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L'intervento

"Senza polo DRI a Taranto e forni elettrici il piano industriale non esiste"

Michele De Palma e Loris Scarpa della Fiom-Cgil denunciano la mancanza di garanzie occupazionali e ambientali. "Il bando dimostra che a pagare saranno solo i lavoratori"

L'ex Ilva

L'ex Ilva ora Acciaierie d'Italia

TARANTO - La Fiom-Cgil accusa lo Stato di abdicare alle proprie responsabilità nella gestione della crisi di Acciaierie d’Italia, mentre lavoratori e lavoratrici restano senza certezze. In una dura presa di posizione, il segretario generale Michele De Palma e il coordinatore nazionale per la siderurgia Loris Scarpa contestano apertamente le ultime mosse del Governo e degli enti locali, evidenziando come manchi una vera strategia condivisa per il futuro dello stabilimento.

Secondo i vertici del sindacato metalmeccanico, non può esistere alcun piano credibile che non includa il polo DRI a Taranto e i forni elettrici nei siti di Taranto e Genova. Solo un progetto che tenga insieme questi elementi può garantire una reale prospettiva industriale e tutelare i livelli occupazionali.

Le dichiarazioni rilasciate in questi giorni da rappresentanti istituzionali e la lettera del ministro sul bando di vendita confermano, secondo la Fiom, lo stato di disgregazione in cui versa l’azione dello Stato. Si parla di ambiente e lavoro nei comunicati ufficiali, ma gli effetti concreti delle scelte politiche ed economiche vengono scaricati, denunciano i sindacalisti, su migliaia di lavoratori privi di un piano certo.

La Fiom chiede un intervento diretto dello Stato, che si assuma la regia della transizione ecologica, garantisca la continuità produttiva e proceda allo spegnimento graduale degli impianti a carbone. Una trasformazione che deve avvenire tutelando sia l’occupazione che il territorio, evitando che a pagare il prezzo della riconversione siano ancora una volta i lavoratori.

De Palma e Scarpa ricordano come da oltre 10 anni i sindacati abbiano assunto su di sé il compito di mantenere viva l’attenzione sulla vicenda. Tuttavia, nessuna reale volontà di confronto è emersa da parte dello Stato, che finora non ha offerto una proposta concreta in grado di garantire, insieme, decarbonizzazione e salvaguardia occupazionale.

Il bando di vendita, nella sua formulazione attuale, privo di indicazioni sul polo DRI a Taranto, è per la Fiom la conferma di una politica che si limita a giustificare se stessa, lasciando però senza risposta le domande sul futuro dell’industria e del lavoro.

I sindacalisti criticano anche l’annuncio, da parte del Mimit, di una nuova comunicazione prevista per il 12 agosto, in seguito all’incontro con gli enti locali. Un’iniziativa che, precisano, non era stata concordata durante l’ultima riunione a Palazzo Chigi e che dimostra una gestione improvvisata del dossier.

Per la Fiom non esiste alcuna transizione se non si tengono insieme ambiente e lavoro. I due pilastri devono camminare insieme, ribadiscono, altrimenti si rischia un fallimento politico e industriale il cui costo ricadrebbe interamente sulle spalle dei lavoratori.

Il sindacato annuncia che dopo il 12 agosto si confronterà con le altre sigle per valutare tutte le iniziative di tutela da mettere in campo a favore di lavoratrici e lavoratori coinvolti nella vertenza.

In questi anni, sottolinea infine la Fiom, la mobilitazione dei lavoratori è stata l’unica forza capace di tenere insieme ambiente, salute e occupazione in un progetto industriale credibile. Ma oggi, aggiungono, serve un cambio di passo immediato per evitare che l’intero sistema crolli nel silenzio istituzionale.

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