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Taranto
16 Agosto 2025 - 07:28
Vertice a Roma sull'ex Ilva - archivio
TARANTO - Anche Legambiente interviene, con una posizione netta, sull’intesa siglata martedì a Roma tra il Ministero delle Imprese e del Made in Italy e gli enti locali sul futuro dell’ex Ilva di Taranto. Secondo l’associazione, l’accordo segna un passo importante nella direzione dello stop al carbone e della progressiva chiusura degli impianti a caldo, ma resta privo di tempi certi e soprattutto non affronta il nodo dell’approvvigionamento energetico da fonti rinnovabili, considerato indispensabile per una vera transizione verso la decarbonizzazione.
«Il Governo – sottolineano il presidente nazionale Stefano Ciafani, la presidente regionale Daniela Salzedo e la presidente di Legambiente Taranto Lunetta Franco – non ha assunto impegni concreti per promuovere e facilitare investimenti sulle energie pulite. Tutto viene rinviato al futuro acquirente del sito, con l’incognita di una possibile frammentazione del gruppo».
Legambiente chiede che si lavori da subito a una alimentazione elettrica basata su fonti rinnovabili, prevedendo la graduale dismissione delle centrali che oggi utilizzano in parte i gas d’altoforno. A un anno dal primo bando, osserva l’associazione, si è ancora in attesa di un piano industriale chiaro e di capire quale sarà il ruolo dello Stato nella gestione dello stabilimento jonico. «La decarbonizzazione totale del sito – ricordano – è possibile entro il 2030, ma occorre iniziare immediatamente, parallelamente allo spegnimento degli impianti del ciclo integrale».
Critiche anche alle ipotesi di investimenti sugli impianti destinati alla dismissione. «Non si possono spendere decine o centinaia di milioni di euro per rifare strutture come l’altoforno 1, fermo dopo il sequestro disposto dalla magistratura, quando l’obiettivo dichiarato è la chiusura», aggiungono i vertici dell’associazione.
Sui singoli impianti pesano inoltre le prescrizioni contenute nell’Autorizzazione Integrata Ambientale recentemente rilasciata, che obbliga Acciaierie d’Italia a consegnare entro 3 mesi all’Istituto Superiore di Sanità un aggiornamento dello studio di impatto sanitario. I dati mancanti riguardano le emissioni di NO2 e SO2, quelle della centrale termoelettrica, la valutazione per esposizione cutanea sugli arenili e gli scenari di esposizione in aree ricreative. In caso di mancata consegna o di parere negativo, il provvedimento prevede l’avvio delle procedure per la chiusura dell’azienda.
«Chiediamo ad Acciaierie d’Italia di rispettare le scadenze – concludono Ciafani, Salzedo e Franco –. Legambiente seguirà con grande attenzione l’adempimento delle prescrizioni per garantire la tutela della salute dei cittadini di Taranto, e ci aspettiamo che anche Comune, Provincia e Regione facciano la loro parte».
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