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L'intervento

Ex Ilva, Emiliano: “Non fermiamo la riconversione. Taranto merita i forni DRI”. Il video

Il presidente della Regione Puglia rilancia la battaglia per la decarbonizzazione dello stabilimento siderurgico: “Sarebbe una beffa trasferire altrove la tecnologia più pulita d’Europa dopo 60 anni di sacrifici e dolore per i tarantini”

Michele Emiliano al Consiglio di fabbrica Ex Ilva

Consiglio di fabbrica ex Ilva, le parole di Michele Emiliano

TARANTO - Una svolta attesa, una posta in gioco altissima. Il consiglio di fabbrica tenutosi oggi all’interno dello stabilimento ex Ilva di Taranto ha segnato un nuovo capitolo nel difficile cammino della riconversione industriale e ambientale del sito siderurgico. Al termine delle tre giornate di assemblee promosse da FIM, FIOM e UILM con i lavoratori, il sindacato ha consegnato il proprio orientamento alla politica e alle istituzioni locali, chiedendo con forza che la città non venga esclusa dalla transizione verso la produzione pulita.

“È stato un incontro molto positivo” – ha dichiarato il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, presente all’appuntamento insieme al sindaco di Taranto Piero Bitetti, al sindaco di Statte Fabio Spada e al presidente della Provincia Gianfranco Palmisano.

“Il sindacato – ha sottolineato Emiliano – ci ha chiesto di non arretrare, proprio adesso che siamo vicini a un passaggio storico: l’avvio del processo di decarbonizzazione con l’introduzione dei forni DRI, cioè a riduzione diretta, destinati a sostituire gli altoforni a carbone. Un cambiamento che potrebbe abbattere del 95% i fattori inquinanti”.

Il presidente ha riportato l’allarme delle rappresentanze sindacali: “Dopo tutto ciò che Taranto ha sopportato in questi 60 anni – tra sacrifici, malattie e lutti – il rischio concreto è che i forni DRI vengano spostati altrove. Sarebbe un colpo durissimo, un’umiliazione insopportabile per questa città. Significherebbe regalare ad altri territori una delle acciaierie più avanzate e meno impattanti d’Europa, lasciando qui solo inquinamento e desertificazione industriale”.

“Il sindacato – ha continuato – ci ha chiesto un impegno preciso per ottenere nell’accordo di programma l’installazione dei forni elettrici e dei forni DRI a Taranto. È una battaglia che sentiamo nostra e che intendiamo portare avanti con determinazione”.

Nel corso del suo intervento Emiliano ha affrontato anche il nodo della nave rigassificatrice, che da mesi alimenta un acceso dibattito: “Per noi non è una questione dirimente. Abbiamo verificato, insieme alla commissione tecnica del Governo, che i 5,5 miliardi di metri cubi di gas necessari alla decarbonizzazione possono arrivare a Taranto anche via terra. Sarebbe più complicato dal punto di vista contrattuale, ma comunque possibile. Dunque, se la nave dovesse essere un ostacolo, si può anche rinunciare. L’importante è non perdere l’occasione di un’industria nuova, più sicura e rispettosa della salute”.

Il presidente ha ricordato che l’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) approvata di recente è ancora legata al ciclo integrale, ovvero al modello produttivo tradizionale che per decenni ha messo in ginocchio l’ambiente e la salute pubblica: “Siamo in una fase delicata, ma almeno per il momento il ministro Urso continua a sostenere la trattativa per l’accordo di programma. E questo ci consente di restare al tavolo e provare a cambiare il futuro industriale di Taranto”.

“Non possiamo permettere – ha concluso Emiliano – che proprio ora, a un passo da un cambiamento epocale, si scelga di fare un passo indietro. Taranto merita rispetto. E merita i DRI, perché ha pagato un prezzo altissimo e ha diritto a una vera transizione ecologica e produttiva, non a nuovi rimandi o a soluzioni parziali”.

Il messaggio del consiglio di fabbrica è chiaro e diretto: la città vuole una svolta, non promesse. I sindacati hanno offerto una piattaforma unitaria, maturata attraverso il confronto con migliaia di lavoratori, che invoca investimenti concreti e tempestivi, salvaguardia dell’occupazione e tutela della salute. Il governo, ora, è chiamato a una scelta di responsabilità.

Dopo decenni di attese e parole, la fabbrica più discussa d’Europa è davanti al suo bivio. E Taranto non è più disposta a restare spettatrice.

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