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Roma
15 Luglio 2025 - 07:17
Il vertice sull'ex Ilva a Roma
ROMA - La Fim Cisl suona il campanello d’allarme sul futuro dello stabilimento ex Ilva di Taranto, mentre prende forma il nuovo progetto industriale che promette la trasformazione del sito siderurgico in un polo green tra i più grandi d’Europa. Ieri, al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, si è svolto un incontro cruciale tra sindacati, enti locali e i ministri Adolfo Urso e Marina Calderone per fare il punto sull’assetto produttivo della fabbrica tarantina.
Al centro del confronto, la presentazione del piano di decarbonizzazione che prevede la costruzione a Taranto di un impianto per la produzione di preridotto (DRI) e l’installazione di due forni elettrici, uno nello stesso capoluogo jonico e uno a Genova. Il progetto, fortemente sostenuto dal Governo, mira a fare dell’ex Ilva il più grande stabilimento per l’acciaio green in Europa e forse nel mondo, con un investimento complessivo stimato in circa 2 miliardi di euro.
Secondo quanto riferito dai dirigenti sindacali della Fim Cisl, Ferdinando Uliano e Valerio D’Alò, la realizzazione dei tre impianti DRI è un passaggio indispensabile: senza preridotto prodotto direttamente a Taranto, l’intero piano industriale perderebbe coerenza e sostenibilità, sia sul piano produttivo che su quello occupazionale. “Scommettere sul DRI – ha dichiarato Uliano – significa scommettere sulla pelle delle persone. Senza questa produzione, lo stabilimento non ha futuro”.
Il progetto prevede anche una nuova centrale elettrica dedicata ai forni, che dovrebbe sostituire l’attuale impianto. Per garantirne l’alimentazione, si sta valutando l’utilizzo di una nave rigassificatrice, sulla scorta del modello adottato a Piombino. L’ipotesi di ormeggiare l’impianto offshore è stata tuttavia esclusa, per motivi legati alla scarsa profondità dei fondali marini e a condizioni tecniche sfavorevoli.
Dal fronte governativo è arrivata la conferma dell’impegno a sostenere la gara internazionale per la cessione dello stabilimento, da aggiornare entro luglio, e a garantire la fornitura di preridotto agli acquirenti, indipendentemente dal sito di produzione.
Ma è sul fronte dell’occupazione che la Fim Cisl esprime le maggiori preoccupazioni. Il sindacato denuncia l’assenza di garanzie concrete per i lavoratori, a fronte di un progetto che, pur segnando un salto tecnologico e ambientale, non offre ancora certezze sul mantenimento degli attuali livelli occupazionali.
A Taranto si contano circa 9.500 lavoratori tra dipendenti diretti e personale in amministrazione straordinaria, a cui si sommano altri 8.000 addetti dell’indotto. Secondo la Fim Cisl, la transizione produttiva non potrà prescindere da una gestione accurata della fase occupazionale, soprattutto per quanto riguarda il rientro del personale oggi in cassa integrazione.
Il sindacato ha ribadito che l’equilibrio tra sostenibilità ambientale, tutela della salute e continuità sociale è imprescindibile. A questo si aggiunge la richiesta allo Stato di garantire risorse finanziarie adeguate per accompagnare tutte le fasi del progetto, fino alla sua piena realizzazione.
“La presenza dello Stato è importante – concludono Uliano e D’Alò – ma senza fondi e decisioni chiare, il rischio è di assistere a un’altra occasione mancata”.
Al termine dell'incontro anche Michele De Palma, in rappresentanza della Fiom Cgil, ha rilasciato alcune dichiarazioni contenute nel video che segue.
Michele De Palma, Fiom Cgil al termine del vertice a Roma
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