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Bari
25 Settembre 2025 - 09:05
Grano pugliese - archivio
BARI - Il grano duro, pilastro dell’agricoltura pugliese e base della pasta italiana, vive una delle crisi più pesanti degli ultimi decenni. Da settembre 2022 ad oggi il prezzo riconosciuto ai cerealicoltori è sceso del 44%, passando da 490 euro a sole 277 euro a tonnellata, secondo le ultime quotazioni delle Borse Merci di Foggia e Bari. Un crollo verticale che rende sempre meno sostenibile il lavoro nei campi, mentre i costi di produzione – tra semina, coltivazione e raccolto – hanno superato i 1.200 euro per ettaro.
I dati sulle importazioni aggravano ulteriormente il quadro. Nel solo 2022 l’Italia aveva acquistato dall’estero oltre 2,2 milioni di tonnellate di grano duro. Nel primo semestre del 2025 il volume ha già toccato quota 1,47 milioni di tonnellate, con un incremento del 9% rispetto allo stesso periodo del 2024.
“Ad oggi non esistono politiche realmente capaci di tutelare la redditività del grano italiano, proporzionandola ai costi crescenti e al suo valore nutraceutico”, denuncia Gennaro Sicolo, vicepresidente nazionale e presidente regionale di CIA Agricoltori Italiani. Dal 2023 l’organizzazione ha promosso una campagna nazionale a sostegno del grano duro e della pasta 100% italiana, raccogliendo 100mila firme, il sostegno di circa 50 Comuni del grano di Puglia (pari a 1,4 milioni di cittadini) e mobilitando migliaia di agricoltori in manifestazioni a Foggia, Bari e Roma.
Secondo Sicolo, servono misure concrete da parte di Unione Europea e Governo italiano: incentivi alla logistica e allo stoccaggio, sgravi sugli investimenti in macchinari e ricerca, ma soprattutto la reciprocità delle regole con i Paesi extraeuropei, che oggi possono produrre con sostanze chimiche vietate in Italia e nell’Ue. “I produttori sono schiacciati tra molini e pastifici – avverte – occorre aumentare il loro potere contrattuale”.
Il grido d’allarme è ancora più forte in Capitanata, principale area cerealicola d’Italia, dove la situazione si intreccia con la carenza idrica. “Negli ultimi anni le superfici coltivate a grano duro in Foggia, Bat e area metropolitana di Bari si sono ridotte di circa 20mila ettari”, spiega Angelo Miano, presidente provinciale di CIA Capitanata. “In Capitanata le dighe ci sono, ma gli invasi restano vuoti e quest’anno la stagione irrigua non è mai partita. Le alte temperature aggravano il quadro e senza interventi drastici sarà impossibile competere con Paesi come Stati Uniti e Canada, che proteggono i loro mercati con dazi molto pesanti”.
Il rischio, avvertono gli agricoltori, è che la mancanza di regole e sostegni faccia scomparire un settore strategico non solo per l’economia pugliese, ma per l’intera filiera agroalimentare italiana.
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