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L'analisi

Difendere la fabbrica, salvare il lavoro

Per lo sciopero del 16 ottobre è decisiva l'unità dei lavoratori

La protesta dei lavoratori ex Ilva

La protesta dei lavoratori ex Ilva

TARANTO - L'originalità della lotta di liberazione italiana è rappresentata dalla presenza rilevante di operai tra le fila della resistenza: il coinvolgimento delle fabbriche nella fase conclusiva della lotta, in particolare nelle vicende insurrezionali delle maggiori città del nord.

Nella partita decisiva scese in campo "l’esercito in tuta blu". Il 5 marzo 1943 si ebbero a Torino i primi scioperi che nel giro di un mese avrebbero coinvolto molte fabbriche della città, per estendersi a Milano e nelle fabbriche lombarde.  In guerra, bellica o economica e strategica, gli apparati deputati alla produzione contano quanto gli eserciti messi in campo. Contano le risorse umane, materiali, e finanziarie che si possono investire, il potenziale delle strutture produttive e la capacità di orientarle efficacemente alla produzione manifatturiera.

Protagonisti furono i lavoratori, risultati determinanti anche per l’impegno eccezionale con cui seppero salvare dalla distruzione fabbriche e infrastrutture, esprimendo una radice morale straordinaria per se stessi e per il Paese. C’era la difesa della propria condizione, della propria identità e c’era un atto di fiducia e di speranza nel Paese liberato e democratico.

 

Scegliere di difendere la fabbrica  indica una specifica forma di resistenza, che pure nel quadro complessivo del movimento, ha spazi autonomi e dinamiche differenziate che non a caso sono stati oggetto di valutazioni politiche e di ricerche storiografiche importanti, quanto mai attuali, sulle quali aprire una profonda riflessione.

Scendere nelle piazze e per le strade per difendere la pace e l'autodeterminazione dei popoli, è un valore indiscutibile, quanto lo è difendere il lavoro dignitoso, l'ambiente, la salute.  

Gli operai sono contro la guerra perché la guerra è contro di loro.

Si tratta di un passaggio che taglia le esistenze di centinaia di migliaia di persone e che sta sullo sfondo di ogni scelta e comportamento collettivo, un passaggio da cui non si può prescindere nella valutazione del protagonismo dei lavoratori espresso dagli scioperi.

Il valore dell'autonomia e dell'unità sindacale oggi pare essere relegato ad un ruolo marginale e irrilevante, eppure ha rappresentato in passato una ricchezza straordinaria. Ha saputo costruire una capacità di scambio tra la dimensione della politica  e quella della società tale da fare dei partiti e dei sindacati, per un lungo tratto, gli strumenti primari di integrazione di componenti sociali diverse. Si può dire che quel rapporto ha costituito un esercizio primario di democrazia, da cui tutte le parti in gioco hanno ricavato vantaggi. Un esito e un tema che ancora oggi offrono abbondante materiale di riflessione.   

Quei valori, intesi come una visione dell’identità sindacale, in Luciano Lama come in Bruno Trentin, Giorgio Benvenuto ed Enzo Mattina, Pierre Carniti e Livio Labor era tale da permettere un dialogo e una collaborazione fra le anime del sindacato italiano anche in un contesto molto difficile.

Prevedere, prevenire, guidare il governo del cambiamento”. Una indicazione di marcia preziosa che introduce anche un altro elemento tipico della comune esperienza sindacale, ovvero l’affermazione nel concreto del valore della solidarietà.

Bruno Trentin sosteneva che , dignità del lavoratore e libertà della persona non sono mai state, come oggi, la ragione fondamentale di una solidarietà con l'altro.

Di che ti lamenti '1.200 euro per stare a casa'... chi lo dice non da valore alla dignità del lavoro. “Quando tuo figlio deve fare un compito a casa, e deve scrivere cosa fa nella vita suo padre, e non hai la forza di dirgli cassintegrato...". Quella insidiosa palude in cui sei stato infilato da troppi anni e avverti lo sgomento di perdere la dignità del lavoro, di uomo, padre e marito.  "Azarsi la mattina e chiedersi qual è il proprio scopo nella vita. Non avere idea di quale può essere il proprio futuro”.

E’ il momento in cui “le parole di verità” devono prevalere su quelle strumentali di un ambientalismo ideologico e pregiudiziale dettato spesso da un interesse elettorale che è lontano dalle famiglie tarantine. Chi ritiene la produzione dell’acciaio irrinunciabile al pari del lavoro e delle condizioni ambientali e sanitarie dei lavoratori e dei cittadini di Taranto, deve esprimere e pretendere verità!  Deve pretenderle dal Governo e dalle Istituzioni locali.

L'acciaio strategico non può prescindere da una scelta di politica industriale e conseguente direzione strategica dello Stato. Il sindacato dei lavoratori ha espresso da tempo questa oggettiva rivendicazione. Noi siamo con i lavoratori e con i sindacati, tutti, che li rappresentano con le rispettive rappresentatività che vanno tutte rispettate. Noi siamo con loro perché possono risvegliare l'orgoglio di una città silente che si lascia inconsapevolmente e colpevolmente trascinare da chi conosce ed esprime sempre e solo dei no. La decarbonizzazione è una conquista che va praticata con i tempi e i finanziamenti certi e la gradualità che richiede, per assicurarsi un futuro d' innovazione sociale ed economica  di questo territorio.

 Il Camaleonte

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