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L'analisi
01 Ottobre 2025 - 16:18
Una veduta aerea di Taranto
TARANTO - Dopo l'addio definitivo di Renexia che ha deciso di lasciare Taranto in favore di Vasto, esponenti politici, sindacali e di diversi livelli istituzionali, da provetti coccodrilli, versano lacrime tardive e scoprono l'acqua calda, scambiandosi accuse e reciproche responsabilità: a Taranto non vuole investire nessuno. Troppi rischi, troppi conflitti, troppe difficoltà e tante chiacchiere che come le tabacchere ‘e ligno, ‘o Banco ‘e Napule nun se ‘mpegna... e intanto si dileguano quelle poche idee che andrebbero colte e sostenute con efficacia.
Sarebbe utile chiedersi come e perché siamo giunti a tanto e, soprattutto, indicare con spirito territoriale collaborativo e irrinunciabile chiarezza, come uscire da una evidente difficoltà che ha avuto e continuerà ad avere conseguenze gravissime.
Noi ce ne siamo fatti interpreti, non da oggi, con le pagine di Buonasera24.it e, insieme a noi, Antonio Gozzi, esponente di riferimento del mondo dell'acciaio e Special Advisor di Confindustria su competitività europea e Piano Mattei. Abbiamo denunciato quell'estremismo ecologico che sta uccidendo l’industria di base da cui dipendono tutte le filiere manifatturiere a valle. Un ideologismo ambientale che a Taranto ha trovato terreno fertile
In un contesto di questo tipo, come si fa a fare impresa? Come è possibile? Chi volete che trovi la tranquillità necessaria per investire?
Resta l'imperativo, quanto mai attuale, di prevenire una destabilizzazione sociale. Si rende indispensabile un piano "totale" per Taranto. Serve una visione di sistema che, come tutti i grandi progetti industriali che attengono a interessi strategici nazionali, deve vedere coinvolti plurimi attori, pubblici e privati, sulla base di un disegno di politica industriale condiviso.
Non si tratta di proporre nuove nazionalizzazioni fuori dal tempo e dalla storia, ma ipotizzare una presenza transitoria dello Stato che accompagni il processo di decarbonizzazione dell’impianto fino a giungere a produzioni "green" rispettose dell’ambiente e delle popolazioni circostanti. Di la delle Alpi stanno facendo esattamente questo e nessuno grida allo scandalo. A seconda delle condizioni contingenti vengono usati strumenti diversi, finanziari, di supporto industriale ed energetici, per favorire e sostenere la transizione verde della siderurgia in quei Paesi.
Un investimento non solo finanziario, ma anche culturale e strutturale, in grado di delineare quel futuro produttivo e sostenibile che offra dignità e prospettive concrete ai lavoratori, impedendo che la "bomba sociale" si trasformi in una tragedia irreversibile. In altre parole, gira e rigira, la ruota ha perso l'aderenza con la realtà e chi è alla guida rischia di andare a sbattere...
E' necessario che tutte le forze rappresentative di una volontà di riscatto del nostro territorio si siedano intorno a un tavolo tematico per definire una visione che faccia i conti con la transizione che non rappresenta un limite ma una occasione per misurarsi con l'innovazione. La politica, a Taranto in particolare, è chiamata a essere occasione di confronto propositivo più che di scontro, spesso strumentale e incongruente.
Noi ci proveremo sollecitando tutti gli interlocutori utili a questa "grande impresa" a provarci con noi. Una nuova sfida che vale la pena cogliere...
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