BARI - Una cabina di regia interforze per potenziare i controlli nei porti pugliesi e verificare la provenienza dell’olio che entra nel Paese, insieme a ispezioni mirate nelle aziende importatrici. È la misura annunciata dal sottosegretario Patrizio La Pietra, che ha incontrato i vertici di Coldiretti Puglia per affrontare le criticità che stanno colpendo olio extravergine e grano, due pilastri della Dieta Mediterranea. Il rischio individuato dall’organizzazione agricola è quello di pratiche sleali e contratti al ribasso, alimentati dall’ingresso massiccio di prodotti esteri di qualità inferiore.
Coldiretti e Unaprol chiedono una cabina di regia straordinaria dedicata al settore olivicolo, con un programma speciale di controlli nei porti e nei punti di ingresso delle merci per verificare l’origine del prodotto e la conformità ai limiti sui residui fitosanitari. L’organizzazione propone inoltre un monitoraggio dei contratti futures sulle principali Borse Merci per prevenire fenomeni speculativi e frodi.
Le importazioni di olio dall’estero, secondo Coldiretti, quasi raddoppiano nel 2025, generando una pressione che ha fatto precipitare le quotazioni dell’extravergine italiano. Nei primi otto mesi dell’anno sono arrivati 427 milioni di chili, un incremento del 67 per cento rispetto allo stesso periodo del 2024, con un picco nel mese di agosto pari al 93 per cento, proprio alla vigilia della raccolta. Il direttore di Coldiretti Puglia Pietro Piccioni denuncia che da inizio ottobre il prezzo dell’extravergine è sceso da 9,4 euro al chilo a 7,74 euro, registrando un calo vicino al 20 per cento, spingendo il valore del prodotto nazionale sotto i costi di produzione.
Un quadro che appare anomalo anche alla luce dei dati sulle giacenze. L’ultimo report dell’Icqrf indica che al 31 ottobre 2025 le scorte di olio risultano superiori del 32,7 per cento rispetto all’anno precedente, con una disponibilità di extravergine aumentata del 37,5 per cento. Tuttavia l’olio italiano segna una crescita limitata all’8,7 per cento, mentre quello estero registra un incremento del 100 per cento. Per Coldiretti questi elementi rendono difficile spiegare un crollo dei prezzi così drastico, soprattutto in presenza del nuovo extravergine che normalmente favorirebbe una ripresa delle quotazioni.
Il settore cerealicolo vive una crisi parallela. Oltre la metà del grano duro canadese è classificata come di qualità scadente, con chicchi germinati e danni provocati da insetti e funghi, secondo le analisi delle autorità canadesi. Nonostante questo, gli arrivi nei porti italiani nel 2025 risultano quasi raddoppiati, effetto che Coldiretti attribuisce anche al dazio zero previsto dall’accordo commerciale Ceta. Una dinamica che, secondo l’associazione, mette a rischio la sicurezza alimentare e penalizza gli agricoltori italiani, da tempo contrari alla ratifica dell’intesa.
Contro questa situazione Coldiretti ha mobilitato 20.000 agricoltori, ottenendo dal Governo l’impegno a esaminare la piattaforma di proposte presentata dall’organizzazione. L’intervento ha contribuito a frenare il ribasso dei prezzi, sebbene le quotazioni restino ancora inferiori ai costi di produzione calcolati da Ismea.
A preoccupare ulteriormente è il trattamento del grano canadese con glifosato, sostanza vietata in Italia nella fase di pre-raccolta per i possibili effetti nocivi. Coldiretti denuncia che l’utilizzo di prodotti non ammessi nell’Unione Europea rappresenta una forma di concorrenza sleale che condiziona il mercato interno e mette a rischio la sopravvivenza di 140.000 aziende agricole, molte delle quali situate nelle aree interne del Sud. A livello nazionale la superficie destinata al grano duro copre 1,2 milioni di ettari, un comparto che l’organizzazione considera essenziale per la tutela della qualità e della sicurezza alimentare.
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