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L'analisi

Vertice Trump-Putin, diplomazia personale e messaggi all’Europa

Dall’Ucraina al commercio globale, i due leader lanciano un messaggio di rottura con la tecnodiplomazia. Gli equilibri mondiali passano ora da loro

Con l'Ucraina in Europa

Il conflitto in Ucraina - archivio

Premesso che vogliamo credere alla sincerità delle dichiarazioni dei due Presidenti (Trump e Putin, ndr) e alla corretta traduzione che, effettuata meccanicamente, potrebbe non essere perfetta, è necessario capire cosa hanno voluto dire i due Presidenti anche per comprendere quanto riportato da altri giornali che stanno facendo credere a un fallimento, visto che non è stato deciso nulla di concreto come era nelle attese e nelle intenzioni del Presidente Trump.

È emersa con chiarezza la volontà di mostrare l’esistenza di un rapporto preferenziale tra le due superpotenze. Quindi l’esito finale e concreto del vertice è stato affidato agli europei della UE e dell’Ucraina: “noi siamo pronti a farla finita! se non si dovesse riuscire la responsabilità sarà vostra e sarete fuori dal nostro rapporto preferenziale”. Questo sembra essere il messaggio lanciato da Putin e Trump, precisando che non si tratta di giungere a un “cessate il fuoco” – che non gli basta – ma a un componimento complessivo dei rapporti che hanno prodotto questa situazione. Questo cozza con le premesse indicate da Trump e va verso i desiderata di Putin, facendo pensare a una vittoria diplomatica dei russi sugli americani. Ma Trump non può non sapere che l’allargamento della base su cui costruire la pace è in rotta di collisione con i programmi dei democratici di tutto il mondo, che sembrano aver alimentato quelle ragioni di dissidio. Rimuoverle significherebbe sotterrare ogni possibile resurrezione della sinistra americana e internazionale.

Il messaggio, dunque, è chiaro: fine dei guerrafondai e avvio di una trattativa che riguarda non solo la politica estera ma anche l’economia, le sanzioni, gli accordi commerciali che potrebbero toccare i rapporti USA-Russia e non solo. Una sorta di “prendere o lasciare”, che fa supporre che i due leader abbiano anche un piano B nel caso in cui qualcuno provi a ostacolarli.

Il risultato del vertice viene visto da molti come un nulla di fatto, che delude le attese e offre ai detrattori di Trump l’occasione di definirlo “un venditore di aria”. Tuttavia le critiche restano caute, perché resta da capire come reagiranno la UE e i poteri forti che hanno avuto un ruolo in questa crisi. Inoltre la dimensione economica del confronto tra i due presidenti è troppo rilevante perché possa essere messa da parte. Putin, dal canto suo, ha chiarito che la guerra non ci sarebbe stata se al posto dei democratici ci fosse stato Trump: un’affermazione che sposta le responsabilità e offre un salvagente politico allo stesso Trump.

Il vertice segna quindi un colpo alla tecnodiplomazia tradizionale e alle sue regole, sostituita da una diplomazia fatta di rapporti personali diretti, che ha spiazzato gli osservatori e non è stata accolta positivamente dagli esclusi, cioè i poteri forti e i loro rappresentanti. Per questo ci si attende una reazione tiepida da parte degli europei e di Zelensky, ma un simile scenario indicherebbe anche che la strada imboccata potrebbe essere quella giusta.

In gioco non c’è solo il Donbass o la lingua russa in Ucraina. La sostanza riguarda la possibilità di costruire un rapporto paritario tra le superpotenze, utile tanto a Putin quanto agli Stati Uniti, soprattutto in chiave di contenimento della Cina e dei Brics. C’è l’accesso condiviso alle risorse russe, prima obiettivo della guerra e ora possibile base di cooperazione. C’è anche la difesa delle chiese ortodosse russe, questione che Trump considera cruciale non solo per Russia e Ucraina, ma per il mondo intero.

Alla fine, pur senza elementi definitivi, emerge la statura politica crescente di Putin, capace di proiettare gli interessi russi verso una dimensione più occidentale che orientale, senza abbandonare però un’impostazione autonoma rispetto al modello post-industriale e finanziario.

Probabilmente c’è da fidarsi dei due Presidenti e del loro modo di affrontare le cose.

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