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Bari

Cancellata la legge “anti-sindaci”, la soddisfazione di Emiliano e Leccese

La Consulta boccia la norma pugliese che obbligava i sindaci a dimettersi 180 giorni prima del voto regionale. Per Emiliano è “la fine di un errore trasversale”, per Leccese “una pagina indecorosa cancellata dalla Corte”

Michele Emiliano e Vito Leccese

BARI - La Corte Costituzionale mette la parola fine sulla cosiddetta legge “anti-sindaci”, dichiarandone l’illegittimità e ristabilendo un principio fondamentale: i primi cittadini hanno diritto a candidarsi alle elezioni regionali senza dover lasciare in anticipo la guida dei propri comuni. La norma, approvata nei mesi scorsi dal Consiglio regionale pugliese con una maggioranza trasversale, aveva imposto un vincolo inedito: dimissioni obbligatorie 180 giorni prima del voto per accedere alle candidature a presidente o consigliere regionale.

Una misura che, fin dal principio, aveva sollevato forti polemiche per il suo carattere restrittivo e discriminatorio. A impugnarla è stato il Governo, ma ora arriva la pronuncia definitiva della Corte: la norma è incostituzionale, perché “sproporzionata e irragionevole”, e viola i principi sanciti dagli articoli 3 e 51 della Costituzione, relativi all’uguaglianza dei cittadini e all’accesso alle cariche pubbliche.

Tra i primi a commentare la decisione, il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, che in merito alla vicenda ha sempre espresso forti perplessità. “Apprendo con soddisfazione della dichiarazione di incostituzionalità di una legge inopinatamente votata, che aveva reso ingiustamente difficoltosa la candidatura dei sindaci pugliesi”, ha affermato Emiliano. E ha aggiunto: “Proprio per questo avevo scelto di non costituire la Regione nel giudizio, condividendo l’impugnazione del Governo. Tutto è bene quel che finisce bene”.

Più duro il commento del sindaco di Bari Vito Leccese, che fin dall’inizio ha contrastato la norma definendola “un attacco ai diritti democratici degli amministratori locali”. “Giù le mani dai sindaci – ha dichiarato –. Lo abbiamo detto fin da subito: quella legge era un tentativo disperato di escludere gli avversari politici più scomodi dalla competizione elettorale”.

Secondo Leccese, il provvedimento era stato concepito “per colpire proprio quei candidati più legati al territorio e più vicini ai cittadini”, alterando così la naturale dinamica della partecipazione democratica. Il primo cittadino barese aveva intrapreso una serie di iniziative politiche e pubbliche per denunciare quella che ha definito una “norma incostituzionale e profondamente ingiusta”.

“Il Consiglio regionale, in questi mesi, non ha avuto né il coraggio né i numeri per abrogarla. Alla fine ci ha pensato la Corte”, ha aggiunto Leccese. Per lui, la decisione della Consulta sancisce “il fallimento di un tentativo maldestro di eliminare per legge avversari politici potenzialmente più forti”.

La Corte Costituzionale ha sottolineato nella sentenza come la legge pugliese imponesse una restrizione sproporzionata rispetto a quanto previsto dalla normativa nazionale e dalle leggi regionali di altre regioni, dove i termini per la rimozione delle cause di ineleggibilità sono decisamente più contenuti. In Puglia, invece, si era deciso di fissare una soglia di 180 giorni, ben oltre i consueti 90 o 60 applicati altrove, e senza distinzione tra comuni piccoli o grandi.

Il pronunciamento, atteso da mesi, rimette ora ordine nelle regole del gioco politico regionale, restituendo ai sindaci il diritto pieno a candidarsi senza dover rinunciare con largo anticipo alla carica elettiva. Ma la vicenda lascia dietro di sé un dibattito acceso e ancora irrisolto.

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