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Bari

Banca del Mezzogiorno, i sindacati in allarme: “No alla vendita e ai tagli del personale”

First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin chiedono chiarezza al Governo dopo le parole del Ministro dell’Economia. Preoccupazione per un possibile ridimensionamento del 20% dei dipendenti e per la perdita del radicamento nel Sud

Sistema bancario

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BARI - Sale la tensione tra i lavoratori della BdM Banca SpA dopo le recenti dichiarazioni del Ministro dell’Economia e delle Finanze sulla possibile vendita dell’istituto e sul taglio del 20% del personale. Le organizzazioni sindacali First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin hanno diffuso una nota congiunta per esprimere ferma contrarietà ai piani ipotizzati e profonda preoccupazione per il futuro dei lavoratori.

Secondo i sindacati, l’eventuale cessione a un grande gruppo bancario nazionale metterebbe in discussione l’intero progetto della Banca del Mezzogiorno, nato proprio per garantire una presenza finanziaria stabile e autonoma nel Sud Italia. “Un’operazione del genere – osservano – andrebbe contro lo spirito della legge che salvò la ex Banca Popolare di Bari”.

Nel comunicato si sottolinea come il risanamento aziendale sia stato raggiunto “sulla pelle e sulle tasche dei lavoratori”, che negli ultimi anni hanno sostenuto sacrifici notevoli per riportare la banca in equilibrio. Il rapporto costi/ricavi, infatti, è sceso dal 144% al 62,5% in appena tre anni, un risultato che le sigle attribuiscono allo straordinario impegno del personale, ormai dimezzato nelle filiali e impiegato anche in attività destinate a più aziende del gruppo, tra cui MCC, BdM e CRO.

I sindacati contestano duramente la prospettiva di ulteriori tagli: “Di quali esuberi si parla – chiedono – se la banca riesce ad aprire ogni giorno gli sportelli solo grazie alla disponibilità dei colleghi costretti a spostarsi continuamente tra una sede e l’altra?”.

Le organizzazioni temono inoltre che un’eventuale acquisizione da parte di un grande gruppo possa comportare la perdita dei centri decisionali legati al territorio e un indebolimento dei rapporti con famiglie e imprese del Sud, compromettendo la tenuta occupazionale nelle regioni in cui l’istituto è oggi radicato.

Di fronte a un quadro definito “pieno di incognite”, i sindacati chiedono massima trasparenza nel confronto con i vertici aziendali previsto per il 29 ottobre. “Ci attendiamo risposte chiare – concludono – e non escludiamo di intraprendere tutte le iniziative necessarie in base all’evolversi della situazione”.

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