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Taranto

Punta Perotti in salsa ionica: lo Yacht Village va abbattuto

Il Consiglio di Stato conferma la sentenza del Tar. La decisione è definitiva e va eseguita dal Comune

L'abbattimento di Punta Perotti a Bari

L'abbattimento di Punta Perotti a Bari

TARANTO - Il complesso edilizio dello Yacht Village sul Lungomare di Taranto deve essere demolito.

La decisione è definitiva e va eseguita dal Comune di Taranto che rilasciò illegittimamente il permesso a costruire. Il titolo edilizio non avrebbe potuto essere rilasciato, in assenza di autorizzazione paesaggistica, da ritenersi, ex art. 146 co. 4 d. lgs. n. 42/04, atto autonomo e propedeutico che dal Comune di Taranto non è stato mai richiesto.

Non siamo di fronte ad un abuso edilizio... va detto con chiarezza altrimenti questa vicenda diventa incomprensibile e persino assurda. In urbanistica "l'intreccio normativo" diventa un meandro nel quale è difficile districarsi fra diverse interpretazioni spesso contraddittorie. Lo dico per esperienza vissuta che considero comunque positiva avendo avuto l'opportunità, per qualche anno, di  "frequentare l'ambiente". Di aver conosciuto tecnici di indubbio valore professionale. Di aver assunto, da loro, un esperienza che mi ha consentito di uscire indenne da trappole insidiose... campo di battaglia d'interessi a volte legittimi, a volte "forzati", dai quali guardarsi con equilibrio e prudenza. Altri tempi, in cui la responsabilità primaria era dell'Amministratore, chiamato a rispondere di tutto il procedimento amministrativo, spesso con risvolti penali. L'abuso d'ufficio era il minimo che ti potesse capitare. C'era una motivazione prevalente che ti portava a scegliere di non scegliere, di non decidere per non "rischiare". Salvaguardare il primario interesse pubblico, spesso confliggente con quello privato, ha rappresentato il "faro" a cui ispirarmi per mantenere la rotta. E' motivo di orgoglio esserne uscito indenne, anche se, le ferite, insanabili, hanno lasciato il segno.  

Su questa vicenda alcune domande e le conseguenti risposte possono contribuire a comprendere le decisioni del TAR e del Consiglio di Stato che hanno voluto far chiarezza.

 

Perché il Comune non ha richiesto l'autorizzazione paesaggistica?

A quel vincolo sono soggetti: "i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare”. La stessa normativa di riferimento stabilisce che “La disposizione di cui al comma 1, non si applica alle aree che alla data del 6 settembre 1985 erano delimitate negli strumenti urbanistici, ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone territoriali omogenee A e B”.

I giudici hanno rilevato che l’area oggetto del permesso di costruire n. 269 del 20.11.2013, trovasi a meno di 300 metri dalla battigia; inoltre essa è perimetrata nel P.U.TT. come ambito distinto C “Territori Costruiti”; e con Delibera, del Consiglio comunale di Taranto  (n. 134 del 29.11.2002) le aree “C” sono state equiparate alle aree “A” e “B”.

La citata delibera consiliare, di equiparazione delle aree “C” in cui è compresa quella oggetto  alle aree A e B, è successiva alla data del 6.9.1985, quale ultimo giorno utile per poter accedere alla deroga prevista.

In sostanza la scelta operata dal Comune di Taranto, di equiparare le aree di tipo  C a quelle di tipo A e B, è irrilevante ai fini della deroga al regime vincolistico, essendo intervenuta abbondantemente oltre il termine ultimo del 6.9.1985.

 

E' utile ricordare che in quell'anno furono emanate due norme: La prima legge sul Condono Edilizio (47/85) e la legge "Galasso (431/85) che assoggettava certe aree ai vincoli ambientali (oggi paesaggistici) di notevole interesse pubblico istituiti, precedentemente, con decreto ministeriale. Stiamo parlando di vincoli che in una prima fase in certe aree potevano vietare qualsiasi opera edilizia, tranne quelle puramente conservative.

La Legge "Galasso" estese automaticamente l’apposizione del vincolo a certe aree, cioè senza la apposita procedura istitutiva con decreto ministeriale valevole per ciascun territorio.

L'assoggettamento automatico per legge del vincolo ambientale, trasfuso nell’art. 142 D.Lgs. 42/2004, riguardava tra gli altri i territori costieri compresi in una fascia di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;

Tuttavia la ricomprensione automatica di queste aree all’applicazione del vincolo ex lege non fu generalizzata: il legislatore scelse di esonerare da questa applicazione le aree edificate e abitate esistenti al momento dell’entrata in vigore della L. 431/85.

Ciò è avvenuto con lo stesso articolo 1 della L. 431/85, anch’esso trasfuso senza modifiche sostanziali nell’art. 142 del D.Lgs. 42/2004.

In prima applicazione furono escluse dall’assoggettamento dei nuovi vincoli ambientali “ex lege” le seguenti porzioni di territorio così classificate:

Zone Omogenee A del D.M. 1444/68 (centri storici e nuclei storici) delimitate dagli strumenti urbanistici (PRG),

Zone Omogenee B del D.M. 1444/68 (zone edificate di saturazione) delimitate dagli strumenti urbanistici (PRG);

Le altre Zone Omogenee delimitate dal D.M. 1444/68 qualora ricomprese nei piani pluriennali di attuazione, come delimitati negli strumenti urbanistici (PRG);

Centri edificati perimetrati ai sensi dell’art. 18 della L. 865/1971 nei Comuni sprovvisti di strumenti urbanistici.

 

Col riordino della materia paesaggistica e beni culturali del Codice dei Beni Culturali, la suddetta eccezione è rimasta pressoché invariata.

Leggendo bene il comma 2 dell’art. 142 D.Lgs. 42/2004, si comprende che il legislatore  volle tuttavia introdurre un riferimento temporale: l’esclusione dei vincoli ex lege si applica soltanto a quelle aree che risultavano classificate in quel modo alla data del 6 settembre 1985:

Zone territoriali omogenee A e B delimitate negli strumenti urbanistici , ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444

Zone territoriali omogenee diverse dalle zone A e B delimitate negli strumenti urbanistici ex D.M. 1444/68, limitatamente alle parti di esse ricomprese  in piani pluriennali di attuazione, a condizione che le relative previsioni siano state concretamente realizzate;

Centri edificati perimetrati nei comuni sprovvisti di tali strumenti, ai sensi dell’articolo 18 Legge n. 865/1971.

Una specifica variazione fu introdotta circa l’avvenuta realizzazione di piani pluriennali di attuazione.

 

Esiste uno specifico riferimento alle zone allora perimetrate nei piani pluriennali attuativi. Infatti per esse l’attuale Codice dei Beni Culturali ha introdotto la condizione che tali previsioni siano state concretamente compiute: erano delimitate negli strumenti urbanistici ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444,  come zone territoriali omogenee diverse dalle zone A e B, limitatamente alle parti di esse ricomprese  in piani pluriennali di attuazione, a condizione che le relative previsioni siano state concretamente realizzate;

Nel comma 2 lettera B dell’art. 142 D.Lgs. 42/2004 compare questa importante condizione aggiuntiva, che pone un limite all’eccezione. Infatti tale esclusione non vale dal momento in cui tali previsioni siano scadute senza la loro effettiva realizzazione. E siccome il riferimento temporale è al 6 settembre 1985, sono ampiamente decaduti gli effetti di quegli strumenti attuativi.

 

Com'è noto la decisione del Consiglio di Stato deve considerarsi inappellabile e definitiva. Tanto perché la giustizia amministrativa, si compone soltanto di due gradi di giudizio, ammettendo il ricorso alla Suprema Corte soltanto per motivi inerenti la giurisdizione: il primo trova esecuzione dinanzi ai Tribunali Amministrativi Regionali ed il secondo, relativo all’eventuale attività di controllo sulle decisioni del giudice di prime cure, viene costituzionalmente garantito dal Consiglio di Stato che, nelle sue tre sezioni giurisdizionali, svolge funzioni di giudice di appello.

La partita deve considerarsi conclusa e passata in "giudicato".

Non esiste alternativa praticabile alla ordinata esecuzione della demolizione e, qualora il Comune dovesse risultare inadempiente, rischierebbe la nomina di un commissario ad acta.

 

Contro la sentenza del TAR ha ricorso il Comune di Taranto che aveva interesse a farlo. Non si sono costituiti i ricorrenti al permesso edilizio, soddisfatti delle decisioni dei giudici di prime cure. La stranezza è rappresentata dall'assenza in entrambi i giudizi della società titolare del permesso a costruire: ha scelto di non costituirsi in entrambi i giudizi. Perché?

La risposta l'avremo nei prossimi sviluppi rappresentati dalla ben più complessa "grana" del risarcimento dei danni agli aventi diritto. Un devastante quanto prevedibile contenzioso che ricorda la demolizione del complesso edilizio di Punta Perotti, sul lungomare sud di Bari, pagato dal comune a caro prezzo con strascici che si sono trascinati e conclusi a fine luglio di quest'anno con la decisione della Suprema Corte. Una ulteriore tegola caduta sulla testa del Sindaco Bitetti la cui tenacia pare essere spinta dal pensiero di Lorenzo Cherubini: Io penso positivo perché son vivo e  finché son vivo, niente e nessuno al mondo potrà fermarmi dal ragionare...

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