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Virgole Golose
17 Marzo 2024 - 07:03
Quaresima, Pasqua, Ramadan, Pesach
Un grande uomo e ricco fu già, il quale, intra l’altre gioie più care che nel suo tesoro avesse, era uno anello bellissimo e prezioso; al quale per lo suo valore e per la sua bellezza volendo fare onore, et in perpetuo lasciarlo ne’ suoi discendenti, ordinò che colui dei suoi figliuoli appo il quale, sì come lasciatogli da lui fosse questo anello trovato, che colui s’intendesse essere il suo erede, e dovesse da tutti gli altri essere, come maggiore, onorato e reverito.
Colui al quale da costui fu lasciato tenne somigliante ordine ne’ suoi discendenti, e così fece come fatto avea il suo predecessore: et in breve andò questo anello di mano in mano a molti successori; et ultimamente pervenne alle mani ad uno, il quale avea tre figliuoli belli e virtuosi, e molto al padre loro obbedienti; per la qual cosa tutti e tre parimente gli amava. Et i giovani, li quali la consuetudine dell’anello sapevano, si come vaghi ciascuno d’essere il più onorato tra i suoi, ciascuno per sé, come meglio sapeva, pregava il padre, il quale era già vecchio, che, quando a morte venisse, a lui quello anello lasciasse. Il valente uomo, che parimente tutti gli amava, né sapeva esso medesimo eleggere a qual più tosto lasciar lo volesse, pensò, avendolo a ciascuno promesso, di volergli tutti e tre soddisfare; e segretamente ad uno buono maestro ne fece fare due altri, li quali si furono somiglianti al primiero, che esso medesimo che fatti gli aveva fare, appena conosceva qual si fosse il vero.
E venendo a morte, segretamente diede a ciascuno de’ figliuoli, li quali, dopo la morte del padre, volendo ciascuno la eredità e l’onore occupare, e l’uno negandolo all’altro, la testimonianza di dover ciò ragionevolmente fare, ciascuno produsse fuori il suo anello. E trovatisi gli anelli sì simili l’uno all’altro, che qual fosse il vero non si sapeva conoscere, si rimase la quistione, qual fosse il vero erede del padre, in pendente, et ancor pende. E così vi dico, signor mio, delle tre Leggi alli tre popoli date da Dio Padre, delle quali la quistion proponeste: ciascuno la sua eredità, la sua vera Legge, et i suoi comandamenti si crede avere a fare; ma chi se l’abbia, come degli anelli, ancora ne pende la quistione. No, non è per pigrizia che ho lasciato che ad introdurre, e in realtà a scrivere buona parte di questa puntata di Virgole Golose, fosse un mio collega un po’ più anziano – si vede anche da come scrive... – e un po’ più noto di me.
Qualcuno tra voi miei affezionati lettori lo avrà anche riconosciuto: è bravino, nevvero? La novella della quale ho riportato l’autoconclusiva parte centrale – un azzardo un po’ forte, per l’epoca in cui fu scritta – è nota come “parabola dei tre anelli”, ed è la terza della prima giornata del Decameron di Giovanni Boccaccio. Non era facile, in quegli anni, scrivere queste cose; ed è difficile persino oggi, col mondo squassato da una Terza Guerra Mondiale “a pezzi” come la definisce papa Francesco. Che c’entra questo con la nostra rubrica Virgole Golose? C’entra, c’entra. Le tre grandi religioni del Libro hanno nei confronti del cibo e delle usanze alimentari atteggiamenti molto differenti; una cosa le unifica: conoscono periodi di “purificazione” e di penitenza, di astinenza, digiuno e carità, tutte e tre ricorrenze mobili che non sempre cadono in periodi vicini: la Quaresima dei Cristiani, che porta verso la Settimana santa e la Pasqua di resurrezione (Pasqua che quest’anno è il 31 marzo, mentre la Quaresima è iniziata 14 febbraio); il Ramadan dei musulmani (un mese di digiuno che quest’anno in Italia è iniziato la sera del 10 marzo e si concluderà la sera del 9 aprile, Pesach degli ebrei (quest’anno, in Italia, dalla sera del 22 aprile alla sera del 30 aprile). In questi periodi è di rigore una alimentazione molto essenziale, ed è consigliato (per i cristiani) o prescritto il digiuno: che non è mai assoluto, ma consiste in un unico, sobrio pasto (per i musulmani in orario notturno).
Al termine di questi periodi di penitenza, si festeggia anche a tavola, come abbiam detto più volte negli anni scorsi. In questa puntata della rubrica, che esce nel pieno della Quaresima e del Ramadan, e un mese prima di Pesach, vogliamo simbolicamente, rispettando la sobrietà alimentare, nello spirito che guidò Boccaccio molti secoli fa, e che prima di lui aveva esplicitato anche a livello legislativo, per quanto i tempi permettevano, lo Stupor Mundi, Federico II, e ancora prima, in forma criptica (che non bastò, come il complesso della sua opera, ad evitare le accuse e le persecuzioni mosse da Bernardo di Chiaravalle), il Magister, Pietro Abelardo, nel suo “Dialogo fra un filosofo, un giudeo e un cristiano”, e che nel filosofo adombra un sapiente musulmano, invitare a spezzare insieme con i nostri fratelli musulmani ed ebrei un pane (azzimo, se in Pesach) ed a bere un sobrio bicchiere di acqua o una spremuta di frutta (i musulmani non bevono alcoolici), in un povero convivio di pace auspicata, per quanto difficile.
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