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L'analisi

Sindacato e piccole imprese, un rapporto da ripensare per il futuro del lavoro

Dal ruolo storico di difesa dei lavoratori al peso sulle PMI, l’analisi delle criticità e la richiesta di una nuova cultura delle relazioni industriali

Artigiani al lavoro

Artigiani al lavoro

BARI - Il sindacato è nato tanto tempo fa per difendere il contraente debole (come erano considerati i lavoratori dipendenti) nelle trattative di lavoro con il contraente forte; oggi troviamo lo stesso sindacato che nelle imprese più piccole costituisce il contraente forte contro l’idraulico o il negoziante che è certamente il contraente debole. Detta in altro modo: il dipendente di una piccola impresa assistito dal sindacato è il contraente forte mentre l’imprenditore è la parte debole da difendere. In una economia fatta esclusivamente di imprese piccole il ruolo del sindacato diviene fortemente disincentivante per giovani e disoccupati nell’avviare una nuova iniziativa.

Questa metamorfosi è stata favorita da una legislazione centralizzata uguale per tutti e partorita da partiti in eterna caccia di voti che, credendo di favorire i lavoratori, hanno rafforzato il sindacato e quindi hanno penalizzato le imprese; così si è favorita la disoccupazione, disincentivato l’autoimpiego, creata la precarietà; precarietà che non è una brutta parola se esiste un sistema di imprese numerose e prospere tra le quali scegliere il nuovo impiego, ma diviene una iattura se le imprese sono poche, tartassate, sottocapitalizzate e deboli; magari per colpa del fisco, burocrazia, previdenza, banche, energia, concorrenza sleale internazionale. Il contratto di lavoro a tempo indeterminato imposto egualmente a tutte le imprese infatti è terrorizzante per una impresa poco solida che quindi ricorre ad un nuovo addetto solo in casi estremi. Ancor peggio da dire per i lavoratori extracomunitari privi di conoscenza della lingua e del lavoro da svolgere e quindi da formare da zero.

Un disastro senza soluzione visibile.

In nessuna economia e nessun lavoratore ha bisogno di un sindacato che intimidisca il datore di lavoro utilizzando una legislazione certamente non super partes e quindi non equa ma sostanzialmente scritta dal sindacato stesso. Quante imprese non hanno assunto ma hanno preferito l’acquisto di una macchina al posto di un addetto? Quante non sono neanche nate? Quante hanno chiuso per aver subito vertenze e rivendicazioni del proprio dipendente che avrebbe dovuto essere loro collaboratore ma si è rivelato loro rottamatore e nemico? Quanti capitali potrebbero essere investiti in nuove attività economiche ma sono parcheggiati sui conti delle banche in attesa che la legge venga modificata? Quanta ricchezza non si è formata per via di questa stortura dannosa per lo stesso ceto lavorativo? Naturalmente in questo fenomeno perfettamente conosciuto dai suoi protagonisti e dalla politica il più danneggiato è il sud e i suoi lavoratori per la sua economia totalmente costituita da autoimpiego (da uno a cinque addetti che potrebbero raddoppiare facilmente) e PMI.

Le associazioni datoriali delle imprese minori non dispongono o non vogliono disporre di esperti giuristi che possano elaborare una proposta legislativa che superi questo obbrobrio nell’interesse dei lavoratori dipendenti ed autonomi e quindi si continua così in attesa di qualche novità da Roma. Ma la politica non possiede la cultura necessaria e l’autorevolezza minima per creare la nuova legislazione lavoristica del futuro.

Nel frattempo questo clima di sfiducia profonda nel futuro quale è preparato dai nostri politici, ha prodotto il fenomeno della denatalità collegato a quello dell’esodo/spopolamento in tutto il sud d’Europa e in ispecie nelle aree in cui l’azione del sindacato è maggiormente temuta.

In ogni elezione, cominciando dalla prossima, si deve porre al centro della futura azione di ogni grado di amministrazione il contrasto alle cause della denatalità e quindi alla formazione di un clima ottimista e quindi favorevole alla intrapresa e alla assunzione di nuovo personale…anche nell’interesse del sindacato.

Serve un cambio di mentalità molto improbabile in una sinistra che ormai da decenni guarda favorevolmente più alla importazione di nuovi disperati per perpetuare le scene già conosciute di lavoratori contrenti “deboli” contro caporali o datori di lavoro improvvisati e sottocapitalizzati ancora più deboli dei loro collaboratori ma rappresentati come sfruttatori. E quando capita si indicono da parte di qualche sindacato scioperi generali per questioni umanitarie che avvengono a migliaia di chilometri oltremare per mostrare un consenso che non si ha…cioè si mena il can per l’aia mentre i problemi nostri ed altrui rimangono -come delle montagne- lì ove sono sempre stati, sapendo che sarebbero rimasti ove sono sempre stati. E questo è un delitto volontario e premeditato economico, sociale e politico.

Per il momento e in attesa di questa ancora improbabile rivoluzione culturale del mondo del lavoro, al sindacato va inibito di entrare nei rapporti di lavoro nelle PMI se non per consulenza e accompagnamento all’impiego; le PMI sono gracili galline dalle uova d’oro che vanno liberate dalle zavorre, gelosamente difese, mai uccise e neanche ferite.

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