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Cronaca

Sicurezza stradale urbana: misure per proteggere ciclisti e rider

Le soluzioni possibili per un centro città più sicuro senza rinunciare alla mobilità attiva

Sicurezza stradale urbana: misure per proteggere ciclisti e rider

Una sera di agosto ad Andria, Nicola Casucci, giovane rider di vent’anni, stava percorrendo l’ultima consegna prima di tornare a casa, forse all’università, che si stava pagando con fatica pedalata dopo pedalata. Un incidente stradale letale in pieno centro città ha stroncato quella giovane vita, rinnovando l’urgenza di interrogarsi sulle misure di sicurezza per chi si muove sulle due ruote nelle aree urbane italiane. Questo tragico episodio, avvenuto il 15 agosto 2025, offre uno spunto di riflessione sulle necessità concrete per ridurre incidenti e vittime tra ciclisti e rider, figure sempre più presenti nel traffico cittadino.

Un bilancio drammatico in crescita

I dati sulla mobilità urbana segnalano che, sebbene ci sia stata una lieve diminuzione degli incidenti che coinvolgono ciclisti (-8,9% secondo fonti del maggio 2025), la sicurezza resta ancora un tema prioritario. L’indice di mortalità per questi utenti vulnerabili è contenuto ma non trascurabile (1,2%). Rider e ciclisti, che spesso si spostano lungo strade a traffico intenso, sono esposti a rischi elevati a causa di fattori infrastrutturali e normativi che non sempre li tutelano adeguatamente.

Infrastrutture: il nodo delle piste ciclabili e delle zone 30

Il quadro normativo italiano nel 2024-2025 ha visto cambiamenti importanti. Il nuovo Codice della Strada, entrato in vigore il 14 dicembre 2024, ha introdotto alcune norme volte a migliorare la sicurezza, come l’obbligo per gli automobilisti di mantenere una distanza laterale di almeno 1,5 metri nel sorpasso di ciclisti. Tuttavia, tale obbligo è applicabile solo ove le condizioni della strada lo consentano, con un'applicazione pratica spesso limitata nelle strette vie dei centri urbani.

Purtroppo, molte misure che potevano favorire la sicurezza, come le zone 30 km/h, risultano ora limitate dalle nuove disposizioni che restringono il potere delle amministrazioni locali di istituirle autonomamente. Queste zone, ritenute uno strumento efficace a livello europeo per diminuire incidenti e gravità dei sinistri in ambito urbano, soprattutto per utenti deboli come ciclisti e pedoni, richiedono ora un lungo iter di approvazione centralizzato che ne rallenta la diffusione.

Parallelamente, la realizzazione delle piste ciclabili incontra ancora ostacoli: il nuovo Codice non prevede incentivi o risorse nazionali costanti per queste infrastrutture, lasciando ai singoli comuni il compito di investire risorse proprie in un contesto di risorse limitate e priorità multiple. L’effetto è una rete ciclabile non uniforme e spesso insufficiente a garantire percorsi protetti e continui, costringendo ciclisti e rider a condividere spazi con le auto in condizioni di rischio elevato.

Regolamentazioni e obblighi: un equilibrio delicato

L’inasprimento di alcune regole, come l’obbligo per ciclisti e monopattinisti di accendere luci di posizione anche di giorno in condizioni di scarsa visibilità o l’estensione dell’obbligo di casco ai monopattini per tutte le età, mostra un’attenzione crescente alla sicurezza. Tuttavia, molte di queste misure sono percepite come restrittive e talvolta penalizzanti per la mobilità attiva, senza però accompagnarsi a un adeguato potenziamento delle infrastrutture di sicurezza.

Inoltre, la limitazione delle sanzioni per chi parcheggia in modo scorretto in aree destinate ai ciclisti e pedoni compromette ulteriormente la sicurezza, poiché questi fattori ostacolano il corretto uso degli spazi urbani e mettono a repentaglio la protezione degli utenti vulnerabili.

Soluzioni infrastrutturali e policy per un centro città sicuro

Partendo dall’analisi delle criticità, ecco alcune delle principali soluzioni messe in rilievo da esperti e associazioni:

Diffusione capillare delle zone 30 km/h: ridurre drasticamente la velocità massima nei centri urbani è riconosciuto come il mezzo più efficace per limitare la gravità degli incidenti. È indispensabile restituire autonomia alle amministrazioni locali per l’istituzione rapida di queste zone.

Realizzazione e manutenzione delle piste ciclabili protette: percorsi ciclabili fisicamente separati dal traffico motorizzato, continui e ben collegati, che garantiscano sicurezza ai ciclisti e riducano i conflitti con auto e motocicli.

Incentivi per la mobilità sostenibile: finanziamenti pubblici mirati per comuni e cittadini, per promuovere l’uso della bicicletta e dei mezzi di micromobilità, accompagnati da campagne di sensibilizzazione.

Controlli e sanzioni più rigorosi: sanzionare efficacemente le infrazioni che mettono a rischio l’incolumità di ciclisti e pedoni, come la sosta illegale su piste ciclabili o marciapiedi, e garantire un monitoraggio costante della velocità.

Formazione e informazione: campagne pubbliche per aumentare la consapevolezza tra automobilisti e utenti deboli sulle regole di convivenza e rispetto reciproco nella mobilità urbana.

L’impegno delle istituzioni e delle associazioni

La Fondazione Michele Scarponi è una delle voci più critiche rispetto alle recenti modifiche normative, denunciando la riduzione delle tutele e la scarsa attenzione alle reali esigenze della sicurezza stradale. Dalla sua prospettiva, è fondamentale un cambio radicale di approccio, che privilegi la protezione degli utenti vulnerabili e dia strumenti concreti agli enti locali per agire.

Allo stesso modo, la Federciclismo ha sottolineato l’urgenza di interventi strutturali per prevenire nuove tragedie come quella di Nicola Casucci, insistendo su una politica che coniughi sicurezza e promozione della mobilità attiva.


Il dramma di Andria rappresenta un tragico monito per tutte le città italiane: un sistema di mobilità urbana più sicuro e inclusivo richiede scelte coraggiose, dalle infrastrutture alle regole, per tutelare chi ogni giorno pedala o consegna con impegno e passione, rischiando la propria vita sull’asfalto delle nostre città.

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