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Bari
16 Ottobre 2025 - 14:31
BARI - Un progetto scientifico per monitorare e contenere il parrocchetto monaco è stato avviato in Puglia dalla Regione in collaborazione con l’Università “Aldo Moro” di Bari, con l’obiettivo di definire un piano di gestione della specie aliena invasiva fondata su dati certi e sulle migliori pratiche internazionali. L’iniziativa nasce per limitare gli impatti sugli ecosistemi e sulle attività agricole, sempre più minacciate dalla diffusione incontrollata dei pappagalli verdi.
L’ateneo barese ha annunciato che il progetto prevede anche un’azione di citizen science, coinvolgendo i cittadini nella raccolta delle segnalazioni attraverso un modulo online. In questo modo sarà possibile mappare la presenza del volatile e costruire una banca dati utile per la pianificazione degli interventi. La Regione Puglia curerà la redazione del piano operativo, la divulgazione dei risultati e la diffusione delle buone pratiche di gestione tra agricoltori, amministratori locali e cittadini.
Parallelamente, l’Università effettuerà censimenti e analisi delle popolazioni, elaborerà linee guida per il controllo numerico e pubblicherà i risultati attraverso report e attività scientifiche.
Originario del Sud America, il parrocchetto monaco (Myiopsitta monachus Boddaert) si è stabilito in numerose aree urbane italiane, tra cui la Puglia, dove rappresenta un rischio concreto per le specie autoctone e per la produzione agricola.
L’allarme arriva anche da Coldiretti Puglia, che denuncia una vera e propria invasione nelle campagne del Barese. Dalla prima colonia individuata a Molfetta, i pappagalli si sarebbero diffusi fino a Bari, Bisceglie, Giovinazzo, Palese, Santo Spirito, Bitonto, Bitetto, Palo del Colle, Binetto e Grumo Appula, spingendosi perfino sull’Alta Murgia. Gli agricoltori segnalano danni ingenti ai frutteti e ai mandorleti, dove i volatili spaccano i gusci legnosi ed estraggono il frutto con la lingua, lasciando dietro di sé alberi danneggiati e raccolti distrutti.
Secondo i dati Coldiretti, in Puglia sono destinati al mandorlo 19.428 ettari, pari al 35% della superficie nazionale coltivata, per una produzione complessiva di 264.670 quintali di mandorle, che rappresentano un terzo del totale italiano. La regione si colloca così al secondo posto in Italia, dopo la Sicilia. La provincia di Bari concentra il 63% della superficie pugliese dedicata al mandorlo, con 12.500 ettari coltivati e una produzione di 148.000 quintali, seguita da Brindisi con 4.500 ettari e 54.000 quintali, e da Foggia con 1.450 ettari e 21.500 quintali. In totale, il 96% della superficie pugliese destinata alla frutta in guscio è investita a mandorlo.
Coldiretti sottolinea che l’emergenza pappagalli si somma ad altre criticità dovute alla fauna selvatica. Gli storni, in particolare, compromettono fino al 60% della produzione di olive nelle zone costiere adriatiche e ioniche, mentre il granchio blu, ormai stabilmente presente dalla laguna di Lesina e Varano fino al Salento, minaccia l’ecosistema marino e la pesca della paranza.
A questi problemi si aggiungono i cinghiali, che devastano i campi e mettono a rischio la sicurezza pubblica, i lupi e i cani inselvatichiti, responsabili di attacchi agli allevamenti, e i cormorani, che riducono drasticamente le rese negli impianti di acquacoltura.
Secondo Coldiretti, il conto economico dei danni complessivi supera i 30 milioni di euro, una cifra che fotografa la gravità di una situazione divenuta ormai strutturale.
La Regione Puglia, attraverso il piano di monitoraggio dei parrocchetti, intende ora creare un modello di intervento replicabile, che unisca ricerca scientifica e partecipazione dei cittadini, con l’obiettivo di ridurre l’impatto di specie invasive e tutelare il fragile equilibrio degli ecosistemi pugliesi.
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