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Taranto

Ex Ilva, le associazioni ambientaliste al Governo: “Serve un piano vero per la riconversione”

Alla vigilia del vertice a Palazzo Chigi con i sindacati metalmeccanici, Wwf, Legambiente e Greenpeace sollecitano la premier Meloni e il ministro Urso a presentare un piano industriale completo e vincolante. “Solo così Taranto potrà passare da zona di sacrificio a modello mondiale di rigenerazione”

Ex Ilva

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TARANTO - Alla vigilia del vertice di Palazzo Chigi convocato per oggi, martedì 11 novembre, sul futuro dell’ex Ilva, si alza forte la voce del fronte ambientalista. WWF Italia, Legambiente e Greenpeace chiedono al Governo di abbandonare quella che definiscono una “strategia attendista e passiva” e di presentare finalmente un vero piano industriale ed economico per la città e per l’intera area jonica.

La richiesta, rivolta direttamente alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, arriva mentre il ministro si prepara a illustrare ai sindacati metalmeccanici gli esiti dei negoziati con i nuovi player industriali e le prospettive per la riconversione produttiva e lo sviluppo occupazionale.

Le tre associazioni puntano il dito contro la mancanza di un disegno chiaro, chiedendo che lo Stato assuma un ruolo guida nella trasformazione dell’ex impianto siderurgico. Per farlo, occorre un documento strategico “completo di governance, risorse, fonti di finanziamento, obiettivi di decarbonizzazione e garanzie per la salute dei cittadini e dei lavoratori”, corredato da tappe precise e scadenze verificabili da parte di tutti gli attori coinvolti.

Secondo le organizzazioni ambientaliste, un piano di questa portata dovrà innanzitutto prevedere entro il 2030 la realizzazione di nuovi forni elettrici per la produzione di acciaio e di un impianto per il ferro preridotto (DRI), alimentati da energie rinnovabili. L’obiettivo è ridurre al minimo gli impatti su clima, ambiente e salute, fino ad azzerarli nei tempi più brevi possibili, escludendo qualunque progetto di rigassificazione nell’area portuale.

Altro punto centrale è il sostegno ai lavoratori coinvolti nella transizione: secondo le tre sigle, il processo di riconversione dovrà includere misure sociali e finanziarie di accompagnamento, nonché programmi di formazione professionale per consentire l’adattamento alle nuove mansioni in un contesto industriale completamente rinnovato.

Il terzo pilastro del piano invocato riguarda la tutela della salute: la produzione d’acciaio del futuro dovrà garantire condizioni di sicurezza e benessere sia per chi lavora negli impianti sia per chi vive nelle aree limitrofe. Nel frattempo, sottolineano WWF, Legambiente e Greenpeace, gli attuali impianti – altoforni e cokerie – dovranno operare per il tempo più breve possibile e nel pieno rispetto delle prescrizioni dell’AIA, l’Autorizzazione Integrata Ambientale.

Le tre associazioni chiedono inoltre che la strategia di decarbonizzazione dell’ex Ilva sia pienamente coerente con gli obiettivi del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), puntando sullo sviluppo di filiere industriali legate alle rinnovabili e all’idrogeno verde come leve per creare nuova occupazione e garantire una crescita sostenibile.

WWF, Legambiente e Greenpeace si dichiarano pronte a partecipare a un tavolo strategico multi-stakeholder, insieme a istituzioni, imprese, sindacati e comunità locali, per costruire una governance efficace e condivisa della transizione energetica e produttiva. “Solo un percorso inclusivo – sottolineano – potrà garantire che Taranto smetta di essere una ferita aperta e diventi un modello di rigenerazione industriale, ambientale e sociale”.

Le associazioni ricordano infine le parole del Relatore Speciale dell’ONU sui diritti umani e sostanze tossiche, Marcos Orellana, che nel 2021 definì Taranto una “zona di sacrificio”. Oggi, concludono, “il Governo ha l’occasione storica di rovesciare quella definizione, trasformando la città simbolo dell’inquinamento industriale in un esempio mondiale di riconversione possibile”.

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