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Virgole Golose

La cucina del seicento ispano americano

Ricette “salate” dal Nuovo Mondo

La cucina del seicento ispano americano

La cucina del seicento ispano americano

Ancora ricette dal Nuovo Mondo ispanico, e precisamente dal Seicento nel vicereame della Nuova Spagna, Messico, in particolare, tratte dal “Libro de cocina” di suor Juana Inés de la Cruz. Ricette conventuali, ma per i giorni “di ricevimento”; o per confezionare dolci da offrire in omaggio ai notabili di Città del Messico, a partire dalla viceregina.

Ecco perché molte delle ricette del manoscritto riguardano dolci. Ormai gli europei si sono stanziati da tempo nel Nuovo Mondo, e lì han-no iniziato, molto prima che nel Vecchio Continente, ad utilizzare i nuovi cibi, vegetali soprattutto, che gli europei, che hanno a disposizione una gamma molto più ampia di ingredienti, incluse piante che nelle Americhe attecchiscono male, guardano con sospetto e mettono in pentola con molta parsimonia. I metodi di cottura sono beninteso europei, ma l’uso di prodotti americani è corrente; e se è entrato in una cucina sostanzialmente di medio-alto livello ci fa capire che a livello popolare è ancora più diffuso.

Patate, pomodori, mais, peperoni, peperoncini sono molto presenti, ma ci sono anche ingredienti meno comuni, dalla noce di cocco all’ananas, al mamey, un frutto dell’America tropicale (di forma ovoidale, medio-grandi dimensioni ed unico, grosso seme centrale, ha un sapore che unisce quelli della patata dolce e della zucca, con un retro-gusto di mandorla, cioccolato, miele e vaniglia), alle cabezas de negro, altri frutti di una pianta tropicale americana, dalla consistenza cremosa e dal sapore di mela e fragola, con sfumature agrumate (è un frutto commerciato oggi col nome di guanabana, usato soprattutto in estratto come integratore alimentare). Sorprendentemente, invece, Juana Inés non adopera mai l’unica, vera spezia americana, la vaniglia, originaria peraltro del Messico, mentre è pressoché onnipresente nelle sue ricette la cannella, di antica tradizione europea (dove giunge beninteso dall’Asia). Altrettanto sorprendente è l’assenza nel “Libro de cocina” di un altro ingrediente americanissimo, un caposaldo delle cucine indigene, che in Europa sta conoscendo un successo travolgente (per ora, solo come bevanda): il cacao. Tipica del sincretismo euro-americano di suor Juana Inés è per esempio questa ricetta (una delle poche solo salate) di “Pollastre alla portoghese”; le istruzioni di cottura sono sommarie, ma sembra trattarsi di uno stufato: ricostruiamola: In una casseruola si mettono pomodori, prezzemolo, menta ed aglio, ben tritati; si aggiungono abbastanza aceto, olio “ed ogni sorta di spezie, meno lo zafferano” (il solito miscuglio di pepe, cannella, noce moscata, una punta di chiodi di garofano?) e le pollastre, farcite con pezzetti di prosciutto.

Si fa cuocere coprendo bene la casseruola; a cottura ultimata si aggiungono peperoni (presumibilmente precedenti grigliati), olive e capperi, grandi e piccoli. “Stufato di pollo”. Si lessa il pollo tritato, insaporito “con tutte le sue spezie” (pepe, cannella, chiodi di garofano, zafferano). Quindi si dispone nel fondo di una casseruola imburrata uno strato di fette di pane tostato su cui si versa un po’ di vino, uno strato di pollo (nella trascrizione questo passaggio è saltato) e uno strato di panna, spolverata di cannella, chiodi di garofano e pepe; si alternano strati di pane, pollo, panna fino a riempi-re tutta la casseruola, badando che l’ultimo strato sia di pane. A questo punto si versa il brodo di cottura del pollo e sull’ultimo strato di pane si versano tuorli d’uovo sbattuti. E si fa cuocere in forno (anche questo passaggio non è indicato). “Altro stufato di pollo”. In una casseruola ben imburrata si dispone uno strato di pollo e un altro di pomodori, cipolle, cumino, coriandolo, aglio tritato, cipolle e zafferano; si ripete l’operazione fino a riempire la casseruola, coprendo il tutto con fette di prosciutto ed innaffiando di aceto. Una volta cotto, si aggiunge “brodo quanto basta” [forse quello del pollo già lessato, come nella ricetta precedente?], salsiccia (cotta a parte), uva passa, mandorle, olive, peperoncini e “capperi belli grossi” (forse i cucunci, che sono i frutti del cappe-ro; mentre i capperi che consumiamo di solito, quelli piccoli, sono i boccioli dei fiori). “Torta di riso”. Si cuoce il riso nel latte; si imburra una casseruola e vi si versa metà del riso, quando è freddo; si dispone sopra il riso un trito di carne “fatto come per un ripieno” (precedentemente cotto?) al quale si aggiungono pomodori, una punta di zucchero, uva passa, mandorle, pinoli, cedro candito e capperi. Si versa l’altra metà del riso, si spennella di burro con una piuma e si fa cuocere in forno. “Altra torta di riso”.

Si fa cuocere il riso [nel latte] aggiungendo zafferano a fine cottura. Se ne versa metà in una casseruola imburrata, vi si dispone su un trito di carne [rosolata?] con uva passa, cucunci e capperi, mandorle, pinoli, uo-va sode, olive, piccoli peperoni. Si versa il resto del riso, si spolvera di zucchero e si mette in forno.

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