“L’attracco di una nave rigassificatrice renderebbe vulnerabili il porto militare e la base Nato in caso di conflitto bellico… e non solo”, dichiara Matacchiera, sottolineando come la presenza di GNL rappresenterebbe un fattore di rischio significativo per tutta l’area urbana e portuale del capoluogo jonico.
Il presidente del Fondo Antidiossina richiama l’attenzione del governo italiano e delle forze Nato, affinché valutino con massima prudenza l’eventualità di autorizzare l’attracco di navi che trasportano gas liquido ad altissima pressione per il fabbisogno energetico dell’acciaieria.
Nel suo intervento, Matacchiera evidenzia anche la possibile vulnerabilità della stessa nave rigassificatrice, definendola un potenziale obiettivo sensibile: “Basterebbe un piccolo drone per causare un’esplosione dalle conseguenze devastanti a lunghissimo raggio, che colpirebbero l’intera città e anche la base militare”.
L’appello è rivolto direttamente alle istituzioni locali: “È questo il tema su cui dovrebbe concentrarsi con urgenza anche il sindaco Piero Bitetti”, insiste Matacchiera, auspicando un confronto che vada oltre le dinamiche industriali e tenga conto della sicurezza collettiva.
Il progetto del rigassificatore, rilanciato dal ministro delle Imprese Adolfo Urso, è parte integrante del piano di decarbonizzazione dell’ex Ilva, oggi Acciaierie d’Italia, che prevede la costruzione di tre forni elettrici. Tuttavia, l’iniziativa non ha ricevuto il consenso delle istituzioni locali: Regione Puglia, Comune e Provincia di Taranto, e il Comune di Statte hanno espresso un parere contrario all’ipotesi.
Anche le organizzazioni sindacali si sono espresse, seppur da una prospettiva diversa, temendo che l’assenza di un rigassificatore possa compromettere il futuro produttivo dello stabilimento, con gravi conseguenze sull’occupazione e sulla tenuta sociale del territorio.
Il Fondo Antidiossina torna dunque a sollecitare un confronto pubblico più ampio, che includa non solo le questioni economiche, ma anche gli aspetti legati alla sicurezza strategica, ambientale e urbanistica. Una posizione che apre un nuovo fronte nel dibattito sulla transizione industriale dell’area jonica, dove la necessità di coniugare rilancio produttivo e tutela del territorio si fa sempre più stringente.