno tutti i maggiorenni fino al sessantesimo anno, con l’esimente dei motivi di salute. Per i cattolici la nota pastorale “Il senso cristiano del digiuno e dell’astinenza” (4 ottobre 1994) richiama, come un precedente messaggio, a “mettere ordine nei nostri desideri, vincendo l’abbandono agli istinti e alle sollecitazioni del consumismo e dell’edonismo, costruendo una cultura della sobrietà e del sacrificio”. Sacrificio e penitenza, sì, ma non nel dolore, bensì nella gioia. Senza banalizzare come una semplice, burocratica rinuncia, o, peggio, come un precetto di dietetica salutistica tanto l’astinenza quanto il digiuno.
E infine, “qualsiasi pratica di rinuncia trova il suo pieno valore, secondo il pensiero e l’esperienza della Chiesa, solo se compiuta i comunione viva con Cristo, e quindi se è animata dalla preghiera ed è orientata alla crescita della libertà cristiana, mediante il dono di sé nell’esercizio concreto della carità fraterna”. E’ quello che apparenta le Chiese cristiane, l’Ebraismo e l’Islam: il senso vero della penitenza è la carità, l’amore per il prossimo, in particolare per il prossimo più sfortunato, la solidarietà. La sobrietà alimentare, con cibi “proibiti” anche se solo in determinati periodi dell’anno, che nel mondo cristiano non è mai stata comunque un dogma, come per ebrei e musulmani, si rafforza sostanzialmente nel Medio Evo con la degradazione a peccato di gola di quello di Adamo ed Eva (che era invece un peccato di superbia). Il periodo principe della mortificazione della gola era la Quaresima, “memoria di Gesù nel deserto e, prima ancora, di Mosè sul Sinai”, come ricorda lo storico Massimo Montanari.
In Quaresima l’astinenza alimentare si sostanziava nel “digiuno” (non assoluto: era permesso un solo pasto, dopo il tramonto) e nell’astensione rigorosa da cibi “di grasso”: ovvero non solo le carni ma anche gli alimenti di derivazione animale, come uova, latte, latticini, burro, formaggi, che, per esempio, nel regime di magro del “normale” venerdì erano tollerati. Il “calendario alimentare” cristiano, con i suoi periodi e giorni di magro, incentivò il consumo di derrate “magre” e l’ingresso nei ricettari (anche in quelli dell’alta nobiltà) di alimenti alternativi alla carne. Verdure, cereali e legumi, senza’altro; ma anche il pesce (che nei primi secoli dell’era cristiana era anch’esso proibito nei giorni di magro stretto), i formaggi e le uova (tollerati nei giorni meno rigidi) e, soprattutto, la grande “invenzione” del Medioevo, la pasta. Ed oggi? Mangiare un po’ di tutto, ma soprattutto condividere il pasto. Il vero senso della Quaresima.
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