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Taranto

Ex Ilva, la Fiom Cgil contro i trasferimenti di 20 lavoratori della ditta La Cisa

Il sindacato denuncia una scelta ingiustificata: “Così si disperdono professionalità e si penalizzano i più deboli. Ci sono strumenti alternativi da utilizzare”

Altoforno 2

Altoforno - archivio

TARANTO - La vicenda degli appalti nell’ex Ilva di Taranto si arricchisce di un nuovo fronte di tensione. La Fiom Cgil provinciale ha reso noto che la ditta La Cisa ha avviato la procedura per il trasferimento di 20 dipendenti verso altre sedi produttive, situate tra Udine e Bergamo. Una decisione che, secondo il sindacato, rischia di determinare non solo un taglio occupazionale ma anche una perdita di competenze fondamentali per accompagnare la fase di transizione ecologica dell’acciaieria.

La segreteria provinciale della Fiom Cgil, in una comunicazione indirizzata ai commissari straordinari e alle associazioni datoriali, ha espresso forti perplessità sulla legittimità del provvedimento. Secondo i sindacalisti, infatti, l’azienda avrebbe potuto ricorrere a strumenti diversi, come l’uso degli ammortizzatori sociali o l’attivazione di trasferte temporanee, previsti dal contratto collettivo nazionale.

A rafforzare le critiche c’è un ulteriore elemento: dalle interlocuzioni con il Governo, ricorda la Fiom, era emersa l’indicazione di un graduale aumento della produzione con la ripartenza dell’altoforno 2, circostanza che renderebbe ancora meno comprensibile la scelta dei trasferimenti, vista la natura temporanea della crisi in cui versa lo stabilimento.

La Cisa ha deciso comunque di procedere, avviando in un primo momento il trasferimento di 10 lavoratori. Nella fase di esame congiunto, la Fiom ha inoltre segnalato incongruenze nei criteri di individuazione del personale, che avrebbero finito per colpire soprattutto dipendenti ultracinquantenni con problemi di salute.

Il sindacato chiama in causa la responsabilità della società in amministrazione straordinaria, che in quanto stazione appaltante deve assicurare non solo la gestione industriale ma anche un ruolo sociale nella scelta delle imprese, garantendo la tutela dei posti di lavoro e la qualità dell’occupazione.

Non manca un richiamo al fenomeno del dumping contrattuale, più volte denunciato dalla Fiom, che avrebbe caratterizzato sia la gestione di ArcelorMittal sia alcune aziende dell’indotto, con conseguenze sul costo del lavoro e, soprattutto, sugli standard di sicurezza.

“Ci sono gli strumenti per impedire questa scelta – sottolinea la Fiom – e vanno utilizzati per tutelare i lavoratori. Non si può continuare a far pagare ai dipendenti il prezzo delle decisioni aziendali”.

La vertenza, ora nelle mani della gestione commissariale e delle associazioni datoriali, si annuncia come un nuovo banco di prova per il già fragile equilibrio occupazionale dell’ex Ilva.

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