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“Mia Moglie”, il gruppo social sotto accusa: “Non è condivisione, è violenza”

L’Ordine delle Psicologhe e degli Psicologi di Puglia: “Le donne esibite senza consenso sono vittime di una cultura patriarcale che umilia e ferisce”. Appello ai centri antiviolenza

Francesca Cafarella

Francesca Cafarella

BARI - Un gruppo Facebook con 32 mila iscritti in cui uomini si scambiavano immagini intime delle proprie compagne senza consenso. È il caso di “Mia Moglie”, finito al centro delle cronache e condannato duramente dall’Ordine delle Psicologhe e degli Psicologi della Regione Puglia attraverso la voce della coordinatrice della Commissione Pari Opportunità, Francesca Cafarella.

Non si tratta di un semplice gruppo privato, non è uno scherzo, non è condivisione. È violenza”, ha dichiarato Cafarella, sottolineando come in questo fenomeno emerga “una cultura che considera il corpo delle donne come un oggetto da possedere, esibire, controllare, umiliare”.

Secondo la Commissione, il gruppo ha messo in scena una dinamica di dominio: mariti che credono di avere il diritto sul corpo delle proprie compagne e mogli ignare esibite come trofei, costrette a subire una forma di violenza che ricade anche sui figli, esposti a una violenza assistita con pesanti conseguenze psicologiche.

“Quello che è accaduto – ha aggiunto Cafarella – non è un episodio isolato, ma l’espressione di una cultura patriarcale ancora radicata, che alimenta il dominio maschile sulla donna”.

La Commissione Pari Opportunità si è unita all’appello dei Centri antiviolenza pugliesi, invitando tutte le donne che inconsapevolmente sono finite all’interno del gruppo a rivolgersi in totale anonimato a una struttura specializzata. È possibile contattare il numero 1522, attivo 24 ore su 24, per ricevere sostegno immediato e gratuito, oltre a percorsi di tutela e accompagnamento per elaborare l’accaduto.

Un messaggio forte, che richiama l’attenzione su una vicenda che va ben oltre la rete e che mette in luce ancora una volta come il web possa trasformarsi in uno strumento di umiliazione e controllo, se non accompagnato da rispetto e responsabilità.

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