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Il confronto

Taranto laboratorio europeo della siderurgia verde: lo studio Legambiente indica la via verso l’acciaio pulito

Secondo l’analisi condotta dall’Università di Bari, la riconversione dell’ex Ilva in un impianto a zero emissioni è possibile. Decarbonizzazione, occupazione e rinnovabili al centro della transizione

Il convegno di Legambiente a Taranto

Il convegno di Legambiente a Taranto

TARANTO - Da simbolo della crisi industriale a modello europeo di rinascita ambientale e produttiva. È l’immagine che emerge dal nuovo studio “Taranto dopo il carbone. Proposte per un futuro pulito”, realizzato dall’Università di Bari per Legambiente con il sostegno della European Climate Foundation. Un documento che delinea il percorso tecnico e sociale verso una siderurgia verde, capace di coniugare decarbonizzazione, lavoro e competitività.

La ricerca, presentata nell’aula magna dell’ITT Pacinotti durante una tappa della campagna nazionale “Per un Clean Industrial Deal made in Italy”, coinvolge esperti e accademici come Lidia Greco (Università di Bari), Pasquale Cavaliere (Università del Salento) e Alex Sorokin, consulente energetico. All’incontro hanno partecipato anche il presidente nazionale Stefano Ciafani, la presidente regionale Daniela Salzedo e la presidente del circolo tarantino Lunetta Franco.

Il convegno di Legambiente a Taranto

Il rapporto indica la strada per superare il ciclo produttivo a carbone dell’ex Ilva, sostituendolo con tecnologie a forno elettrico ad arco (EAF) e riduzione diretta del minerale di ferro (DRI), fino all’uso esclusivo di idrogeno verde. Gli scenari simulati mostrano riduzioni delle emissioni di CO₂ fino al 95%, con un abbattimento quasi totale di diossine, polveri sottili e IPA.

Oggi lo stabilimento è autorizzato a produrre 6 milioni di tonnellate di acciaio all’anno, con un consumo energetico di oltre 130 milioni di gigajoule e fino a 13 milioni di tonnellate di CO₂ emesse. La riconversione verso processi elettrificati e alimentati da fonti rinnovabili, spiega lo studio, potrebbe ridurre drasticamente l’impatto ambientale e allineare Taranto agli obiettivi del Green Deal europeo.

Il progetto non si limita alla sostenibilità: guarda anche al futuro occupazionale. Oggi il complesso ex Ilva impiega circa 8.000 lavoratori diretti e 4.000 nell’indotto. La riconversione tecnologica comporterebbe una riduzione di circa 3.500 unità, ma la transizione energetica e la creazione di filiere rinnovabili potrebbero generare fino a 8.000 nuovi posti di lavoro.

Legambiente propone un piano di formazione e riqualificazione professionale che coinvolga università, ITS e imprese, per garantire che le nuove competenze restino sul territorio. “Riconvertire l’ex Ilva in un polo di acciaio verde – sottolinea Stefano Ciafani – non è un sogno, ma una necessità concreta per tutelare salute, ambiente ed economia. In Europa ci sono già esperienze virtuose, come Hybrit e H2 Green Steel in Svezia o Thyssenkrupp in Germania, che dimostrano la maturità tecnologica della filiera dell’idrogeno”.

Anche Lunetta Franco, presidente di Legambiente Taranto, richiama la responsabilità delle istituzioni: “Lo Stato deve assumere un ruolo guida, con politiche coerenti e risorse certe. Taranto può diventare un simbolo del riscatto del Mezzogiorno se la transizione ecologica sarà davvero accompagnata da una nuova economia sostenibile”.

Il messaggio è chiaro: la decarbonizzazione non è più un orizzonte lontano, ma una scelta strategica per il futuro del Paese. Taranto, città ferita ma viva, potrebbe tornare a essere il cuore produttivo dell’Italia, questa volta pulito, innovativo e sostenibile.

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