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L'intervento
03 Novembre 2025 - 07:35
Giustizia
BARI - La separazione delle carriere è legge dello Stato, approvata dal Parlamento al termine di un iter complesso previsto dall’articolo 138 della Costituzione. La riforma sarà sottoposta a referendum confermativo, e come prevedono i promotori, è destinata a dividere il dibattito pubblico tra le ragioni del Sì e quelle del No, con il rischio che la discussione venga piegata a una contrapposizione ideologica tra schieramenti politici.
Il Comitato “Giuliano Vassalli” per il Sì, composto da esponenti del mondo riformista, socialista e liberale, sottolinea che la riforma non rappresenta un affronto politico della maggioranza di governo verso le opposizioni, né un “vulnus” all’assetto dei poteri costituzionali. Al contrario, spiegano i promotori, «la riforma serve prima di tutto a dare ai cittadini un processo nel quale si sarà davvero giudicati da un giudice terzo e imparziale».
Il testo del comitato richiama il percorso storico della riforma Vassalli del 1988, che introdusse il processo penale accusatorio su impulso del ministro della Giustizia Giuliano Vassalli, socialista e studioso di diritto, dopo i lavori della commissione presieduta dal professor Pisapia. Da allora, il processo penale italiano si fonda su tre protagonisti distinti: il pubblico ministero che sostiene l’accusa, l’avvocato della difesa e il giudice in posizione terza tra le due parti.
Vassalli – ricorda il comitato – sosteneva che la separazione delle carriere fosse la naturale conseguenza della distinzione delle funzioni processuali. Da questa convinzione nasce l’idea di portare a compimento un percorso iniziato più di trent’anni fa.
Il documento invita a un dibattito non ideologico, centrato su tre questioni di fondo: se sia giusto che pubblici ministeri e giudici abbiano percorsi professionali separati sin dall’assunzione; se debbano esistere due distinti organi di autogoverno, entrambi presieduti dal Presidente della Repubblica ma con membri togati scelti per sorteggio; e se i procedimenti disciplinari debbano essere affidati a un’Alta Corte disciplinare autonoma, anziché a una sezione del Consiglio superiore della magistratura.
«Per noi riformisti – si legge nella nota – la giustizia deve non solo essere, ma anche essere percepita dai cittadini come terza e imparziale, e la separazione delle carriere contribuisce in modo concreto a garantire il diritto di ogni cittadino a un giudice indipendente rispetto sia all’avvocato della difesa che al magistrato della pubblica accusa».
Secondo il comitato, il quesito referendario non può essere ridotto a uno scontro tra “riformismo” e “conservazione”, né considerato una bandiera politica di parte. «La separazione delle carriere non è una suggestione della destra – affermano i promotori – ma un principio riformista che appartiene alla nostra cultura garantista».
L’appello sottolinea inoltre la necessità di attuare i principi dell’articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, richiamando le sentenze della Corte di Strasburgo che hanno più volte condannato l’Italia per violazioni delle garanzie processuali. «Uno Stato che proclama il cittadino innocente fino alla prova contraria – afferma il comitato – deve avere a presidio di tale principio un giudice imparziale e terzo, capace di decidere con equilibrio sulle richieste dell’accusa e della difesa».
Per il Comitato “Giuliano Vassalli”, la riforma rappresenta dunque una conquista riformista e garantista, erede della tradizione socialista e liberale italiana.
I promotori del Comitato “Giuliano Vassalli” per il Sì sono: Claudio Signorile, Salvo Andò, Fabrizio Cicchitto, Sandro Principe, Giulio Di Donato, Saverio Zavettieri, Sergio Pizzolante, Biagio Marzo, Giovanni Crema, Mauro Del Bue, Angelo Cresco, Felice Iossa, Ugo Finetti, Alberto Manchinu, Turi Lombardo, Ciccio Barbalace, Ercole Incalza, Salvatore Grillo, Donato Robilotta, Felice Laudadio, Franz Caruso, Carlo Petrone, Salvo Fleres, Giampaolo Sodano, Maurizio Ballistreri, Giovanni Russo, Vincenzo Maiello, Salvatore Sannino, Domenico Tanzarella, Francesco Carbini, Giovanni Antonio Golotta, Francesca Straticò, Franco Barbabella, Giancarlo Armenia e Alfredo Venturini.
Il comitato si propone di promuovere un confronto pubblico libero da pregiudizi, per stabilire se la riforma approvata consenta un reale equilibrio tra le parti e garantisca parità di condizioni nel processo. In questa prospettiva, spiegano i firmatari, «la separazione delle carriere è lo strumento per una giustizia giusta, al servizio dei cittadini e della democrazia».
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