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Gallipoli
20 Agosto 2025 - 07:38
Movida notturna - archivio
GALLIPOLI - Preoccupa l’episodio avvenuto a Gallipoli, dove sette ragazzi sono rimasti coinvolti in una violenta rissa all’esterno di un locale notturno. Il fatto, nato da un presunto furto di una collanina, è stato condannato dal Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani (CNDDU), che lo interpreta non come un semplice episodio di cronaca legato alla movida estiva, ma come il segnale di un profondo disagio educativo e sociale.
Secondo il Coordinamento, la lite esplosa da un motivo banale rivela incapacità di gestione delle emozioni e scarso riconoscimento della dignità altrui. Pur non avendo avuto conseguenze fisiche gravi, la vicenda mette in evidenza la mancanza di competenze socioemotive e l’assenza di quei valori fondamentali che dovrebbero guidare la convivenza civile.
Il presidente del CNDDU, Romano Pesavento, ha sottolineato che la scuola deve andare oltre la sola trasmissione di conoscenze, assumendo un ruolo centrale nella formazione alla legalità, al rispetto e alla gestione non violenta dei conflitti. Non bastano progetti saltuari, ha ribadito, ma serve una politica educativa strutturata che inserisca i diritti umani come parte integrante del percorso scolastico.
Il Coordinamento ha inoltre richiamato l’attenzione sul contesto sociale in cui episodi del genere si inseriscono: precarietà esistenziale, mancanza di spazi di aggregazione, relazioni comunitarie impoverite e una cultura giovanile che troppo spesso misura il successo in termini superficiali e immediati. In questo vuoto, ha osservato il CNDDU, cresce il rischio che la ricerca di riconoscimento passi attraverso la forza, la violenza o la trasgressione.
Per queste ragioni, l’associazione dei docenti sollecita una risposta coordinata tra scuole, famiglie, istituzioni e associazioni del territorio, affinché si ricostruisca nei giovani il senso di appartenenza, di responsabilità e di fiducia nelle regole della vita civile.
“L’episodio di Gallipoli – ha concluso Pesavento – deve spingerci a riflettere: la violenza giovanile non è un’emergenza da affrontare caso per caso, ma il sintomo di un vuoto educativo che richiede soluzioni stabili e lungimiranti”.
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