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Taranto
25 Luglio 2025 - 08:59
Operai Ex Ilva
TARANTO - Nella cronaca quotidiana, assistiamo da qualche tempo al fenomeno crescente della volontà popolare che si impone sulle incertezze e le lentezze della politica istituzionale. La vertenza ex Ilva, con i suoi epicentri a Taranto e a Cornigliano, ne è l'esempio più lampante. I tavoli ministeriali e la politica istituzionale dettano sempre meno le agende e gli appuntamenti; al contrario, appare sempre più dominante la voce inequivocabile dei cittadini, stanchi di subire compromessi sulla propria salute e sulla propria dignità.
Il caso più recente è che il Governo sembra si stia orientando verso la vendita dell'Ilva "a spezzatino". Il Ministro Adolfo Urso ha valutato la possibilità di cedere da solo lo stabilimento di Genova. L'ipotesi del potenziale cambio di rotta rispetto al piano precedente di vendita dell'intera azienda è emersa durante un question time alla Camera ed è stata percepita dalla comunità interessata come un'ulteriore provocazione.
A Cornigliano, quartiere genovese la cui storia è profondamente legata all'acciaio di Stato, lo spirito di resistenza è più vivo che mai. Durante una recente assemblea al Centro Civico "Leila Maiocco" (23 luglio 2025), negli stessi spazi che un tempo ospitavano gli impianti dell'Ilva, centinaia di persone si sono mobilitate contro la prospettiva del nuovo forno elettrico. Le "Donne di Cornigliano", eredi di quella lotta che alla fine degli anni Novanta portò alla chiusura dell'altoforno, sono tornate in prima linea. Hanno lanciato un messaggio collaudato, chiaro e forte, "noi abbiamo già dato". La comunità non accetta un'altra "servitù", seppur mascherata da "acciaio green". La richiesta è di trasparenza assoluta; vogliono conoscere le incognite ambientali, economiche e occupazionali e sapere chi pagherà il conto di un progetto che, per molti, suona più come una svendita che come una vera transizione ecologica.
Il Ministro dello Sviluppo Economico insiste soprattutto sulla "necessità" del forno elettrico a Genova per raggiungere la produzione complessiva degli otto milioni di tonnellate/anno di acciaio. E non si lascia distrarre dalle critiche sull'assenza di un affidabile imprenditore acquirente o sul rischio che Genova, isolata, diventi la "pedina" di un gioco più grande e controverso. Urso ha dichiarato che il "forno" garantirebbe l'"autosufficienza industriale" all'opificio ligure, rendendolo un "asset suscettibile anche di separata valorizzazione", nell'ambito del prossimo bando di gara. Questa ipotesi si tradurrebbe direttamente nella possibilità di vendere lo stabilimento di Genova in scorporo (carve out). Gli auspicati esiti del bando per l'Ilva, comunque, restano subordinati alla firma dell'accordo di programma con gli enti locali, prevista per il 31 luglio, a condizione che il Sindaco di Taranto ne accetti tutti i vincoli.
Contestualmente, nel rapporto indissolubile di fatale reciprocità, a Taranto, le vicissitudini dello stabilimento ex Ilva assumono contorni ancora più profondi e dolorosi. Da decenni ostaggio di uno dei più grandi complessi siderurgici d'Europa, la città continua a lottare per le bonifiche e per liberarsi dall'inquinamento. La questione dei forni elettrici, che a Cornigliano non pare gradita, a Taranto si inserisce in un delicato contesto di danni subiti, di promesse non mantenute e di una transizione ecologica nemmeno intravista. A riprova di ciò, la protesta mossa dalle "Donne di Cornigliano", sulla scorta di quanto accaduto a Taranto, dove "non hanno mai spento gli altoforni", risuona come un'accusa diretta a una politica che non ha saputo dare risposte definitive e perfino ha cambiato condotta in corso d'opera. La gente di Taranto, come quella di Cornigliano, è ormai stanca di essere considerata un fastidio o un ostacolo, anziché il fulcro del vero progresso sociale. Così rivendica lo smantellamento delle vecchie strutture e la finalizzazione delle alternative economiche; e rafforza il suo grido che da anni echeggia nelle strade e nelle piazze.
Su entrambi i fronti, a Taranto e Cornigliano, si assiste a una presa di coscienza collettiva. Lo "spirito popolare" non è più un semplice sottofondo, ma il protagonista in ascesa e indiscusso. Le assemblee, le manifestazioni, e la determinazione nel chiedere conto alle istituzioni dimostrano che la politica democratica sta tornando nelle mani della gente. Non si tratta di "guerre sociali", come sottolineato dalle "Donne di Cornigliano", ma di una ferma volontà di difendere la propria terra, la propria cultura e l'avvenire dei propri figli. Di fronte alle decisioni rinviate e alle soluzioni calate dall'alto, la risposta delle comunità è "adesso parla la gente". E quella voce unita è destinata a risuonare ben oltre gli stretti confini delle contrade, spingendo in dirittura di evoluzioni reali e radicali. La determinazione delle comunità di Taranto e Cornigliano si articola in un programma denso e costante di incontri e momenti di confronto, sia a livello territoriale che nazionale, ma sempre nel pubblico "sacrario delle piazze", a testimonianza che i diritti "non negoziabili" andranno avanti senza spegnersi, finché non saranno raggiunti risultati concreti.
In questa vicenda, le "Donne di Cornigliano" si sono fatte protagoniste perché lo spirito popolare indicasse la strada da percorrere, seguendo il senso giusto dei valori collettivi.
Raffaele Bagnardi
Sociologo del Lavoro
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