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Andria

Rissa tra giovani, “Un campanello d’allarme per tutta la comunità”

Il Coordinamento dei docenti di Diritti Umani interviene dopo l’episodio del 17 agosto: “Non basta condannare la violenza, serve educare alla legalità e al rispetto reciproco”

Il Palazzo di Città di Andria - foto Comuni-italiani

Il Palazzo di Città di Andria - foto Comuni-italiani

ANDRIA - La rissa avvenuta la sera del 17 agosto nel cuore di Andria, a pochi passi da Palazzo di Città, con due giovani che sono venuti alle mani e uno di loro ricoverato in ospedale, non può essere ridotta a un semplice episodio di cronaca. A sottolinearlo è il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani (CNDDU), che parla di un segnale preoccupante per l’intera comunità.

Secondo il CNDDU, ogni volta che la violenza si insinua nei rapporti tra ragazzi, diventa necessario interrogarsi sulle radici del fenomeno. Un litigio degenerato in aggressione, la fuga dalle proprie responsabilità e l’incapacità di trovare forme di dialogo costruttivo, rappresentano il sintomo di un disagio che non riguarda solo i protagonisti diretti, ma la società nel suo insieme, le famiglie e il mondo educativo.

Per il coordinamento, episodi di questo genere mettono in evidenza l’urgenza di offrire ai giovani punti di riferimento solidi, spazi dove la frustrazione possa trasformarsi in espressione creativa e non violenta, e figure adulte capaci di ascolto autentico. La scuola, insieme a tutta la comunità educante, deve tornare a svolgere un ruolo guida, trasformando i conflitti in occasioni di crescita piuttosto che in motivo di esclusione.

“Solo un investimento costante nell’educazione affettiva, civica e culturale può restituire senso alle relazioni e fornire ai ragazzi strumenti per affrontare le tensioni in modo costruttivo” sottolinea il presidente del CNDDU, professor Romano Pesavento. Da qui l’appello a rafforzare la cultura della legalità all’interno delle scuole, non con slogan, ma con percorsi concreti e continui che facciano percepire il rispetto delle regole non come imposizione, ma come condizione indispensabile per vivere relazioni sane e rispettose.

Secondo il coordinamento, educare alla legalità significa insegnare a leggere i conflitti e trasformarli in opportunità di confronto. La scuola deve diventare la palestra civile dove si apprendono e si praticano responsabilità individuali e collettive, così da liberare energie oggi imbrigliate in rabbia e rancore.

Il fatto avvenuto ad Andria, conclude il CNDDU, richiama tutti a una responsabilità condivisa: non fermarsi alla cronaca di un’aggressione, ma impegnarsi per costruire giorno dopo giorno un tessuto sociale più solido, capace di trasmettere alle nuove generazioni il linguaggio del rispetto reciproco.

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