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Elezioni regionali

«Cittadella della Giustizia ferma da anni, il Governo dica la verità e sblocchi il progetto»

Il candidato regionale nella lista Decaro Presidente, avvocato Egidio Albanese, denuncia lo stallo dell’intervento da 150 milioni di euro: «Siamo ancora ai rendering. Servono trasparenza, tempi certi e responsabilità»

Egidio Albanese

Egidio Albanese

TARANTO - Nella corsa verso le Regionali, il tema della Cittadella della Giustizia di Taranto torna al centro del dibattito politico. A più di tre anni dalla cessione dell’area allo Stato, il progetto da 150 milioni di euro appare fermo, senza passi avanti sostanziali né sul piano esecutivo né su quello amministrativo. L’avvocato Egidio Albanese, candidato nella lista Decaro Presidente, affronta il nodo dello stallo in un’intervista che punta il dito contro ritardi, promesse mancate e un silenzio istituzionale sempre più pesante.

Sono passati oltre tre anni dalla cessione allo Stato dell’area destinata alla Cittadella della Giustizia. A oggi, però, il progetto sembra immobile. Perché?
È una domanda che pone l’intero territorio. Nonostante le promesse e le dichiarazioni ufficiali, l’opera è ferma. Il Governo aveva assicurato che si era “entrati nella fase operativa”, ma nei fatti non c’è traccia né del progetto esecutivo né della gara d’appalto. È evidente che qualcosa si è bloccato e che qualcuno deve assumersi la responsabilità di questo ritardo.

Quali erano gli obiettivi e l’importanza strategica dell’opera?
Parliamo di un intervento da 150 milioni di euro, uno dei più significativi del Mezzogiorno. La Cittadella dovrebbe riunire in un’unica sede tutti gli uffici giudiziari, oggi frammentati e spesso inadeguati, e migliorare radicalmente l'efficienza del sistema giustizia a Taranto. Non è un capriccio: è un’opera necessaria. È anche un tassello dell’impegno nazionale sul PNRR, quindi non si tratta solo di una questione locale, ma di credibilità istituzionale a livello nazionale.

A che punto è realmente l’iter? 
Purtroppo alla fase di rendering. È incredibile che un progetto definito “prioritario” dal Ministero sia, nei fatti, bloccato alla prima fase visiva. Manca tutto: approvazione esecutiva, gara, cronoprogramma. E soprattutto manca una comunicazione trasparente. È come se l’opera fosse entrata in un cono d’ombra istituzionale.

Il Viceministro aveva garantito un’accelerazione. Le sue parole sono state smentite dai fatti?
È sotto gli occhi di tutti. Dire che “la fase di allenamento è finita” e poi lasciare il progetto fermo da anni significa creare aspettative e poi deluderle. Non è una questione personale: è una questione politica. Quando un rappresentante dello Stato fa promesse pubbliche, il territorio ha il diritto di vederle rispettate. O di ricevere spiegazioni, se qualcosa non va.

Qual è il clima sul punto nella comunità tarantina?
Crescente preoccupazione e legittima irritazione. I cittadini, gli avvocati, i magistrati, i funzionati tutti attendono da anni una riforma strutturale degli uffici giudiziari. Ogni ritardo si traduce in disservizi, inefficienze, costi aggiuntivi. È un territorio che ha già sopportato troppo, e oggi percepisce questo stallo come un altro segnale di disattenzione istituzionale.

Cosa chiede al Governo 
Tre cose semplici e doverose: trasparenza, tempi certi e responsabilità. Chi guida il Ministero della Giustizia deve spiegare chiaramente lo stato dell’arte, indicare le cause del blocco e fissare un cronoprogramma reale. Il territorio non accetta più slogan o rassicurazioni generiche. Servono fatti.

C’è il rischio che la Cittadella della Giustizia resti un progetto incompiuto
Se continua così, sì. Ed è inaccettabile. Perché significherebbe rinunciare a un’opera fondamentale e tradire un impegno preso con un’intera comunità. La politica deve assumersi il compito di sbloccare la situazione. E deve farlo subito.

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