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Taranto

Ex Ilva, sindacati divisi sulla pre-intesa: “Mancano garanzie per i lavoratori e tempi certi”

Fiom e Fim-Cisl esprimono forti perplessità sull’accordo presentato al Mimit: dubbi su occupazione, ruolo dello Stato e piano industriale

Il vertice sull'ex Ilva a Roma

Il vertice sull'ex Ilva a Roma

Michele De Palma, segretario generale Fiom-Cgil dopo l'incontro a Roma sull'ex Ilva

ROMA – La pre-intesa firmata tra Governo, enti locali e società coinvolte nel processo di decarbonizzazione dell’ex Ilva di Taranto non convince le principali sigle sindacali. Al termine di un incontro al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, durato oltre quattro ore e avviato con significativo ritardo rispetto all’orario previsto, i rappresentanti di Fiom-Cgil e Fim-Cisl hanno espresso valutazioni critiche, ritenendo che il documento non fornisca garanzie né sul fronte occupazionale né su quello industriale.

Per la Fiom-Cgil, il segretario generale Michele De Palma e il coordinatore nazionale siderurgia Loris Scarpa hanno affermato che l’intesa “non tutela gli attuali livelli occupazionali”, rinviando ogni discussione concreta alla fase successiva all’apertura del bando di gara e alla scadenza del 15 settembre, quando dovrebbero essere presentate le offerte di acquisto. Secondo i due dirigenti, la questione del lavoro è stata di fatto ignorata, nonostante le reiterate richieste di legare garanzie occupazionali e ambientali al percorso di riconversione.

La Fiom ricorda che il piano industriale condiviso in precedenza prevedeva 3 forni elettrici a Taranto, uno a Genova e un polo del preridotto (DRI) per sostituire gradualmente i forni a ciclo integrale, garantendo la verticalizzazione di 8 milioni di tonnellate oggi ferme. L’attuale intesa, invece, parla solo di un massimo di 3 forni elettrici nel sito pugliese, senza chiarire come alimentarli, con il rischio – avvertono – di compromettere l’equilibrio produttivo tra Taranto, Genova, Novi Ligure e gli altri stabilimenti, generando conseguenze dirette sull’occupazione.

Il sindacato metalmeccanico di Cgil denuncia inoltre “l’assenza di impegni sulla continuità occupazionale” e “la mancanza di una presenza statale garantita”, chiedendo al Governo un’assunzione di responsabilità che passi attraverso la partecipazione pubblica. A loro giudizio, l’attuale impostazione potrebbe anche influenzare negativamente il bando di gara, rischiando di escludere lavoratrici e lavoratori dal processo di decarbonizzazione. La Fiom annuncia che, insieme alle altre sigle, valuterà iniziative di mobilitazione.

Ferdinando Uliano, Segretario Generale FIM-CISL a Roma dopo l'incontro sull'ex Ilva

Critiche anche dalla Fim-Cisl, con il segretario generale Ferdinando Uliano e il segretario confederale Giorgio Graziani che definiscono la pre-intesa “non positiva” perché priva di indicazioni sui tempi di realizzazione, sulle risorse necessarie e sulle modalità di attuazione del piano industriale. Il progetto sostenuto dal sindacato – spiegano – garantiva la decarbonizzazione di Taranto entro 8 anni con un impatto sociale e industriale ridotto al minimo.

Per la Fim, il documento presentato non precisa la localizzazione degli impianti DRI, che a loro avviso dovrebbero essere collocati proprio a Taranto per assicurare sostenibilità industriale e posti di lavoro in un sito considerato strategico. Inoltre, non vengono menzionati interventi per la verticalizzazione della produzione, sia nel capoluogo jonico sia negli stabilimenti di Genova e Novi Ligure.

Il sindacato Cisl segnala anche “incertezze sul ruolo dello Stato come garante” e manifesta “forte preoccupazione” per l’ipotesi di una divisione tra area nord e sud del sito produttivo, ribadendo la necessità di mantenere l’integrità dell’attuale perimetro industriale dell’ex Ilva.

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