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Taranto

Contrabbando di gasolio, condannato a 3 anni Michele Cicala

Il tribunale di Lagonegro ha escluso l’aggravante mafiosa: pene ridotte anche per Pietro Buscicchio. Dieci anni a Raffaele Diana, considerato socio occulto di una società di carburanti

Un'aula di Tribunale

Un'aula di Tribunale

TARANTO - Si è chiuso con condanne più lievi rispetto alle richieste della pubblica accusa il processo per il traffico illecito di gasolio agricolo che vedeva coinvolti esponenti tarantini, imprenditori lucani e un clan campano.

Il giudice del tribunale di Lagonegro, in provincia di Potenza, ha inflitto 3 anni di reclusione a Michele Cicala, tarantino ritenuto al vertice del gruppo, e la stessa pena a Pietro Buscicchio. Per entrambi è caduta l’aggravante mafiosa che era stata contestata. La pubblica accusa aveva chiesto 8 anni di carcere.

Più pesante la condanna per Raffaele Diana: per lui la pena è stata fissata in 10 anni, contro i 12 proposti dal pm.

Le indagini condotte dalla Guardia di Finanza di Taranto, coordinate dalla Dda di Potenza e dal pm dell’Antimafia di Lecce, hanno ricostruito un presunto meccanismo che avrebbe garantito profitti illeciti per milioni di euro. Secondo l’accusa, i tarantini fornivano ai campani nominativi di società autorizzate all’acquisto di gasolio agricolo, che veniva poi rivenduto come normale carburante per mezzi pesanti. Grazie al regime agevolato delle accise, il carburante veniva comprato a prezzi ridotti e rivenduto con ampi margini di guadagno.

I proventi sarebbero stati riciclati in bar, ristoranti e discoteche di Taranto, con l’impiego in alcuni casi di uomini delle forze dell’ordine o di loro familiari, così da rendere più difficili i controlli.

Le difese avevano contestato la ricostruzione della procura, ottenendo comunque una riduzione sostanziale delle pene rispetto a quanto richiesto dall’accusa.

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