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L'intervento
10 Settembre 2025 - 12:28
Nave rigassificatrice
Riceviamo e pubblichiamo un lungo e articolato intervento a firma di Gladys Spiliopoulos, membro del Comitato per la Difesa del Territorio Jonico, del WWF Taranto e del relativo Comitato Scientifico, realtà con cui ha seguito fin dall’inizio la vicenda del dissalatore del fiume Tara e curato le osservazioni contro il progetto di fotovoltaico flottante nel Mar Piccolo. Collabora inoltre con l’associazione Terra Jonica, movimento giovanile attivo nel territorio. L'articolo è pensato come risposta alle dichiarazioni recentemente rilasciate a favore della nave rigassificatrice. L’articolo, secondo l'autore, intende fornire un’analisi tecnico-scientifica sui rischi reali legati a questo progetto, mettendo in evidenza criticità normative, ambientali, di sicurezza e di impatto economico.
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"L’ipotesi di installare un’unità galleggiante di stoccaggio e rigassificazione (FSRU) nel porto di Taranto si inserisce in un contesto territoriale già segnato da una pressione industriale e ambientale senza precedenti. Taranto è un Sito di Interesse Nazionale (SIN) per le bonifiche, riconosciuto per la gravità della contaminazione storica e per il rischio sanitario cumulativo che grava sulla popolazione. È anche un nodo portuale strategico, ma fragile, stretto tra le esigenze di rilancio economico e la necessità inderogabile di una vera transizione ecologica.
A fronte di dichiarazioni ottimistiche – come quelle di Confindustria Taranto e del Consorzio Ionian Shipping, che parlano di “sicurezza garantita”, “opportunità occupazionali” e “rilancio dei traffici” – occorre verificare, alla luce della letteratura scientifica, della normativa europea e delle esperienze recenti, se tali affermazioni trovino riscontro.
Sicurezza garantita? Il vincolo Seveso e l’area SIN
Una FSRU è classificata come impianto a rischio di incidente rilevante ai sensi della Direttiva Seveso III (2012/18/UE). La manipolazione di gas naturale liquefatto (GNL) – sostanza estremamente infiammabile, mantenuta a –162 °C – comporta scenari incidentali che includono esplosioni, incendi e dispersioni criogeniche.
Il GNL, se accidentalmente rilasciato in mare, evapora istantaneamente: il liquido passa allo stato gassoso formando bolle di metano che si diffondono appena sotto la superficie, trattenute dalla tensione superficiale marina. Queste bolle, muovendosi in tutte le direzioni fino a raggiungere un diametro critico, possono innescare una deflagrazione devastante. È un fenomeno paragonabile all’olio versato in una pentola di acqua bollente: per il GNL, l’acqua del mare diventa il catalizzatore del passaggio allo stato gassoso e della successiva esplosione.
Nel caso di Taranto, il rischio è aggravato dalla prossimità con altre installazioni industriali. La torcia dell’Eni si trova a circa 1,7 km dal molo polisettoriale: in caso di incidente, la possibilità di un effetto domino sarebbe concreta, con conseguenze incalcolabili.
Va inoltre ricordato che Taranto è una base NATO e area di transito di sottomarini a propulsione nucleare, di cui non sono note né rotte né manovre operative. Una collisione accidentale tra una nave metaniera e un’unità militare comporterebbe rischi sistemici che vanno ben oltre la dimensione locale, rendendo il porto jonico un nodo geopolitico estremamente vulnerabile.
La Direttiva Seveso impone vincoli di pianificazione territoriale e criteri di non aggravio del rischio cumulativo, particolarmente stringenti in aree già industrializzate. Taranto ospita acciaieria, raffineria, depositi chimici e impianti energetici: un contesto in cui l’introduzione di una FSRU violerebbe la ratio stessa della normativa, che mira a ridurre e non a moltiplicare le sorgenti di rischio.
Definire “sicuro” un impianto di questo tipo nel cuore di un’area urbana e industriale già segnata da criticità ambientali è dunque un’affermazione priva di fondamento.
Opportunità occupazionali: il mito dei posti di lavoro
Confindustria e ISC insistono sulla retorica delle ricadute occupazionali, ma i “molteplici benefici per l’indotto” non sono supportati dai dati. I casi italiani recenti dimostrano infatti il contrario. A Piombino, l’impianto FSRU ha generato meno di 40 unità lavorative permanenti, a fronte di un impatto negativo sul traffico crocieristico (-70% tra 2023 e 2024) e sull’economia turistica. Anche a Ravenna, le promesse di occupazione si sono rivelate marginali rispetto ai rischi percepiti dalla comunità locale e agli impatti sugli ecosistemi marini.
Le FSRU sono impianti ad alta intensità di capitale e bassa intensità di lavoro a causa dell’altissimo livello di automazione. I posti temporanei in fase di cantiere non rappresentano un beneficio strutturale. In compenso, i settori tradizionali della pesca e della mitilicoltura rischiano di subire un colpo devastante, con perdite occupazionali permanenti, per gli effetti irreversibili sugli ecosistemi marini.
Rilancio dei traffici portuali o nuova marginalizzazione?
Secondo gli industriali, la FSRU “riattiverebbe i traffici”. In realtà, l’esperienza mostra che la presenza di un terminale di rigassificazione introduce vincoli di sicurezza che sottraggono aree operative e generano interferenze con le altre attività portuali.
A Taranto, ciò significa:
Il porto ionico, già fragile e sottoutilizzato, rischierebbe di vincolarsi a una monocoltura energetica che riduce, invece di ampliare, la sua diversificazione economica.
Decarbonizzazione o lock-in fossile?
Il GNL viene presentato come “ponte” verso la decarbonizzazione. La letteratura scientifica dimostra il contrario.
Gli studi di Robert Howarth (Cornell University, 2023-2024) hanno quantificato l’impronta climatica del GNL lungo l’intero ciclo di vita (estrazione, liquefazione, trasporto, rigassificazione, combustione). Risultato: il GNL ha un impatto superiore al carbone del 33% su orizzonte ventennale (GWP20) e pari o superiore anche su scala secolare (GWP100)
Le cause principali sono le fughe di metano (slip e boil-off), gas che nei primi vent’anni è oltre 80 volte più climalterante della CO₂, e l’elevato consumo energetico dei processi di liquefazione e trasporto.
Parlare di “decarbonizzazione” tramite GNL significa ignorare la scienza più aggiornata e perpetuare una trappola fossile.
Modernità tecnologica o problemi insolubili?
Si cita spesso l’evoluzione tecnologica come garanzia. In realtà, gli studi recenti dimostrano che:
Affidarsi alla “tecnologia futura” come soluzione è un atto di fede, non un piano energetico razionale.
La perdita dei servizi ecosistemici: un costo nascosto ma decisivo
Il Mar Piccolo e il Mar Grande non sono semplici bacini d’acqua: sono sistemi che forniscono servizi ecosistemici vitali.
Questi servizi, pur non contabilizzati nei bilanci industriali, hanno un valore stimabile in miliardi di euro secondo le metodologie TEEB e IPBES. La loro perdita rappresenta un costo-opportunità enorme, che vanifica ogni presunto beneficio della FSRU.
La proposta di una nave rigassificatrice a Taranto non risponde ai criteri minimi di sicurezza, sostenibilità e coerenza normativa. È una scelta regressiva, che moltiplica i rischi industriali, aggrava la crisi climatica, marginalizza le economie locali e distrugge capitale naturale.
In un territorio che ha già pagato un prezzo altissimo, perseverare su questa strada significa consolidare l’errore a avere disprezzo per il territorio e la salute della collettivtà.
Gladys Spiliopoulos
Riferimenti bibliografici
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Testata: Buonasera
ISSN: 2531-4661 (Sito web)
Registrazione: n.7/2012 Tribunale di Taranto
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