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La denuncia

Detenuto morto in carcere, «Situazione fuori controllo a Taranto»

Il sindacato della polizia penitenziaria denuncia sovraffollamento, carenza di personale e mancanza di risposte istituzionali dopo l’ennesima tragedia avvenuta all’interno della casa circondariale

Il carcere di Taranto

Il carcere di Taranto

TARANTO - Il suicidio di un detenuto all’interno del carcere ionico rappresenta, secondo il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, una sconfitta che coinvolge l’intero sistema e che impone una riflessione profonda sulle condizioni delle strutture detentive. A sostenerlo è Federico Pilagatti, segretario nazionale del Sappe per la Puglia, intervenuto con una dura presa di posizione.

Nel comunicato il sindacato sottolinea come, nonostante le dichiarazioni di principio e i richiami ai valori umanitari che caratterizzano questo periodo dell’anno, sulle criticità delle carceri continui a pesare il silenzio delle istituzioni e di quella che viene definita società civile. Una mancanza di risposte che, secondo il Sappe, si trascina da mesi.

Pilagatti ricorda che il sindacato aveva già lanciato un allarme formale, inviando una lettera alle autorità politiche e amministrative del territorio per segnalare la situazione del carcere di Taranto, definita drammatica. L’istituto ospiterebbe circa 800 detenuti a fronte di meno di 400 posti disponibili, con una presenza significativa di soggetti violenti, mentre sul fronte del personale si registra una grave carenza di agenti di polizia penitenziaria, ritenuta senza precedenti a livello nazionale.

Secondo il Sappe, pur essendo il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria il soggetto deputato a risolvere tali problematiche, sarebbe stato auspicabile un sostegno concreto anche da parte di altri livelli istituzionali, soprattutto da chi pubblicamente manifesta cordoglio senza però intervenire.

Nel documento viene ribadita anche una posizione storica del sindacato, che riguarda i detenuti con patologie psichiatriche, i quali non dovrebbero essere reclusi senza cure adeguate e senza percorsi terapeutici strutturati. Proprio questa categoria, viene evidenziato, risulta la più esposta nel tragico bilancio dei suicidi in carcere.

In questo contesto si inserisce la morte di un detenuto di circa 50 anni, originario della provincia di Taranto, ristretto per reati legati ai maltrattamenti in famiglia e ad altri episodi. L’uomo, che si trovava nel reparto infermeria, si è tolto la vita nel tardo pomeriggio di venerdì 26, giorno di Santo Stefano. A lanciare l’allarme sono stati il compagno di stanza e l’agente in servizio, che hanno tentato le prime manovre di soccorso prima dell’arrivo degli operatori sanitari, i quali non hanno potuto fare altro che constatare il decesso. Secondo quanto riferito dal Sappe, era previsto un trasferimento in una struttura esterna per la cura della sua patologia, che però non è avvenuto in tempo.

Il sindacato richiama inoltre il caso, già denunciato nei giorni precedenti, di una detenuta in attesa di collocazione in una REMS, costretta a restare in carcere da mesi per mancanza di posti disponibili. Nonostante le richieste di intervento rivolte all’ASL di Taranto e ai responsabili della sanità regionale, non sarebbero arrivate risposte.

Pilagatti evidenzia infine che la lettera inviata al Prefetto di Taranto, al sindaco del capoluogo ionico e a tutti i parlamentari eletti nella provincia, con l’invito a un’azione condivisa e bipartisan, non ha ricevuto alcun riscontro. Una condizione che il Sappe definisce una sconfitta dello Stato, con un richiamo all’articolo 27 della Costituzione, che tutela la dignità dei detenuti, e alle conseguenze economiche legate ai risarcimenti per la violazione degli standard minimi di spazio previsti dalla normativa europea.

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