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L'analisi
20 Agosto 2025 - 07:18
Donald Trump, presidente degli Stati Uniti d'America
TARANTO - Dopo il 25 aprile del 1945 “un popolo di fascisti” si trasformò in “un popolo antifascista” iniziando l’opera di eroicizzazione di taluni e la demonizzazione di altri che continua a tutt’oggi con narrazioni favolistiche dove alterano i fatti e lo fanno attraverso la stampa cartacea e quella dei talk show di tutte le reti.
Infatti, in questi giorni siamo stati bombardati in Tv attraverso “valenti opinionisti” di ogni genere e tipo che dissertavano su questioni vitali per il mondo come del tappeto rosso steso per Putin oppure sulla stretta di mano ed il salutino di Trump. Per non parlare dell’auto blindata dell’inquilino della Casa Bianca dove ha fatto salire, niente di meno, che il leader russo. Ma l’orgasmo parolaio è stato raggiunto allorquando, finito il colloquio, i due leaders si sono presentati alla stampa per fare solo comunicazioni dove, vista la posta in gioco, non potevano che essere parole vuote e prive di contenuti in quanto non vi erano notizie di nessun tipo. Eppure, in quell’occasione i vari giornalisti/e fra cui spiccano specialmente quelli ex Rai in pensione interpretavano quello che non c’era ovvero l’accordo. Le cose sono addirittura peggiorate allorchè Trump ha invitato a Washington Zelensky e i leaders europei per informarli di quanto si era detto col capo del Cremlino.
Occupandoci di Storia teniamo a ribadire la nostra tesi, già pubblicata su questa testata ed altre testate, secondo cui l’amministrazione USA ha in testa un solo ed unico obiettivo: cercare, attraverso delle concessioni, di staccare seppure in parte Mosca da Pechino. Cinquanta anni fa un presidente americano capì che per combattere le autocrazie dell’epoca, Cina ed URSS, bisognava cambiare spalla al fucile e mettere in atto l’antico motto di Roma imperiale: divide et impera! Già nel 1967 Richard Nixon scriveva che era "del tutto impossibile lasciare la Cina fuori dalla comunità delle nazioni". Il riavvicinamento tra i due Paesi avvenne in maniera felpata e graduale.
Dapprima, nell'estate del 1969, gli USA decisero, in modo autonomo, di eliminare alcune restrizioni commerciali a Pechino e nel 1971, la squadra americana di Ping-pong venne invitata a partecipare ad un importante torneo in Cina, dando così inizio alla cosiddetta “diplomazia del Ping Pong”. Il riavvicinamento ufficiale si formalizzò nell’ultima settimana di febbraio del 1972. Nixon e Kissinger si incontrarono col presidente Mao Zedong ma, soprattutto, tennero diversi incontri anche con Zhou Enlai, grande diplomatico e primo ministro cinese, col quale firmarono il famoso ed attuale comunicato di Shanghai. Tale documento, ancora in vigore, pose le basi per le relazioni bilaterali sino-americane. Il comunicato includeva innanzitutto il riconoscimento del principio di una sola Cina, con il quale gli Stati Uniti per la prima volta riconoscevano l’unità della Cina comunista e di Taiwan, dove si era rifugiato il governo nazionalista, eliminando la frattura politico-diplomatica anche in sede di Assemblea generale delle Nazioni Unite, dove ancora negli anni Settanta sedeva la Cina nazionalista fuggita a Taiwan.
La Cina concedeva agli Stati Uniti il riconoscimento della loro supremazia nel Pacifico e si impegnava a contrastare l’eventuale tentativo di espansione dell’area di una terza potenza, l’URSS. Inoltre, il comunicato prevedeva la quasi totale normalizzazione dei rapporti economico-commerciali tra i due Paesi. La politica estera, quasi ad ampia gestione del Dipartimento di Stato guidato ed ispirato da Henry Kissinger, era il frutto di quel vitale dipartimento in cui ben 65 sezioni ed innumerevoli sottosezioni, vigilano sull’intero mondo terracqueo da sempre al di là di chi viene eletto presidente. Ciò per ricordare a tutti ma, in particolar modo, agl’innumerevoli opinionisti nostrani che si azzuffano in Tv che il vero “avversario planetario” per gli Stati Uniti è la Cina e non certamente da ora che c’è Trump.
Infatti, l’operazione partì da Bush padre subito dopo l’implosione sovietica del 1991, continuò con Clinton, per poi passare a Bush figlio, ampliandosi con Obama, il primo Trump e poi con Biden. La stessa e costante linea di politica estera sul come contenere la potenza cinese. Tutto questo per dire che Trump porta avanti, forse in modo un po' estemporaneo ed eccentrico, quella che è la linea degli USA da anni che è determinata in primis dal Dipartimento di Stato il più potente e prestigioso ministero degli Stati Uniti con una struttura di 60 uffici e decine di settori al di sotto che monitorano e controllano da decenni, con il supporto della N.S.A. e di Echelon, tutto ciò che avviene nel mondo e che fornisce report al Presidente. Senza dimenticare la C.I.A. e l’F.B.I. che ogni giorno aggiornano le situazioni del mondo nei briefing quotidiani nello Studio Ovale supportati dal Dipartimento della Sicurezza Interna, dal Pentagono e dall’onnipotente National Intelligence a capo delle 17 agenzie di intelligence americane, avete letto bene 17 servizi segreti.
Con tutti questi soggetti che gestiscono informazioni ed elaborano proposte è inimmaginabile che Trump possa eluderli e fare di testa sua. La conclusione, quindi, è legata all’obiettivo primario: cercare, con concessioni, di staccare, seppure parzialmente, la Russia dalla Cina ed i costi saranno addebitati prevalentemente all’Ucraina e all’Europa. D’altronde l’abbandono di Paesi alleati non è una novità assoluta. Valga per tutti l’abbandono della Polonia dopo l’invasione tedesca e sovietica del primo settembre 1939 che fu l’elemento scatenante per il quale la Gran Bretagna e la Francia entrarono in guerra dopo essersi posto il quesito se valeva la pena di morire per Danzica. Il seguito fu la nascita del governo della Repubblica Polacca in esilio rifugiatosi e sostenuto economicamente e militarmente da Londra per anni.
Durante la Seconda guerra mondiale, il governo in esilio polacco diresse le Forze armate polacche in Occidente e le forze partigiane polacche (l'Armia Krajowa) da Londra. Al termine del conflitto e con gli accordi di Jalta in cui Churchill li abbandonò nelle braccia di Stalin non fu più riconosciuto e rimase senza poteri effettivi, ma fu attivo fino alla fine della Repubblica Popolare di Polonia nel 1990, quando trasferì formalmente le responsabilità al nuovo governo dopo l’implosione dell’URSS nelle mani di Solidarnosc guidata da Lech Walesa. Una guerra mondiale per la Polonia e, una volta terminata, consegnata nelle mani di uno dei due invasori: Stalin.
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