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La crisi
13 Agosto 2025 - 07:10
Il porto di Taranto
TARANTO - Un terminal commerciale praticamente fermo, traffici container quasi azzerati e un porto che, secondo le associazioni di categoria, ha perso credibilità sul mercato internazionale. È il quadro tracciato da Confimprese/Casa Imprese Taranto, Unsic Taranto e Upalap Puglia, che denunciano una situazione di profonda crisi al molo polisettoriale dello scalo jonico.
I dati fotografano il declino: nel 2011 il terminal container movimentava circa 600 mila teu, mentre al 30 giugno 2025 il volume si è ridotto a 5 mila. Un calo che le sigle attribuiscono alla mancata realizzazione di interventi strategici, a partire dal dragaggio dei fondali, giudicato vitale per mantenere competitivo il porto ma mai avviato, nonostante siano passati oltre 15 anni dalla pubblicazione del bando.
Secondo le associazioni, la crisi è il frutto di “errori di programmazione e gestione” che hanno portato, nel 2015, all’abbandono del terminal da parte del concessionario, lasciando 540 lavoratori senza prospettive.
Cinque anni fa, l’affidamento del molo all’attuale concessionario, la turca Yilport – terminalista attiva anche a Malta – è avvenuto attraverso una procedura che le organizzazioni definiscono “discutibile”. La concessione, spiegano, è stata rilasciata annullando una gara in corso che vedeva in lizza 4 gruppi con proposte già consolidate, e contraddicendo la posizione allora espressa dall’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ionio di evitare un affidamento unico dell’intera banchina. Il piano presentato dal nuovo gestore prevedeva previsioni di traffico e organici proporzionati all’utilizzo completo dell’area, ma i risultati, sostengono le sigle, “sono stati irrilevanti e vicini allo zero”.
Ora l’attenzione è rivolta al nuovo vertice dell’AdSP del Mar Ionio, che secondo i firmatari dovrà affrontare con decisione le criticità lasciate in eredità. Tra le priorità indicate c’è la verifica tecnica delle concessioni demaniali nelle aree commerciali, per accertare la corrispondenza tra attività autorizzate, volumi movimentati e dimensionamento delle superfici assegnate. Qualora venisse riscontrata sproporzione, le associazioni chiedono di procedere, nel rispetto della legge, al ridimensionamento o alla revoca delle concessioni.
Le aree così liberate, sostengono, dovrebbero essere utilizzate per un’azione di promozione volta ad attrarre nuove attività industriali, commerciali e logistiche, con l’obiettivo di riportare traffici e credibilità al porto. Le proposte includono anche il completamento delle opere marittime sospese, come la vasca di colmata e i dragaggi, e l’introduzione di condizioni economiche favorevoli per incoraggiare l’uso del molo da parte di operatori, preferibilmente locali, e per rendere lo scalo appetibile alle compagnie di navigazione.
“È una battaglia complessa – concludono le associazioni – ma il porto di Taranto ha bisogno di una gestione capace di recuperare fiducia e centralità nello shipping internazionale”.
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